Tempo di lettura: 4 minuti

maria mpolari Il crescere delle speranze e delle attese delle lavoratrici e dei lavoratori salariati, nonché di vasti settori popolari, offre a Syriza la possibilità di conquistare una maggioranza assoluta in parlamento e di ottenere così una più forte vittoria politica per la sinistra radicale in Grecia.

Questo rappresenterebbe (e rappresenterà) una risposta “dal basso” a chi aspetta che Syriza sia piegata da un’alleanza contro natura per formare un governo[1], a chi delinea lo scenario di un “governo di unità nazionale, a chi prevede una semplice “rottura momentanea a sinistra”, la cosiddetta “parentesi Syriza”.
La marea di forze sociali che sospinge Syriza poggia su un settore della classe lavoratrice e sulla promessa, largamente avvertita, di mettere fine all’austerità. Penso che la maggior parte degli strati popolari si riconoscano in noi perché ci siamo impegnati su questi punti: ristabilire il salario minimo a 751 euro (come era prima del 2010); ripristinare la tredicesima per i pensionati che dispongono di un reddito molto basso; reintrodurre il sistema dei contratti collettivi; sopprimere le imposte dirette sui redditi inferiori ai 12.000 euro, così come le imposte sugli immobili (causa di espropri per i disoccupati e per coloro che hanno redditi modesti); sopprimere l’imposta sul gas domestico nel periodo invernale (la stampa riporta quotidianamente la condizione di famiglie costrette a vivere senza acqua calda e senza riscaldamento). Evidentemente, non sottovaluto l’insieme delle altre misure necessarie per far fronte alla crisi umanitaria nella quale è precipitata gran parte della società (vedi il grafico sull’andamento del PIL nei paesi della UE).

 

Syriza deve far fronte ai propri impegni con cura e con la tattica adeguata
L’imperativo categorico è quello di realizzare il programma annunciato durante il “meeting internazionale di Salonicco” (settembre 2014). Siamo noi che diamo una risposta alla “bomba” [allusione alle accuse deliranti di alcuni media controllati dal Capitale, ndr] della disoccupazione e della distruzione del sistema di sicurezza sociale.
L’unica strada da intraprendere per poter raggiungere questi obiettivi è quella della radicalizzazione graduale del nostro programma e delle nostre modalità politiche nel realizzarlo, della nostra tattica. Si tratta, innanzitutto, di adottare un programma che, secondo questa formula, sia “un memorandum al contrario”: prelevare i soldi dai settori ricchi della società e assicurare le modalità di trasferimento così come di redistribuzione per poter coprire in maniera sistematica i bisogni della larga maggioranza della società.
Sul piano politico, ciò che consegue dalla formula “un governo di sinistra” è di primaria importanza. In primo luogo, si tratta di capire che questo potere governativo dà avvio ad un nuovo inizio, e non alla fase terminale. Un governo di tal genere può e deve aprire un nuovo periodo segnato da mobilitazioni, lotte, in vista di un processo di liberazione sociale generale. Inoltre, il concepimento del governo di sinistra deve poggiare su una concezione chiara delle alleanze sociali da stabilire sulla base degli obiettivi concreti per poter assicurare e incoraggiare la posizione di tale governo al potere. D’ora in poi Syriza deve essere pronta ad incoraggiare le mobilitazioni sociali delle masse lavoratrici nel loro ambito più ampio, fin dal giorno in cui si costituirà il governo, senza farsi spaventare da questa prospettiva. Del resto non è questo che dà un senso pieno e intero alla parola d’ordine di imporre di nuove i contratti collettivi?
La scelta di questa prospettiva determina i limiti delle alleanze possibili sul piano politico. La libera espressione dei bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori rende impossibile un’alleanza con partiti borghesi così come con ogni formazione che abbia quest’origine. Se non dovessimo ottenere una maggioranza assoluta alle elezioni del 25 gennaio 2015, l’unica soluzione sarebbe la richiesta di sostegno della “altra sinistra”, sia stabilendo direttamente il governo del “blocco di sinistra”, sia ottenendo un voto sulla fiducia (per ottenere i 151 voti necessari su un programma che indichi una lista di punti precisi da realizzare). D’ora in poi, oggi e nei prossimi giorni, non sarà soltanto Syriza a fare fronte a responsabilità storiche [allusione alla posizione del Kke – il Pc greco – che il 20 gennaio, a Salonicco, nel corso del suo principale meeting, ha incessantemente denunciato il doppio voto illusorio: quello in favore di Nuova Democrazia e del Pasok e quello per Syriza che, secondo il KKE, si appresterebbe a condurre la stessa politica di austerità, ndr].
Di conseguenza, Syriza si troverà di fronte compiti importantissimi e dovrà assicurare il funzionamento delle proprie strutture di direzione [2], organizzare i propri aderenti, attraverso un funzionamento democratico e collettivo dell’insieme dei suoi membri nel quadro delle strutture esistenti, dunque assicurando loro il controllo sulle scelte fatte da Syriza. La strada più facile da percorrere è quella delle elezioni e della battaglia elettorale. Essa terminerà tra poco e ogni indizio è positivo. A questo punto, comincerà il lavoro più difficile, ossia trasformare la vittoria politica in una modifica profonda dei rapporti di forza politici, in direzione di un nuovo cambiamento. In questo ambito, la storia ci insegna che in tali circostanze la capacità di “intervento” del “popolo di sinistra” è sempre stato cruciale per sciogliere i problemi che ha di fronte la maggioranza della popolazione.

 

* Maria Bolari, deputata di Syriza ad Atene, candidata alle elezioni di domenica 25, fa parte della Sinistra operaia internazionalista (Dea, una delle organizzazioni che partecipano alla coalizione diretta da Tsipras) e di Red Network, la corrente che riunisce parte della sinistra di Syriza.

 

[1] Secondo la costituzione, il presidente della Repubblica dà il compito di formare il governo al dirigente del primo partito uscito dalle urne. Se non vi riuscisse, non avendo a disposizione di una maggioranza assoluta o non riuscendo a formare una coalizione, il presidente si rivolge al secondo partito che in questo caso potrebbe essere Nuova Democrazia. Nel caso anche questo partito fallisse, è tenuto a dare il compito al terzo partito. Nel caso non si addivenisse ad alcuna soluzione, verrebbero riconvocate le elezioni nel giro di un mese (ndr).

[2] Già prima del 129 dicembre 2014, data ultima per nominare un nuovo presidente della Repubblica, lo “Ufficio presidenziale” di Tsipras ha fatto di tutto per bloccare il funzionamento regolare delle istanza di Syriza e il “Congresso elettorale” si è risolto in sostanza attraverso un discorso tenuto da Alexis Tsipras, il che ha suscitato numerose proteste tra i delegati.

Print Friendly, PDF & Email