Televisioni, radio e giornali continuano a ribadire che le condizioni economiche ed occupazionali sono in continua ripresa e nel prossimo futuro le conseguenze della crisi saranno presto dimenticate. L’ottimismo che viene quotidianamente diffuso con queste affermazioni sarebbe condivisibile se ci fossero degli indicatori che lo sostenessero. Purtroppo le statistiche a disposizione rilevano una tendenza un po’ diversa da quella che si vuole far credere nell’opinione pubblica.
Gli ultimi dati per gennaio della sezione del lavoro cantonale mostrano un aumento della disoccupazione. Le persone in cerca di un impiego hanno raggiunto le 11’983 unità, un livello mai toccato dalla fine del 1998. Se a livello nazionale sussiste una certa stabilità nella variazione percentuale del tasso di disoccupazione rispetto al mese precedente, il Ticino è risultato il cantone con il più alto aumento. Preoccupante è il dato della disoccupazione per la fascia dei giovani tra i 20-24 anni che raggiunge il 9.3%. Questa fascia di persone sarà anche la più toccata con l’introduzione della revisione sulla legge contro la disoccupazione ( LADI ), che diminuirà le indennità giornaliere in modo generale. Soprattutto saranno i giovani ad essere i più toccati dalla riduzione delle prestazioni. In particolare coloro che finiranno la propria professione per i primi 6 mesi non avranno diritto alla disoccupazione. Un intervallo di tempo che corrisponde, secondo gli ultimi dati (neanche a farlo apposta), proprio alla media del tempo che occorre per trovare lavoro. Appare evidente come vi sia una volontà politica, cristallizzata nella riforma della LADI votata pochi mesi fa, di precarizzare ancora di più il mercato del lavoro, di “spingere” ad ogni costo i giovani ad accettare un lavoro a “qualsiasi condizione”, spingendo in questo modo i salari verso il basso e peggiorando le condizioni generali di lavoro. Si calcola che con l’entrata in vigore della nuova LADI in aprile saranno più di 1’000 in Ticino le persone che perderanno le indennità giornaliere, andando così ad aumentare notevolmente la povertà delle famiglie e le richieste all’assistenza sociale.
Su questo piano la situazione nel nostro paese è tutt’altro che rosea. Dati recenti indicano che in Svizzera circa la metà di coloro che percepiscono una qualche forma di aiuto sociale hanno meno di 25 anni: una dimostrazione palese che le politiche messe in atto dai governi federali e cantonali nell’ambito della formazione, nonché l’offerta di integrazione sociale ed economica proveniente dal mercato, hanno miseramente fallito.
Eppure si continua su questa strada, aprendo ulteriormente la strada al disagio sociale e all’ emarginazione delle persone, in particolare dei giovani. Per contrastare la crisi economica e occupazionale sono necessarie misure notevolmente diverse che non saranno di certo quelle recentemente proposte del governo ticinese che avranno un’influenza minima o nulla per i lavoratori e le lavoratrici.
Oggi più che mai è necessario costruire una diga contro la diffusione dei bassi salari, introducendo un salario minimo legale, diminuendo il tempo di lavoro a 35 ore senza diminuzione di salario, aumentare l’offerta di posti di lavoro nel settore pubblico, offrendo in questo modo migliori servizi ed opportunità di lavoro.
Lavorare meno per lavorare tutti, con salari dignitosi che permettano di arrivare alla fine del mese: un programma semplice che, tuttavia, sembra essere molto lontano dalle preoccupazioni della gran parte dei partiti che animano l’attuale campagna elettorale.
*Candidato MPS alle elezioni per il Gran Consiglio