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Gli economisti di UBS prevedono che nel 2011 “i salari nominali dovrebbero aumentare dell1,6%”. L’Unione Sindacale Svizzera prevede l’aumento dei salari nominali per il 2011 tra l’1,5% e il 2%, con un aumento più contenuto nel settore pubblico rispetto a quello privato.

 

 

Queste previsioni hanno indotto alcuni media, alla fine dell’anno appena trascorso, ad annunciare un aumento significativo dei salari. Ma questi aumenti, nominali, saranno in realtà completamente mangiati dall’inflazione: secondo l’Ufficio federale di statistica (UFS) l’aumento dei prezzi al consumo dovrebbe andare a prendersi almeno lo 0,7% di questi aumenti. L’UBS, dal canto suo, prevede un’inflazione dello 0,9% e quindi un aumento dei salari reali non superiore allo 0,7% per il prossimo anno. Nulla che valga salti di gioia.

 

Questo debole aumento si inserisce in una tendenza pesante: secondo i dati dello stesso UFS, tra il 2000 e il 2009 i salari reali sono aumentati solo dello 0,6% l’anno. Nel decennio precedente erano aumentati dello 0,24% l’anno.

Senza poi dimenticare che questi dati non corrispondono alla realtà: l’indice dei prezzi al consumo (IPC) pubblicato dall’UFS dà solo una visione parziale dell’evoluzione degli oneri che pesano sui salariati. Non prende ad esempio in considerazione i premi di cassa malati. La differenza non è di poco conto: per il 2010, l’UFS ha calcolato che “l’indice dei premi dell’assicurazione malattia è progredito dell’8,1% rispetto all’anno precedente”. Conseguenza: “L’evoluzione dei premi di assicurazione malattia ha amputato dello 0,6% la progressione potenziale del reddito disponibile, cioè il reddito effettivo a disposizione per il consumo ed il risparmio”. Per il 2011 sui salari peserà un aumento dei premi del 6,5%. Si dovrà poi aggiungere un aumento dei premi dell’assicurazione disoccupazione (dal 2% al 2,2%) e  dell’assicurazione perdita di guadagno (dallo 0,3 allo 0.5%) – assicurazioni finanziate in modo paritetico da datori di lavoro e lavoratori.

Conclusione di Martin Nef, capo economista del Credit suisse: nel 2011 “il potere d’acquisto dei dipendenti appartenenti alla classe media non migliorerà dopo deduzione dell’inflazione, degli oneri fiscali e dei premi di assicurazione malattia”.

 

L’aumento delle differenze salariali è un altro degli aspetti che non permettono di mettere in luce le medie salariali.

Il sindacato Travail Suisse ha  analizzato la struttura dei redditi in ventisette aziende svizzere: “Parallelamente ad un aumento dei salari, nel 2009 sono aumentate le differenze salariali, in media del 18% rispetto all’anno precedente. Sulle 27 imprese analizzate, quasi la metà (13) registrano tale tendenza”. Ritroviamo la stessa tendenza ad un aumento degli scarti salariali nel settore pubblico. Come sottolinea la stessa USS “l’evoluzione dei salari in questi ultimi anni è stato appannaggio degli alti salari e dei quadri”.

Il blocco dei salari reali, l’aumento delle differenze salariali e degli oneri, mettono sotto pressione i redditi di una gran parte dei salariati. L’USS ha fatto i calcoli: “ Una famiglia di 4 persone dispone, una volta dedotte le imposte, le tasse, l’affitto e i premi di cassa malati, di 1’400 fr. in meno rispetto a dieci anni fa. Un famiglia che può contare su un alto reddito ha per contro 19’000 fr in più a disposizione”.

 

La pressione non sembra arrestarsi. Al contrario: mentre i salari restano bloccati, le autorità politiche annunciano una serie di misure che peseranno sui bilanci famigliari: aumento delle tasse ospedaliere, mancato rimborso degli occhiali da parte dell’assicurazione malattia, nuovi aumenti dei costi dei biglietti dei treni, della vignetta autostradale, ecc.

È giunta l’ora di riprendere la via della mobilitazione per esigere la fine dell’austerità salariale!

 

* articolo apparso sul giornale Services publics. La traduzione è stata curata dalla redazione di Solidarietà.