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I fatti di cronaca nera forniscono perennemente ai diversi partiti di governo, in permanente compagna elettorale, la possibilità di catturare l’attenzione dei loro potenziali elettori. Che questa possibilità sia colta in maniera grossolana, volgare, bassa, con delle “sparate” (uno “sciacallaggio elettorale” come mi pare di aver sentito dire recentemente) oppure che le dichiarazioni siano più fini, ragionate (che seguano insomma quelle “bon ton” politico), fa poca differenza.

 La sostanza resta questa competizione tra partiti nell’illustrarsi, davanti ai potenziali elettori, con delle promesse, più o meno radicali, più o meno realizzabili per combattere la criminalità. E la prospettiva offerta alla popolazione è la medesima: “sosteneteci (votateci!) e miglioreremo la vostra sicurezza”. 

 

Ora, non intendiamo mescolarci a questa competizione; essa non ci appartiene per due ragioni. Da un lato, come partito che non partecipa al governo, non abbiamo la preoccupazione di addossare ad altri le responsabilità di una situazione costruita invece da politiche concertate e condivise; in altre parole, non è il dipartimento delle Istituzioni, o quello delle Finanze, ad essere in discussione, ma un insieme coerente di scelte fatte dall’insieme dei partiti che partecipano al Consiglio di Stato. Dall’altro, non è nella nostra concezione della politica il “votate per noi e tutto andrà meglio”; crediamo al contrario che soltanto la popolazione stessa possa, prendendo in mano il proprio destino, risolvere veramente i propri problemi.

 

Se l’arresto e la punizione “esemplare” dei criminali può forse dare soddisfazione ai partiti, soprattutto in una logica mediatica, noi non possiamo dirci soddisfatti di una tale logica delle cose. Perché il crimine sussiste, la violenza è perpetrata, e nessuna punizione o repressione può né cancellare a posteriori quanto accaduto, né tantomeno dissuadere nel seguito il ripetersi di questi avvenimenti. Quest’ultima in particolare è una stupefacente illusione, coltivata purtroppo da lungo tempo nella retorica politica. Noi riteniamo che nemmeno la presenza di un poliziotto ad ogni angolo di strada o qualsiasi altra misura repressiva può davvero contrastare il crimine; comparare con altre legislazioni e pratiche nazionali per credere. Perché l’insicurezza è la dominante del capitalismo: insicurezza di reddito (chi perde il lavoro – ed ê la stragrande maggioranza della popolazione a dover lavorare per vivere – perde reddito, possibilità di vivere tranquillamente e degnamente….)

La sicurezza che vogliamo, a cui aspirare, è quindi tutt’altra; è la prevenzione dei crimini e la cancellazione della violenza dalla nostra società. E questo sarà possibile solo modificando radicalmente la società nella quale viviamo fonte di violenza ed insicurezza materiale, sociale e personale. Ma, in questa prospettiva, con quali mezzi raggiungere questo obiettivo ambizioso?

Il nostro programma elettorale riprende diverse proposte che da anni difendiamo e che vanno a mio avviso precisamente nel senso di costruire un modello sociale che garantisca questi obiettivi; un modello sociale profondamente diverso da quello difeso dai partiti borghesi, basato su proposte che rimettono in discussione le cause della criminalità e della violenza, e quindi dell’insicurezza che giustamente una maggioranza dei giovani, dei lavoratori e dei pensionati di questo Cantone provano oggi. Mi limiterò a evocare due temi principali.

 

Vogliamo anzitutto combattere l’insicurezza delle condizioni materiali. Un reddito insufficiente, una pressione sul proprio salario, la perdita del posto di lavoro, la precarietà dell’impiego, la mancanza di prospettive lavorative, lo sfruttamento e la messa in pericolo della salute. Tutti fattori che non soltanto peggiorano la vita di tutti ma distruggono anche quella di molti, generando un’esclusione sociale quanto mai propizia ad episodi di violenza. E non pensiamo soltanto alla violenza fisica e “pubblica”, ma anche ad altre forme, per esempio la violenza tra le pareti domestiche.

Noi proponiamo che una serie di nuovi diritti dei lavoratori argini questa spirale: che ognuno possa avere un reddito garantito e che permetta di vivere degnamente; che ognuno possa disporre di un posto di lavoro, a delle condizioni degne, e che non debba temere il licenziamento per motivi economici. Introduzione di un salario minimo, riduzione del tempo di lavoro, divieto delle agenzie di lavoro interinale, divieto di licenziamento, notifica obbligatoria dei contratti sono alcune delle misure concrete per cui ci siamo battuti in questi anni e per cui ci batteremo sempre. E contrapponiamo da sempre queste ricette alle ricette fallimentari della destra e della “sinistra”, a base di concorrenza, competitività e produttivismo, le cui disastrose conseguenze sociali sono appunto oggi sotto gli occhi di tutti.

 

Sottolineiamo poi che non basta soltanto un presente sereno, ma soprattutto un avvenire sicuro. Anche qui rigettiamo il discorso dominante sulla “incertezza” o “precarietà” del futuro. Pensiamo soprattutto ai giovani, che vengono posti da anni al centro della scena mediatica per fatti di violenza (la cosiddetta “violenza giovanile”. Questi fenomeni di emarginazione, di disgregazione sociale, sono reali e vanno secondo noi combattuti rinforzando il diritto allo studio, cioè offrendo a tutti i giovani una garanzia solida per il loro futuro.

In particolare, difendiamo l’idea di un’educazione pubblica, gratuita, universale e di qualità, a tutti i livelli (dall’asilo nido all’università). Non ci sono altri mezzi per realizzare un tale obbiettivo che un aumento significativo delle risorse, finanziarie, di personale, di infrastruttura; un migliore inquadramento (meno di 20 allievi per classe) e una formazione valorizzante per i docenti saranno il complemento di questa decisa inversione di tendenza rispetto a quanto è stato fatto in materia di scuola negli ultimi anni.

 

L’aspetto forse comico della situazione è che una buona parte di queste misure possono essere agevolmente finanziate proprio combattendo altre forme di criminalità, queste molto meno stigmatizzate nel dibattito pubblico ma ugualmente causate dalle politiche di deregolamentazione e di libera concorrenza che il governo ticinese e i partiti che ne fanno parte hanno finora incoraggiato, come sappiamo, per certuni, anche per puro interesse personale. Sto evidentemente parlando di tutta quella zona grigia fiscale, a cavallo tra legalità e illegalità, tra evasione e frode. Non è forse altrettanto spregevole e altrettanto dannoso come crimine il sottrarsi al proprio doveroso contributo alla società? Non sarebbe quindi altrettanto giusto agire sulle cause di questa criminalità? L’attualità di questi giorni sembra inoltre confermare l’ampiezza di questo fenomeno.

Noi proponiamo quindi non solo che chi ne ha la facoltà (grandi patrimoni, grandi imprese) contribuisca degnamente alle finanze cantonali, ma ci battiamo anche per una totale trasparenza sui dati fiscali e per la fine dell’imposizione forfettaria.

 

Ecco in breve la sicurezza che vogliamo, per cui ci siamo già pronunciati altre volte e che continueremo a difendere insieme a tutte e tutti coloro che rifiutano le logiche razziste, repressive e inefficaci dei partiti di governo.

 

* candidato MPS al Gran Consiglio.