Pubblichiamo la presa di posizione sulla guerra in Libia della “Corrente per il rinnovamento socialista” egiziana, una delle organizzazioni che ha animato la rivolta di piazza Tarhir (Red).
La Libia si trova in una situazione difficile. Ed è forse la prima volta nella storia che possiamo osservare una rivoluzione pacifica che, fin dal primo giorno, deve confrontarsi con proiettili veri, artiglieria pesante, blindati e aerei sull’insieme del paese. Sull’altro versante constatiamo anche la decisione delle potenze coloniali d’intervenire militarmente, con il pretesto di proteggere la popolazione civile, tramite la creazione di una cosiddetta “no-fly zone” in applicazione della risoluzione 1973 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.
In questo contesto, ci troviamo in realtà confrontati con due opzioni sgradevoli: approvare l’intervento coloniale, con tutte le conseguenze disastrose sulla rivoluzione libica e sull’avvenire della regione; oppure respingere questo intervento senza offrire una strategia realista ed efficace per sostenere la rivoluzione libica che si confronta con i massacri di civili provocati da Gheddafi e dai suoi mercenari.
In realtà, quelli che attualmente sostengono la rivoluzione libica e sperano nella sua vittoria, dovrebbero opporsi risolutamente all’intervento coloniale in Libia, non importa sotto quale pretesto venga realizzato.
Se esaminiamo meglio l’intervento straniero, possiamo notare che, sin dal primo giorno, era chiaro come la zona di interdizione aerea non avrebbe condotto a un cambiamento dei rapporti di forza in favore degli insorti. Questo perché la minaccia più grande era quella esercitata dall’artiglieria e dai blindati e non dagli aerei. Peraltro, si è visto che le forze della coalizione hanno colpito le forze militari terrestri di Gheddafi dal primo giorno dell’intervento.
Questi sviluppi suscitano seri rischi. E’ inevitabile che ciò condurrà a uccidere dei civili in quantità. E’ anche evidente che Gheddafi non cadrà tanto facilmente. Pertanto, è verosimile che la guerra durerà piuttosto a lungo. Ciò può, a sua volta, modificare la situazione e far cambiare “l’opinione pubblica” in favore di Gheddafi, come indicano i reportages dei media sulla popolazione di Tripoli che respinge l’attacco dell’Occidente. Gheddafi potrebbe, in questo contesto, profilarsi come un erore che resiste alle potenze coloniali, ciò che gli assicurerebbe una relativa popolarità in alcune città; a questo si aggiunge dunque la possibilità di una divisione regionale crescente della Libia.
Alla fine, tutto ciò potrebbe condurre a trasformare una guerra popolare contro dei mercenari in una guerra civile nel senso pieno del termine. Gli articoli dei media sulle reazioni della protesta della popolazione di Tripoli contro l’intervento militare occidentale dovrebbero essere analizzate anche da questo punto di vista.
Inoltre, noi sappiamo tutti che le potenze coloniali che hanno attaccato Gheddafi conducono questa guerra sulla base di calcoli strettamente egoisti. Questi Stati sono gli stessi che hanno sostenuto Gheddafi e che contavano su di lui fino a poco fa. Noi sappiamo anche che l’intervento occidentale ha lo scopo di rafforzare il controllo sul petrolio libico e di confortare la presenza imperialista in una regione che conosceva alcune esperienze rivoluzionarie che rappresentavano una minaccia piuttosto serie per gli interessi occidentali.
Alla luce di questa situazione, la rivoluzione libica si trova di fronte al rischio seguente: il passaggio di una guerra contro un regime repressivo a una guerra tra forze sostenute dall’imperialismo e forze che gli sono ostili. L’ironia è che una tale situazione può concludersi con una riconciliazione tra le potenze imperialiste e Gheddafi sè è vero che i rapporti di forza oscillano a favore di quest’ultimo, in modo analogo a quello che succede attualmente in Afghanistan.
Occorre mettere l’accento su un dato certo: la guerra in Libia e l’intervento coloniale sfoceranno in un massacro di migliaia di civili, una situazione simile a quella dell’Iraq.
Questo non significa che l’altra opzione – sostenere gli insorti, esercitare una pressione popolare nel mondo arabo sui governi e sulle potenze occidentali affinché questi rafforzino la pressione su Gheddafi e utilizzino altri mezzi per indebolirlo, ad esempio mettendo fuori servizio il suo sistema di comunicazione- sia una cosa facile. Ma è una scelta rivoluzionaria giusta. E’ utile a proteggere le rivoluzioni libica e araba sul lungo termine.
E noi dobbiamo ricordare che in tutti i casi di guerre rivoluzionarie o di resistenze contro il colonialismo i rapporti di forza militare non sono mai stati a favore dei rivoluzionari. Nondimeno, questo ha impedito una vittoria, come dimostra l’esempio del Vietnam o quello del Libano (contro l’occupazione israeliana).
Facciamo dunque appello a mettere fine immediatamente all’attacco della coalizione e facciamo appello a rafforzare l’assedio contro Gheddafi con il sostegno popolare arabo – in Tunisia e in Egitto soprattutto – alla rivoluzione libica.
La traduzione in francese dall’arabo è apparso sul sito www.alencontre.org, a partire dal quale è stata condotta la traduzione in italiano.