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Guardando le trasmissioni televisive elettorali e leggendo la stampa nostrana si avverte un certo senso di smarrimento se non di nausea. Improvvisamente, infatti, si scopre, ad esempio, che quasi tutti i candidati sono diventati, come per miracolo, antinucleari, complice il recente e drammatico incidente giapponese.

Oppure che tutti quanti si preoccupano per la disoccupazione nel nostro cantone e si impegneranno nei prossimi anni a combatterla in tutti i modi. Non sempre è dato di sapere con quali mezzi e quali politiche. L’ultima dimostrazione di questa situazione l’abbiamo avuta lunedì sera in occasione del dibattito televisivo alla RSI. A fine trasmissione i conduttori chiedono ai vari candidati presenti cosa dovrebbe fare il nuovo capo del Dipartimento educazione cultura e sport nei suoi primi cento giorni di governo. A questo punto tutti i presenti sostengono apertamente e in modo quasi corale che la priorità nella scuola sarà soprattutto quella di investire. Il tema conduttore di tutti gli interventi conclusivi sembra essere quello che si tratta di migliorare la qualità della scuola attraverso investimenti sia nella scuola dell’obbligo che in quella post-obbligatoria. Anche in questo caso non si va molto al di là di qualche affermazione generica di principio.

Ora un dubbio sorge spontaneo. Ma dov’era tutti questi signori in questi ultimi dieci o anche solo quattro anni? Non sono forse rappresentanti dei partiti che in questi anni hanno governato e portato avanti politiche di deregolamentazione del mercato del lavoro, di tagli alle assicurazioni sociali, di dumping sociale e salariale? Politiche che hanno contribuito ad aumentare la disoccupazione, la precarietà e la povertà.

Non erano forse in parlamento ad approvare le politiche in materia di istruzione basate sui tagli agli investimenti? Politiche che hanno portato ad un degrado delle condizioni di lavoro degli insegnanti e delle condizioni generali di studio. Com’è possibile infatti che il canton Ticino, stando proprio all’ultimo studio pubblicato dal DECS, sia il cantone nel quale si investe meno, rispetto agli altri cantoni, nell’istruzione pubblica, nel quale il numero di allievi per classe è uno dei più elevati in Svizzera e nel quale esiste ancora un’importante selezione sociale soprattutto a livello della scuola dell’obbligo?

E’ chiaro, cambiare idea non solo è lecito, ma anche segno di intelligenza. Quindi ben venga chi, di fronte alle conseguenze di alcune sue scelte, si rende conto di aver sbagliato e cerca una nuova strada. In questo periodo però tutti questi proclami e queste promesse hanno un retrogusto sgradevole e poco credibile. Si tratta infatti delle cosiddette promesse da marinai il cui unico e deleterio effetto è quello di allontanare ancora di più i cittadini e le cittadine dalla politica, dando credito al detto popolare “tanto sono tutti uguali”.

Appare poi anche abbastanza evidente come mai, in questo contesto così desolato, le idee della destra xenofoba e populista, che tutti cercano di rincorrere, abbiano così tanto credito. Si tratta apparentemente di risposte facili a problemi concreti…Il quadro che ne emerge è sicuramente desolante e preoccupante.

E a noi non  resta che impegnarci per dare credito e visibilità a delle proposte alternative che siano in grado di rispondere ai bisogni della maggioranza dei cittadini e delle cittadine e costruire un ampio movimento sociale di resistenza e di opposizione.

 

* candidata MPS al Gran Consiglio e al Consiglio di Stato