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Le cronaca delle ultime settimane hanno portato alla luce alcuni esempi (e ve ne sarebbero molti altri) di aziende nelle quali i lavoratori esprimono un forte disagio. Un disagio che ha ragioni diverse (l’organizzazione del lavoro, i ritmi di lavoro, ecc.) , ma anche i livelli estremamente bassi dei salari.

 

Ci riferiamo ad aziende che hanno attirato l’attenzione dei media a seguito della denuncia fatta dalle organizzazioni sindacali.

Vi è stata dapprima la vicenda Trasfor; ad innescare la miccia è stata la questione del prolungo (gratis) dell’orario di lavoro. Ma questa ditta da tempo era nel mirino perché paga salari bassi. Un lavoratore, intervistato dai media, ha dichiarato che con una trentina d’anni di anzianità guadagna ancora poco più di 3’000 franchi lordi al mese.

La fabbrica di cioccolato Alprose è da sempre nota per le sue pessime condizioni di lavoro: peggiorate dal tentativo di introdurre la videosorveglianza, da licenziamenti abusivi, da una forte presenza di lavoratori interinali (praticamente la metà degli occupati) e da salari bassi. Il recente incontro con i lavoratori, si poteva leggere sui giornali, ha messo in risalto salari anche qui attorno ai 3’000 franchi lordi (e senza 13a). 

Infine, proprio di questi giorni, la vicenda della chiassese Bravofly, accusata non solo di pagare salari bassissimi (qui siamo addirittura sotto i 3’000 franchi lordi), ma anche di pagare i salari direttamente in euro.

Una ditta quest’ultima che pochi mesi fa, quando aveva comunicato di avere decisi di istallarsi a Chiasso, aveva suscitato i commenti euforici del sindaco liberal-leghista di Chiasso, Colombo, che inneggiava all’azienda “moderna” che avrebbe portato benessere alla città. Ora scopriamo che non solo la quasi totalità dei lavoratori sono frontalieri, ma che ricevono lo stipendi o in euro: praticamente un ulteriore incentivo a non spendere nemmeno un franco a Chiasso.

Questi tre esempi e, come detto, ne potrei aggiungere molti altri ci confermano quanto il degrado della condizione salariale sia avanzato nel nostro cantone. Ormai siamo la Cina della Svizzera e le cose tendono sempre più a peggiorare.

I media parlano spesso di casi di dumping salariale nel settore industriale o in quello edile; ma in realtà oggi esso avanza soprattutto nei settori del terziario (vendita, commercio, settore impiegatizio). Lo testimonia , tra l’altro, l’aumento del numero di lavoratori frontalieri in questo settore, caratterizzato dall’assenza di salari minimi legali e quindi terreno ideale per il dumping salariale.

Di questa grave situazione devono rendere conto soprattutto coloro che hanno voluto gli accordi bilaterali promettendo misure di accompagnamento che si sono rivelate fortemente inefficaci. Da Savoia fino a Gianora, tutti hanno sostenuto con convinzione gli accordi bilaterali ed il risultato è ora sotto gli occhi di tutti.

E molti di costoro si sono anche opposti all’iniziativa popolare dell’MPS che chiedeva l’introduzione di un salario minimo di 4’000 franchi mensili. Hanno detto, in Gran Consiglio, che questa iniziativa non era ricevibile, che non poteva essere messa in votazione. Certo, hanno aggiunto, vi è un problema salariale ma bisogna risolverlo con altre proposte. Naturalmente stiamo ancora aspettando queste proposte. Nemmeno la campagna elettorale è riuscita a fargliene fare qualcuna. Significa proprio che del degrado della condizione salariale che sta investendo il Ticino a lor signori non gliene frega proprio nulla.

 

* candidato MPS al Gran Consiglio e al Consiglio di Stato