Pubblichiamo ampi stralci del documento allestito dal Gruppo cantonale docenti di scuola media del Movimento della Scuola (MdS).
Esso propone un’analisi critica del progetto relativo all’aggiornamento dei docenti (denominato, non innocentemente, “formazione continua”) elaborato dal DFA-SUPSI, erede dell’Alta Scuola Pedagogica.
Il gruppo intende incontrare altri docenti per discutere di questo documento e di una linea d’azione. L’incontro è fissato per Mercoledì 23 marzo alle 17.30 – presso l’Aula 206 (blocco A) della scuola media di Camignolo.
Può essere allora utile dare un’occhiata al documento con il quale il DFA presenta tali mutamenti (La formazione continua DFA, ottobre 20111), richiamando però prima – come d’altronde fa lo stesso documento – alcuni passi della Legge concernente l’aggiornamento dei docenti (del 19 giugno 1990):
“Art. 2
1 L’aggiornamento è predisposto ad accrescere le capacità professionali dei docenti e, conseguentemente, a migliorare la qualità della scuola.
2 L’aggiornamento si realizza mediante iniziative personali, giornate di studio, corsi di varia durata, seminari, attività di ricerca o di produzione di materiali didattici e altre forme adeguate ai bisogni della scuola.
Art. 3
1 Il Cantone promuove l’aggiornamento dei docenti:
a) attraverso iniziative proprie;
b) in collaborazione con enti o istituti di formazione;
c) facilitando la partecipazione dei docenti a corsi organizzati da altri enti;
d) favorendo forme di aggiornamento promosse da gruppi di docenti o da singoli docenti.
Art. 4
Il docente è responsabile del proprio aggiornamento; egli lo realizza sia mediante iniziative personali, sia partecipando alle iniziative promosse dal Cantone o da enti da esso riconosciuti.”
Apparentemente, tale impostazione non è apprezzata dal DFA. L’aggiornamento offerto dall’ex ASP, che ancora si basava su tali principi, non avrebbe risposto, secondo quando sostenuto nel documento, ai bisogni degli insegnanti: “pur essendo ben frequentati e apprezzati dai docenti, [i corsi organizzati dall’ASP]2 non sono stati pianificati nell’ottica di uno sviluppo del profilo professionale dei docenti basato su un profilo di competenze.”
Il DFA motiva la riforma della formazione sostenendo che “il concetto di aggiornamento implica il considerare la formazione iniziale degli insegnanti come sufficiente per far sviluppare al docente tutte le competenze di cui ha bisogno per la sua professione, per cui l’aggiornamento consiste solo in un rinnovamento di questa formazione iniziale.” Dove sta scritto? Chi lo sostiene? Di fatto, la legge presenta l’aggiornamento come un processo ben più ampio.
Nella nuova ottica del DFA, la formazione continua “si basa su un profilo di competenze del docente di alto livello scientifico e professionale” e le competenze del docente “non sono quindi sviluppate solo nella formazione iniziale, ma sono un ideale verso cui tendere attraverso un processo di formazione iniziale e continua lungo tutta la durata della carriera professionale del docente.” Cosa significa? I responsabili del DFA considerano quindi che l’aggiornamento proposto fino ad ora non era di livello adeguato e non permetteva lo sviluppo delle competenze del docente?
Il testo del DFA continua spiegando che “la formazione continua si realizza soprattutto attraverso corsi lunghi, come ad esempio i CAS (Certificate of Advances Studies)3, che permettono al docente in formazione di riflettere, studiare, progettare, compiere esperienze in classe e condividerle con altri colleghi.” Spesso, se di buon livello e stimolante (e qui sta a volte il problema…), a noi pare che anche una sola giornata di studi può permettere di mobilitare quanto elencato. Tanto più che l’attuale formula di aggiornamento ha riscontrato un soddisfacente successo presso i docenti
Il documento prosegue sostenendo che “il CAS è il tipo di formazione continua lunga che meglio si presta alle necessità degli insegnanti attivi sul territorio, in quanto permette di seguire una formazione che porta a uno sviluppo professionale tangibile con un impegno di tempo da parte del docente relativamente limitato.” Come si può sostenere una tale affermazione senza aver consultato in proposito gli stessi insegnanti? Su che basi si afferma che l’attuale sistema non permette “uno sviluppo professionale tangibile”? E poi, come si può considerare che 300 ore di lavoro, necessarie per l’ottenimento di un CAS, siano un “impegno relativamente limitato”?
A quanto detto si tratta, infine, di aggiungere che il passaggio dall'”aggiornamento” alla “formazione continua” sarà accompagnato dall’adozione degli ECTS (European Credit Transfer System). L’ECTS è un’unità di misura di tempo del volume di lavoro dello studente, applicata a livello universitario nell’ambito del cosiddetto “processo di Bologna”4. Un credito ECTS dovrebbe corrispondere a circa 30 ore di lavoro (il 20-30% consiste in ore di lezione seguite, il resto è tempo di lavoro dedicato a progettazione e realizzazione di attività, studio e lettura individuali, redazione di lavori e dossier, ecc.).
Secondo il DFA, “l’adozione degli ECTS è una straordinaria occasione per valorizzare il lavoro che il docente svolge nelle sue classi nell’ottica (anche) della sua formazione personale.” Cosa hanno a che fare gli ECTS con la valorizzazione del lavoro degli insegnanti? In che modo lo possono misurare? È davvero di questo che i docenti hanno bisogno affinché il loro lavoro venga valorizzato? A noi sembra che, per quanto riguarda la formazione continua, la valorizzazione del lavoro svolto dipende tutt’al più dai contenuti proposti e non da eventuali crediti accordati.
Una riforma strisciante, tante perplessità
Quali conseguenze concrete avranno questi cambiamenti sulle condizioni di lavoro degli insegnanti del nostro cantone? A questo proposito, purtroppo, mancano riscontri scritti di quanto si sta muovendo all’interno della Divisione della Scuola del DECS, ma sempre più insistenti sono le voci che preannunciano decisioni funzionali al “cambiamento di paradigma” – così viene definito – proposto nell’ambito della formazione dei docenti da parte del DFA.
a) Verrà introdotta l’obbligatorietà dell’accumulo di ECTS?
Una delle idee che circola con più insistenza è quella che proporrebbe di rendere obbligatorio per gli insegnanti l’accumulo, lungo la propria carriera, di ECTS. L’ipotesi in circolazione pare essere quella di obbligare i docenti ad ottenere inizialmente una media di 2 ECTS all’anno (equivalenti a 60 ore di lavoro annue).
Allorché da diversi anni i docenti denunciano il sovraccarico di lavoro al quale sono sottoposti – che aumenta di anno in anno – li si vorrebbe aggravare di ulteriori impegni, a cui assolvere al di fuori dell’orario di insegnamento, degli impegni di sede e delle altre mansioni legate al proprio ruolo. È quindi questo il modo di valorizzare il lavoro degli insegnanti di cui parla il documento del DFA?
Come è stato ribadito a più riprese e da più parti negli ultimi anni, è piuttosto necessario ed urgente migliorare il riconoscimento della funzione di docente in termini di condizioni di lavoro (miglior riconoscimento in termini di sgravi per varie mansioni, diminuzione degli allievi per classe, maggiori risorse per le scuole, …) e di valorizzazione sociale del ruolo svolto quotidianamente al fianco degli allievi. Lo stesso capo del Dipartimento, l’avvocato Gendotti, ha recentemente affermato in un’intervista: “Oggi una misura che andrebbe assolutamente adottata, nella nostra scuola, sarebbe proprio l’adeguamento dei salari dei docenti, almeno a livello di media nazionale, in ragione anche della formazione richiesta, dei nuovi compiti, delle responsabilità e delle pressioni cui sono sottoposti. A mio giudizio ci vorrebbe un adeguamento complessivo attorno al 10%, il che significa 40 milioni di franchi in più all’anno. Questa sì sarebbe una spesa razionale da fare!”5. Nella realtà concreta dei fatti, il miglioramento delle condizioni di lavoro è rimandato alle ‘calende greche’, mentre gli oneri aumentano di anno in anno…
b) Il DFA avrà il monopolio della formazione dei docenti?
Il DFA-SUPSI, in quanto istituto di carattere universitario, detiene attualmente il monopolio dell’accreditamento in ECTS per la formazione di base e continua degli insegnanti in Ticino. Questa situazione è fonte di ulteriore inquietudine.
Gli insegnanti sono professionisti laureati, adulti, che svolgono mansioni di tipo intellettuale. Come indicato in modo pertinente dalla legge: “L’aggiornamento si realizza mediante iniziative personali, giornate di studio, corsi di varia durata, seminari, attività di ricerca o di produzione di materiali didattici e altre forme adeguate ai bisogni della scuola”. Tale formulazione riconosce al singolo insegnante la capacità di organizzare e gestire il proprio aggiornamento, garantendogli autonomia nelle scelte che determineranno il suo percorso di crescita professionale. I momenti che ogni singolo docente dedica alla propria formazione sono molti e di diversa natura: un docente si “aggiorna” seguendo certo corsi e conferenze (organizzate da un numero particolarmente alto di enti diversi), ma anche frequentando biblioteche, sviluppando percorsi di ricerca individuali o di gruppo, incontrando colleghi per scambi di opinioni, di percorsi o di materiali didattici, aderendo ad associazioni che promuovono le didattiche disciplinari.
L’eventuale obbligatorietà di accumulare ECTS, come fossero punti cumulus, e il conseguente monopolio della formazione in mano al DFA non solo renderebbero molte di queste occasioni (quelle non quantificabili in ECTS) momenti di serie B, ma ridurrebbero anche la ricchezza del quadro delle offerte formative a cui oggi gli insegnanti possono attingere; in ultima istanza, svilirebbero la figura del docente quale essere dotato di intelletto e mutilerebbero la preziosa autonomia di cui necessita per accrescere il proprio bagaglio personale. Andando in questa direzione, il rischio che si corre è quello di trovarsi confrontati ad una scelta formativa limitata (e limitante) ma obbligatoria, con risultati deleteri, come accade in altre professioni: facile prevedere il diffondersi di corsi i cui relatori parlano ad un pubblico disinteressato, presente per obbligo e non per scelta; facile anche prevedere che altri, altrettanto importanti, momenti di (auto)formazione non targati DFA vengano trascurati perché non faranno accumulare ECTS.6
c) La riforma avverrà senza consultare i diretti interessati?
I cambiamenti che si intendono apportare al dispositivo della formazione continua dei docenti sono presentati come necessari a meglio rispondere ai bisogni degli insegnanti e della scuola. Ma chi è più adatto a conoscere tali bisogni se non quelle figure che nella scuola stessa lavorano quotidianamente? Eppure né gli insegnanti né i diversi soggetti che fino ad oggi hanno contribuito ad offrire momenti di aggiornamento ai docenti del nostro cantone (gli ispettori delle scuole elementari, gli esperti di materia delle scuole medie, i direttori, le molte associazioni d’insegnanti che si occupano di tali questioni, i gruppi di sede formatisi a questo scopo) sono stati adeguatamente coinvolti. A noi pare, anzi, che fin dalla trasmissione delle informazioni su quanto si sta decidendo sia mancata la trasparenza.
Si sta perdendo un’occasione: la ricchezza di esperienze che nel campo della formazione degli insegnanti il mondo della scuola offre sarebbe potuta essere un’ottima fonte a cui attingere per definire in maniera più consensuale i termini degli eventuali cambiamenti da apportare.
Se questo modo di operare è, come vien spontaneo sospettare, il frutto della scelta di “appaltare” al DFA-SUPSI – cioè ad un ente esterno al DECS – la gestione della formazione degli insegnanti, allora, anche da questo punto di vista, risulta difficile salutare tale decisione con favore.
1. Il documento, da cui sono state estrapolate le citazioni che seguono, è scaricabile al seguente indirizzo: http://www.supsi.ch/dfa/formazione-continua.html
2. Secondo lo stesso DFA, nel 2009/2010 si sono tenuti più di 200 corsi con più di 5000 iscritti per tutti gli ordini di scuola
3. Si tratta di corsi della durata di almeno 3 semestri, che implicano un minimo di 300 ore di lavoro (di cui il 20-30% di ore lezione).
4. Non siamo tanto sprovveduti da non sapere che i cambiamenti proposti non sono il frutto originale delle scelte del DFA-SUPSI, ma si inscrivono in un processo di riforma dei sistemi di formazione di portata ben più ampia (il processo di Bologna ha dimensioni europee). Siamo certi che, di fronte ai nostri dubbi, non si mancherà di farci notare che vi sono vincoli di carattere nazionale e sovranazionale; raramente si ricorda però quanto ampi sono i margini di applicazione di tali vincoli e soprattutto che il processo di Bologna è oggetto di crescenti critiche all’interno dello stesso mondo accademico (tra le numerose pubblicazioni al riguardo, ci limitiamo a segnalare O. Longchamp, Y. Steiner, “Bologne, et après? Essai d’histoire immédiate des réformes universitaires récentes”, in Traverse, n°3, 2008, pp. 125-144).
5. Confronti, numero 24, 16 febbraio 2011, p.7.
6. Il monopolio della formazione in mano al DFA non significherà che solo il DFA avrà il diritto di organizzare corsi di formazione continua. Il quadro sarà più complesso: facendo riferimento ad altre realtà, dove un processo simile è già avviato, si può pensare che ci si troverà confrontati con una sorta di “mercato dei crediti”, nel quale diversi enti e associazioni si spartiranno la torta degli insegnanti/clienti alla ricerca di ECTS. Sarà però il DFA a decidere, attraverso la formazione dei formatori, chi potrà “vendere” ECTS e chi no, quali momenti formativi sono validi e quali invece no. Può essere letto come un primo segnale in questa direzione il nuovo corso proposto dal DFA intitolato Concezione e redazione di piani di studio, atto a far conoscere il funzionamento degli ECTS e del processo di Bologna e rivolto a ispettori, direttori, esperti e quadri della scuola. Abbiamo il timore che ciò significhi in prospettiva che, per esempio, gli esperti di materia, che da anni organizzano – con successo – corsi d’aggiornamento per i docenti di scuola media, necessiteranno di una formazione DFA per essere in regola…