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Ogni nuovo giorno ci giungono notizie terrificanti della catastrofe nucleare di Fukushima. Per la seconda volta nella storia, il popolo giapponese è vittima della follia nucleare. Non sappiamo ancora l’estensione del disastro, ma è evidente che si tratta di un punto di svolta. Nella storia dell’energia nucleare ci sarà un prima e un dopo Fukushima.

Dopo Tchernobyl, la lobby nucleare occidentale aveva trovato la sua bella giustificazione: si trattava della gestione burocratica, incompetente e inefficace, propria del sistema sovietico. “Questo non potrebbe succedere da noi”. Quanto vale questo argomento oggi, quando ad essere toccato da questa esperienza e l’avanzato Giappone  che, come ricordava bene Pierre Rousset in un suo recente articolo, è il maggior produttore privato mondiale di elettricità?

 

I media hanno evidenziato l’irresponsabilità, l’impreparazione e le menzogne della Tokyo Electric Power Company (TEPCO) – con la complicità attiva degli organismi di controllo e delle autorità locali e nazionali – più preoccupata della redditività che della sicurezza. Questi fatti sono indiscutibili; ma, a troppo insistere su questo aspetto, rischiamo di perdere di vista l’essenziale: l’insicurezza è un aspetto costitutivo dell’energia nucleare. Il sistema nucleare è fondamentalmente insostenibile. Gli incidenti sono statisticamente inevitabili. Prima o poi avranno luogo altre Tchernobyl e altre Fukushima, provocate da errori umani, da disfunzionamenti interni, da terremoti, da incidenti aerei, da attentati, o da altri eventi imprevedibili. Per parafrasare Jean Jaurés, potremmo dire che il nucleare porta la catastrofe come le nubi il temporale.

 

Non è dunque stupefacente che il movimento antinucleare stia rimobilitandosi su larga scala, con alcuni risultati positivi, per esempio in Germania. La parola d’ordine “Uscire subito dal nucleare” si propaga a macchia d’olio. Malgrado ciò, la reazione della maggioranza dei governi – in particolare in Europa e USA- è il rifiuto di uscire dalla trappola nucleare. Tentano di calmare l’opinione pubblica con la promessa di una “seria revisione della sicurezza delle nostre centrali”. La M.O.A.N (Medaglia d’Oro della Cecità Nucleare) merita di essere attribuita al governo francese, di cui uno dei portavoce, Henri Guaino, ha recentemente dichiarato: “L’incidente nucleare in Giappone potrebbe favorire l’industria francese la cui sicurezza è un marchio di fabbrica”. No Comment!

 

I nucleocrati –un’oligarchia particolarmente ottusa e impermeabile- pretendono che la fine del nucleare significherebbe il ritorno alla candela o alla lampada a olio. La semplice verità è che solo il 13.4% dell’elettricità mondiale è prodotta da centrali nucleari. Possiamo perfettamente farne a meno… È possibile, anche probabile, che, sotto la pressione dell’opinione pubblica, in molti paesi si riducano considerevolmente i progetti deliranti di espansione illimitata dell’industria nucleare e di costruzioni di nuove centrali nucleari. Ma possiamo temere che questo si accompagni a una fuga in avanti nelle energie fossili più sporche: il carbone, il petrolio offshore, le sabbie bituminose, il gas di scisto.

 

Il capitalismo non può limitare la sua espansione, dunque il suo consumo di energia. E siccome  la conversione alle energie rinnovabili non è “competitiva”, possiamo prevedere un nuovo e rapido aumento delle emissioni di gas a effetto serra. Il primo passo nella battaglia socio-ecologica per una transizione energetica è il rifiuto di questo falso dilemma, di questa scelta impossibile tra una bella morte radioattiva e una lenta asfissia attraverso il surriscaldamento globale. Un altro mondo è possibile!