Quasi tutti i candidati in questa campagna elettorale hanno affermato di aver a cuore la crescita economica del Ticino.
La crescita economica, ci dicono, porta nuovi posti di lavoro e, dunque, benessere. Sembra che per stare bene, bisogna avere un lavoro, non importa quale, e che per avere questo lavoro sia necessaria la crescita economica.
Lavorando in un’azienda che organizza Programmi Occupazionali Temporanei, vedo molte persone in difficoltà. Apparentemente perché non hanno un lavoro. A ben guardare, alcuni sono in difficoltà perché un lavoro lo hanno avuto per troppo tempo. Mi spiego.
Sappiamo che essere disoccupati è spesso causa di malessere sia fisico che psicologico, ma spesso è il lavoro a causare grandi sofferenze fisiche e mentali. Ritmi di lavoro usuranti, orari innaturali, sforzi eccessivi e situazioni di stress emotivo dovute a precarietà, insicurezza, scarsa considerazione a livello, sia aziendale, sia sociale, per il lavoro che si svolge, assurdità, inutilità e, a volte, persino nocività dell’attività.
È di centrale importanza, per questo sistema economico, fare sì che il profitto delle aziende continui a crescere, per permettere loro di difendere e conquistare nuove posizioni in un mercato in cui il pesce grosso mangia il più piccolo, indipendentemente dalle leggi contro i monopoli, che sono solo specchietti per le allodole. Questa continua concorrenza per la redditività spinge gli investitori a “colonizzare” sempre nuovi campi per piegarli a questa legge.
Tutto diventa merce, in modo da potere essere venduto, dalle risorse naturali, come l’acqua, al sapere, dalle idee innovative, ai saperi millenari. Così, da un giorno all’altro, le scuole e le università, diventano fabbriche di precari, sottomesse alle logiche della valorizzazione del capitale e non più della ricerca e del sapere. Sementi selezionate attraverso tradizioni millenarie, sono brevettate e gli stessi contadini che hanno contribuito con il loro lavoro di generazioni a crearle, sono obbligati a comperarle.
Ma questo sistema inventa anche continuamente nuove merci. La religione della crescita economica ad ogni costo impone a questa società di continuare a inventare sempre e comunque. E se quello che si inventa e si produce non serve, allora se ne crea e se ne inventa anche il bisogno!
Tutto questo è inaccettabile. I disastri dovuti all’attuale sistema di produzione e consumo dell’energia, le guerre dovute alla continua ricerca di sbocchi per i mercati e il controllo delle materie prime sono inaccettabili. E di questo la Svizzera è complice e connivente. Lavorare più di 8 ore al giorno per 5 giorni, ammalandosi, mentre c’è gente che si ammala perché non ha lavoro è inaccettabile. Scagliarsi a turno contro gli islamici, le popolazioni di origine balcanica, i frontalieri, come capro espiatorio di tutti i nostri mali e non vedervi invece potenziali alleati per farla finita con questo folle sistema economico, è inaccettabile. Lasciare che qualunque bandito installi la propria attività economica, per distribuire salari miserabili e produrre cose sostanzialmente inutili, dannose e dispendiose di energia e risorse naturali, usufruendo delle nostre infrastrutture in cambio di un obolo che alcuni osano chiamare tasse, è inaccettabile!
Diminuiamo le ore di lavoro, introduciamo un salario minimo per tutti e tutte, diminuiamo gli affitti, produciamo in funzione dei nostri reali bisogni sociali e non in funzione dei bisogni di un ristretto gruppo di azionisti sempre pronti a caricare sulle nostre spalle i costi dei loro fallimenti, siano essi economici, ambientali o sociali. Smettiamo di produrre ciò che ci danneggia, potenziamo e miglioriamo il servizio pubblico, che significa scuole, trasporti, cura degli anziani, asili nido, ecc.
Tutte queste sono proposte che abbiamo formulato e difeso in questi anni fuori dal parlamento e pensiamo che sia necessario dar loro una voce anche al suo interno, per renderle più forti.
Mettiamo le nostre vite davanti ai loro profitti, esigiamo una vita di qualità!
*candidato al Gran Consiglio sulla lista MPS-PC