Quale aggiornamento per i docenti? Il movimento della scuola critica il DECS

Tempo di lettura: 4 minuti

Nelle scorse settimane, il Movimento della Scuola (su impulso del suo gruppo docenti del settore medio) ha inviato una lettera al Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport (DECS), sollevando alcune obiezioni  sui progetti e le indicazioni in elaborazione (nell’ambito della dipartimento della formazione e dell’aggiornamento della SUPSI) relative all’ aggiornamento dei docenti. Questa lettera indirizzata al capo della divisione della scuola è stata ampiamente sottoscritta nei diversi ordini di scuola. Abbiamo chiesto ad ALESSANDRO FRIGERI, attivo nel gruppo dell’MdS che ha promosso questa campagna, di fare il punto e di delineare le prospettive di questa mobilitazione. 

 

Qualche settimana fa  avete inviato  una lettera al capo della Divisione della scuola sul nuovo progetto di aggiornamento dei docenti. Puoi, brevemente, dirci  quali sono i punti che contestate di questo progetto?

 

In realtà, purtroppo, non esiste una chiara proposta di riforma dell’aggiornamento dei docenti attorno a cui potersi confrontare. Ci sono però molti segnali che indicano che su questo terreno c’è l’intenzione di apportare dei cambiamenti di sostanza. Le novità introdotte quest’anno dal DFA-SUPSI1 proprio nell’offerta riguardante la formazione continua  degli insegnanti – l’avvio dei cosiddetti CAS (Certificate of Advanced Study), corsi di 300 ore di lavoro (di cui il 20-30% di lezione) – si sono accompagnate a voci sempre più insistenti riguardanti l’ipotesi di rendere obbligatorio per gli insegnanti l’accumulo di un certo numero di ECTS2 sull’arco della propria carriera. Guarda caso, a livello politico esponenti del PPD hanno presentato una iniziativa parlamentare che intende modificare proprio in questa direzione l’attuale Legge sull’aggiornamento dei docenti. I problemi che sorgerebbero se veramente si andasse nella direzione che pare si voglia intraprendere sono numerosi.

C’è innanzitutto il rischio di aumentare gli oneri dei docenti, quando è evidente a tutti coloro che vivono nella scuola che oggi è urgente fare scelte opposte, cioè trovare il modo di sgravare gli insegnanti di parte del crescente carico di responsabilità e di lavoro, pena uno scadimento della qualità del loro operato.

Vincolare la formazione continua degli insegnanti alla frequenza di corsi capaci di offrire degli ECTS significherebbe inoltre privilegiare una concezione dell’aggiornamento assai parziale e limitante: verrebbero svalorizzate gran parte delle iniziative che esperti di materia, ispettori, gruppi di docenti costruiscono oggi sul terreno, a volte scuola per scuola, e che difficilmente potranno offrire dei crediti formativi; in tal modo si consegnerebbe il “monopolio” della formazione agli enti universitari (perlopiù al DFA-SUPSI). La libera ricerca scientifica e   didattica, parte essenziale   del lavoro dell’insegnante, rischierebbe di perdere d’autonomia e di essere sempre più funzionale al solo accumulo di ECTS.

Infine, nodo non affatto secondario, né i diretti interessati (il corpo docenti), né i molti soggetti che finora hanno contribuito ad arricchire il panorama della formazione degli insegnanti (le numerose associazioni di materia, gli esperti, i gruppi di materia delle sedi, ecc.) sono stati interpellati: i cambiamenti in seno al DFA-SUPSI e le voci dipartimentali danno per scontato che questa sarà la strada da intraprendere. In questo modo si parte decisamente con il piede sbagliato. Come si pensa di poter sondare i bisogni formativi a cui sarebbe necessario rispondere, se gli insegnanti non vengono coinvolti fin dall’inizio nella definizione di un eventuale potenziamento della loro formazione in servizio?

 

Dopo l’invio della vostra presa di posizione avete chiesto un sostegno ai docenti attraverso una campagna di sottoscrizione della vostra lettera che, ci pare, si stia concludendo proprio  in questi giorni. Come è andata questa campagna? E, più, in generale avete potuto constatare un interesse dei docenti su questo tema?

 

La lettera indirizzata alla Divisione scuola del DECS aveva il proposito di sottoporre alle autorità competenti le domande e le perplessità che la situazione che ho descritto suscitava in alcuni insegnanti. La circolazione delle lettera nelle scuole del cantone, il dibattito che essa ha stimolato e le numerose adesioni raccolte in tutti gli ordini di scuola, dalle elementari alle scuole medie superiori, confermano che i dubbi sollevati sono condivisi da una fetta significativa del corpo docenti. Non era difficile prevederlo: sia chi si sente sovraccaricato di lavoro e fatica a svolgere il proprio mestiere con la dovuta serenità (un settore del corpo insegnanti che ho l’impressione possa crescere in futuro, soprattutto se guardo alla scuola media, l’ordine di scuola in cui lavoro), sia chi investe nella propria professione energie e dedizione, dedicando il proprio tempo “libero” alla ricerca, alla sperimentazione didattica e all’autoformazione, hanno più di un motivo per guardare con preoccupazione a quanto sembra possa succedere.

 

Come pensi che sia necessario muoversi per dare seguito e rafforzare questa posizione critica nel prossimo periodo?

 

Sulla questione specifica della formazione continua penso che non ci si debba fermare a quanto fatto finora. Tanto più che alla lettera inviata ormai quattro settimane fa nessuno si è disturbato di rispondere. A mio avviso si tratterà di rendere pubblico il problema e di esplicitare fin da subito i principi sulla base dei quali avviare un eventuale confronto sul tema: no all’introduzione dell’obbligatorietà di accumulare ECTS, conferma del principio della responsabilità individuale del docente nel determinare la propria formazione in servizio (come fa chiaramente la legge attualmente in vigore), necessità di liberare tempo e risorse per favorire la formazione dei docenti (tornando ad esempio a rendere attiva la norma che offre ai docenti  la possibilità di anni sabbatici per motivi di studio, misura “congelata” anni fa per ragioni di risparmio).

Più in generale ritengo comunque che l’interesse suscitato da questa iniziativa parli anche di altro, di un disagio tra gli insegnanti riguardante le proprie condizioni di lavoro e la graduale svalorizzazione del proprio ruolo. È importante che questo malessere riesca a trovare canali attraverso cui esprimersi, far sentire la propria voce. Gli appelli lanciati dalle associazioni sindacali e magistrali in questi ultimi anni per denunciare la situazione critica della scuola ticinese da soli non bastano; essi vanno supportati da iniziative che si propongano di tornare nelle scuole, di far discutere gli insegnanti dei loro problemi, di mobilitarli sulla base dei loro bisogni, affinché quella che è stata giustamente definita la “deriva” della nostra scuola sia un tema capace di imporsi nel dibattito pubblico.

 

1. Ricordiamo che l’Alta Scuola Pedagogica di Locarno è diventata un dipartimento della SUPSI (il Dipartimento Formazione e Apprendimento) e che ciò ha comportato la delega, tramite mandato di prestazione, della formazione dei docenti dal DECS ad un ente esterno ad esso.

2. Gli ECTS (o crediti formativi) sono le unità di misura con cui a livello universitario si intendono quantificare i risultati dell’apprendimento degli studenti. Un ECTS dovrebbe equivalere a 30 ore di lavoro.

articoli correlati

EU riarmo

Nuovo disordine, transizione geopolitica e militarizzazione dell’Europa

Sudan

L’altra catastrofe: genocidio e fame in Sudan

Spagna - Sanchez primo ministro

Spagna. L’acquisto di munizioni da Israele apre una crisi nel governo