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Pubblichiamo ampi stralci dell’intervento di Matteo Pronzini al 1° maggio di Arbedo.

 

Vorrei centrare il mio intervento sul difficile contesto sociale e politico con il quale siamo confrontati, la crisi nella quale il movimento operaio, nelle sue forme organizzative e politiche, si trova ed indicare alcune possibili piste da percorrere.

Inizierò ricordando il contesto nel quale ci troviamo. Un contesto sociale e politico molto difficile. Il padronato sta cercando, con successo purtroppo, di far pagare la sua crisi ai salariati. L’attacco è a più livelli. Sul piano del lavoro, tramite licenziamenti, precarizzazione, flessibilizzazione e riduzioni del potere d’acquisto. Assistiamo inoltre ad un violento attacco a quel poco che rimane dello stato sociale. E’ appena trascorso un mese dall’entrata in vigore della revisione della legge disoccupazione. Una revisione violenta che getta e getterà mensilmente centinaia di disoccupati nel girone dell’assistenza. 

La destra, sia essa rappresentata dai partiti tradizionali della borghesia o dalla Lega (cambia forse la forma ma la sostanza è la stessa) riesce a capitalizzare le paure e le insicurezze dei salariati. Una capitalizzazione che avviene sia a livello elettorale ma anche e soprattutto nel modo di pensare e nei valori.  Contemporaneamente, le forze del movimento operaio, hanno sempre più difficoltà ad entrare in sintonia con le preoccupazioni, le paure, le esigenze di ampi strati di salariati.

Questo contesto difficile continuerà ancora per lungo tempo e le dinamiche che viviamo in Ticino, magari in forme e tempi diversi,  sono le stesse che accadono a livello svizzero ed europeo. Anche solo per questa ragione è importante che nella nostra riflessione riusciamo ad avere uno sguardo e dei riflessi internazionalisti.

Torno sulla crisi profonda con la quale sono confrontate le forze che storicamente sono state espressione del movimento operaio.  Questa crisi coinvolge più livelli.

Vi è sicuramente una crisi di progetto politico. Cosa vogliamo? Quali ideali vogliamo avere? Dove vogliamo andare? Detto in altre parole quale è il nostro modello di società? Vogliamo curare i mali che la società capitalista produce, avere l’illusione di migliorare un pochino questa società basata sul profitto, sugli interessi di pochi a scapito di molti, o vogliamo pensare, costruire, lottare per una nuova società, basata sulla soddisfazione degli interessi di chi vive del proprio lavoro, sull’autorganizzazione sulla difesa dell’eco-sistema.

(…)

Vi è inoltre una crisi sul soggetto sociale che può farsi interprete, portatore di questi nostri ideali. A chi ci vogliamo rivolgere? A chi vive del proprio lavoro? E ancora all’interno dei salariati quale può essere il settore che può capire ed essere il miglior attore  della costruzione di una nuova società? Per anni nel nostro cantone la spina dorsale del movimento operaio furono i dipendenti delle ex regie federali, ferrovieri, postini; i docenti, il personale dell’amministrazione cantonale. Ora a chi ci vogliamo rivolgere? A mio avviso l’esperienza del 2008, lo sciopero vittorioso dell’Officina ha dimostrato che i lavoratori dell’Officina sono una componente di questo soggetto sociale. Solo una  componente però! Quali altri settori di salariali potrebbero altresì essere i portatori di  un progetto di società nuova?

Da ultimo siamo confrontati con una forte crisi delle forme organizzative del movimento operaio. Dobbiamo far in modo di stimolare in ogni occasione l’autorganizzazione dei salariati. Dobbiamo assolutamente interrompere sui posti di lavoro, nelle istituzioni, nella società,  la delega. Dobbiamo far in modo di stimolare la partecipazione diretta, nelle forme e nei modi da loro scelti, delle diverse componenti del lavoro e delle classi subalterne. Una partecipazione diretta democratica, pluralista ed unitaria. Ancora una volta il mio pensiero va all’esperienza dell’Officina.

 

Fatta questa premessa, questa radiografia cruda ma purtroppo reale della situazione nella quale ci troviamo credo di poter affermare con molta sicurezza che la sola soluzione ai nostri problemi di società rimane il movimento operaio. Come più volte accaduto nella storia, e gli esempi recenti delle rivoluzioni tunisine ed egiziane ne sono l’ennesima conferma, la sola reale forza di progresso sociale della società è il movimento operaio e le sue componenti. Rimanendo nel nostro piccolo canton Ticino ripenso nuovamente all’esperienza vittoriosa della mobilitazione a difesa dell’Officina FFS di Bellinzona. Esperienza a cui tutti voi, individualmente e collettivamente, avete dato un contributo importante, negli anni precedenti e durante lo sciopero.

 

Questa lotta vittoriosa, portata avanti con tenacia e determinazione in modo pluralista, democratico e partecipativo dai lavoratori aveva ed ha in se tutte le risposte alla crisi di progetto del movimento operaio citato in apertura del mio intervento. Essa ha inoltre dimostrato che il movimento operaio può essere vincente ed essere forza egemone nella società. Forse è giunto il tempo che anche in Ticino, nella sinistra politica e sindacale si inizi a trarre degli insegnamenti di questa bellissima esperienza.

 

Da parte mia e per l’ organizzazione politica che rappresento, MPS,  è pacifico che il movimento operaio può essere, può tornare, deve tornare ad essere una forza egemone della società ed essere strumento di cambiamento sociale, di progresso sociale.

Lo può essere a livello internazionale e anche nel Canton Ticino. Dobbiamo però, umilmente, essere in grado di aprire un dibattito e rivedere alcune scelte fatte della maggioranza del movimento operaio che ci hanno allontanato da ampi settori di salariati.

E penso qui alla scelta di sostenere gli accordi bilaterali senza capire che essi, nel nostro contesto e visti i rapporti di forza sfavorevoli, sarebbero stati utilizzati dal padronato per accentuare la deregolamentazione del mondo del lavoro.  Penso altresì all’importanza di sviluppare e difendere un forte servizio pubblico in tutte le sue espressioni (socialità, scuola, anziani, ecc) con un forte controllo democratico e popolare. Senza dimenticare la necessità di uno sviluppo industriale pubblico da sviluppare attorno alle Officine FFS di Bellinzona. E per terminare la necessità di favorire l’autorganizzazione dei salariati e dei cittadini, in contrapposizione alla delega e allo sviluppo piccoli e grandi  apparati burocratici.

 

In quest’ottica ‘invito tutte le militanti e tutti i militanti della sinistra del Bellinzonese a voler contribuire ad un dibattito di fondo sulle nostre prospettive. E’ qui nel Bellinzonese che nel corso dell’ultimo decennio si è riusciti a sviluppare le resistenze più importanti all’attacco del padronato. Resistenza portata avanti e sviluppata da militanti provenienti del movimento operaio. Penso in particolare alla lotta contro la privatizzazione dell’azienda elettrica di Bellinzona, alle lotte sindacali nel settore edile e della vendita, alle lotte per la difesa della posta, alle diverse iniziative e referendum contro lo smantellamento del servizio pubblico e penso evidentemente alla lotta dei lavoratori dell’Officina FFS. D’altra parte è qui che il Partito Socialista e la lista MPS-PC è riuscita a perdere meno terreno alle ultime elezioni cantonali.

Assumiamo questa nostra responsabilità e apriamo un dibattito nel movimento operaio del Canton Ticino, in un’ ottica internazionalista e di classe. (…)

 

* Solidarietà ha invitato una seri di compagni/e appartenenti a diversi ambiti politici ad intervenire nell’ambito di un dibattito sulla situazione politica. Pensiamo che questo testo , per certi aspetti, possa rappresentare un contributo all’apertura di tale dibattito.