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Non è ancora iniziata la discussione sulla nuova legge di apertura dei negozi che già si vedono le conseguenze di un clima teso verso un ulteriore processo di liberalizzazione.

 

Qualsiasi osservatore un poco attento non può non aver notato come, in passato, raramente nella prima metà dell’anno abbiamo assistito a così tante aperture straordinarie domenicali e festive. Certo, per San Giuseppe i negozi sono rimasti chiusi (come d’altronde avvenuto anche in passato); ma, in compenso, tra emozioni Ticino, ricorrenze di ventesimi-trentesimi di inaugurazione di centri commerciali, eventi sportivi speciali, giornate elettorali, ecc. non vi è stato mese in cui  non abbiamo avuto diritto all’apertura di uno o più grandi centri commerciali.

 

Il centro Ovale

 

Al centro delle attuali discussioni, e banco di prova per il futuro, vi è sicuramente il futuro del centro Ovale di Chiasso, centro commerciale costruito con la prospettiva di ripetere l’operazione FoxTown con le aperture domenicali permanenti.

La discussione non è ancora conclusa: ma, vista l’evoluzione nel settore e gli orientamenti politici dominanti, appare difficile che il Cantone non conceda l’autorizzazione definitiva per le aperture domenicali; d’altronde la fattispecie di questo centro (come di altri nella regione) è identica a quella del FoxTown. Non si capisce per quale ragione le autorità dovrebbero cambiare orientamento.

Né appare realistico (anche se, è evidente, si deve fare pressione in questo senso) sperare in un “baratto” tra apertura domenicale e migliore regolamentazione delle condizioni di lavoro, in particolare attraverso la stipulazione di un contratto collettivo di lavoro (CCL) valido per tutti i lavoratori e le lavoratrici impiegati presso i negozi attivi nel centro.

I promotori hanno infatti già comunicato la loro contrarietà a questa ipotesi di obbligatorietà generale di un contratto di lavoro; è probabile che  si andrà verso la stipulazione di un CCL che però avrà validità solo per quelle aziende e quei negozi che vi aderiranno.

 

La “sconfitta  vittoriosa” del Fox Town

 

Vale la pena, a questo proposito, aprire una parentesi sul “modello FoxTown”, spesso richiamato in questi ultimi mesi, sia a proposito della vicenda del centro Ovale di Chiasso, sia in occasione del 15° anniversario dell’apertura del centro commerciale di Mendrisio.

Del Fox Town viene spesso richiamato l’accordo concluso all’epoca tra organizzazioni sindacali e promotori del progetto; nella ricostruzione ricorrente esso avvenne sulla base di uno “scambio” tra il promotore del progetto (Tarchini) e le organizzazioni sindacali, in particolare l’allora Sindacato Edilizia & Industria (SEI).

Il sindacato avrebbe accettato l’idea delle aperture aperture domenicali permanenti, ottenendo quale contropartita la stipulazione di un contratto collettivo di lavoro valido per tutti i dipendenti presenti e futuri del Fox Town: infatti ogni nuovo negozio avrebbe dovuto, per potersi installare all’interno del Fox Town, aderire al contratto  collettivo di lavoro.

Le cose sono andate assai diversamente. Tarchini aveva stipulato, ancora prima ottenere l’autorizzazione per le aperture domenicali (in una prima fase il FoxTown funzionò, in attesa dell’autorizzazione,  con normali orari di apertura), contratti individuali con i dipendenti assunti attraverso i quali questi ultimi si impegnavano a lavorare di domenica.

Il cantone diede poi l’autorizzazione alle aperture domenicali permanenti modificando il regolamento di applicazione della legge cantonale e chiudendo in questo modo la porta a qualsiasi azione referendaria.

Restava la via di un ricorso, ma il SEI valutò allora (correttamente) che non vi era spazio per vincerlo (la conferma di questa esatta valutazione venne pochi mesi dopo quando due ricorsi, patrocinati dalla FCTA – il fantasmatico sindacato ufficiale del settore – vennero respinti).

Sulla base di quella valutazione giuridica, chiusa ogni via  referendaria e di fronte all’impegno già assunto da parte dei lavoratori per il lavoro domenicale, il SEI non poteva che considerare la situazione venutasi a creare come una sconfitta, un grave passo indietro contro il quale non era in grado di costruire un movimento di opposizione.

Si decise allora di tentare di utilizzare gli spazi ancora aperti, malgrado la sconfitta sulla questione di fondo, per cercare di conquistare elementi favorevoli ai salariati.

La prospettiva,comunque, di una “guerriglia giuridica” (ricorsi di prima e seconda istanza che avrebbero bloccato per diversi mesi la possibilità di apertura domenicale) fu l’elemento che, alla fine, riuscì a esercitare la giusta pressione su Tarchini per concludere un accordo e stipulare un contratto che, in particolare, garantiva quel meccanismo,evocato proprio in queste ultime settimane a proposito del Centro Ovale di Chiasso, per cui ogni negozio del centro veniva automaticamente sottoposto al CCL.

La vicenda FoxTown fu quindi,  nella misura in cui apriva la via alle aperture domenicali permanenti, una sconfitta per il movimento sindacale e per i salariati. Gli sviluppi di questi anni e quelli ai quali stiamo accennando ne sono la conferma.

Ma fu anche il tentativo, riuscito, di trasformare quella sconfitta in un parziale successo per la difesa futura delle condizioni di lavoro e di salario in un grande centro commerciale che, oggi, occupa quasi un migliaio di dipendenti.

 

E adesso?

 

Come detto pensiamo sia difficile ottenere il “modello FoxTown” anche per il centro Ovale di Chiasso (o per gli altri centri commerciali che, come il Serfontana, pensano di seguirne l’esempio). Precondizione per qualsiasi risultato positivo, ovviamente,  appare comunque la conduzione di una campagna di pressione pubblica, come quella iniziata da un comitato interpartitico creatosi a Chiasso nelle ultime settimane.

Ma accanto a questa lodevole iniziativa andrebbe sviluppata un’iniziativa     di mobilitazione delle organizzazioni sindacali. Un’iniziativa che non può certo limitarsi alle semplici esternazioni giornalistiche o ai comunicati che, come noto, non fanno paura proprio a nessuno; ancora meno a padroni che hanno investito milioni di franchi e che vogliono remunerare adeguatamente il proprio investimento.                

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