Chi pensava che il dumping salariale fosse un fenomeno legato solo alla presenza di un grande serbatoio di manodopera estera (nel nostro caso frontaliera) si sbaglia di grosso. La tendenza a spingere i salari verso il basso e a ricostruire i livelli salariali è un fenomeno che vivono oggi molte società capitalistiche avanzate, indipendentemente dalla presenza di una “frontiera” vicina.
L’elemento che accomuna tutte queste società nelle quali si afferma il dumping salariale è la riorganizzazione del mercato del lavoro sulla base dell’emergenza di una disoccupazione maggiore rispetto al passato, il venir meno di meccanismi di regolamentazione, la volontà padronale di difendere ed aumentare la redditività del capitale investito.
Il progetto delle FFS…
È proprio in questa direzione che si muovono ormai da tempo le FFS. Non è certo estraneo a questa prospettiva, acceleratasi negli ultimi due anni, la nomina a presidente del Consiglio di amministrazione delle FFS di Adolf Gygi, a lungo capo indiscusso della Posta e vero “artefice” della ristrutturazione verso il mercato del gigante giallo. Con la diminuzione di posti di lavoro, il peggioramento delle prestazioni, il peggioramento dei livelli salariali e delle condizioni di lavoro che tutti i dipendenti della Posta conoscono.
Qui le FFS, in occasione del rinnovo del Contratto Collettivo di Lavoro (CCL) in scadenza a fine 2010, hanno sferrato una vera offensiva sulla questione salariale con due obiettivi fondamentali. Da un lato bloccare i costi salariali per i dipendenti alle dipendenze da tempo e sulla base del vecchio sistema salariale; dall’altro introdurre un nuovo sistema salariale che permettesse salari d’entrata più bassi e una remunerazione di tutto il personale sulla base di criteri di valutazione aziendali (il cosiddetto salario al merito). Il tutto, a conti fatti, deve permettere, nel giro di pochi anni , in particolare sfruttando la rotazione del personale, di diminuire in modo significativo i costi salariali e ottenere una redditività del capitale paragonabile a quella di altre aziende europee del settore.
È da questa prospettiva che è nato TOCO, il nuovo sistema salariale, interamente concepito dalle FFS, e diventato, per accettazione acritica delle direzioni sindacali, il modello attorno al quale tutta la trattativa è ruotata fin dall’inizio.
…e l’assenza di una proposta sindacale
Le organizzazioni sindacali si sono accontentate di ottenere un primo risultato, considerato, non si sa bene su quale base, un “successo”: le trattative avrebbero lasciato intatto il vecchio CCL limitandosi a discutere “solo”(?) del nuovo sistema salariale.
Una scelta che si rivelerà subito gravida di conseguenze per almeno tre motivi.
Il primo è che le direzioni sindacali vanno a questa trattativa senza nessuna proposta di modello salariale, né tantomeno di proposte dettagliate da mettere sul piatto delle trattative.
Il secondo è che di questo tema non vi sarà nessuna discussione con i salariati delle FFS (quelli che le direzioni sindacali affermano di “rappresentare”) per coglierne l’umore, le proposte, le speranze.
Il terzo è che da ormai qualche anno, complice il precedente sistema salariale, i mancati adeguamenti e le misure di risanamento della cassa pensione, i salariate delle FFS vedono i loro salari reali diminuire sistematicamente, accumulando un ritardo – negli ultimi cinque anni – che si può valutare tra il 5 e il 10%. Solo questo ultimo punto sarebbe stato sufficiente ad indicare che non si poteva iniziare una trattativa su un nuovo sistema salariale senza “sanare” in qualche modo questa perdita.
Ed invece, praticamente subito, le direzioni sindacali accettano di intavolare la discussione prendendo come base il sistema salariale TOCO, concepito dalle FFS, come abbiamo detto, con il solo scopo di ridurre in prospettiva i costi salariali.
Verso una sconfitta, senza reali garanzie
Il negoziato, dopo scaramucce più apparenti che reali al tavolo delle trattative, arriva abbastanza in fretta all’esito finale, senza che le FFS concedessero nella sostanza molto: l’essenziale del loro sistema salariale viene così accettato dalle direzioni sindacali.
Per arrivare a questo le direzioni sindacali procedono su tre piani. Da un lato limitando al minimo il coinvolgimento dei lavoratori durante le trattative. E pour cause! Infatti le poche assemblee che vengono convocate e nelle quali viene illustrato a grandi linee il nuovo modello chiedono in modo esplicito (lo testimoniano i resoconti delle stessa stampa sindacale) di rinviare al mittente l’intero progetto e di aprire nuovi negoziati su altre basi.
Dall’altro FFS e direzioni sindacali si accordano per concedere la cosiddetta “garanzia salariale”, cioè la garanzia che i salari effettivamente percepiti dagli attuali dipendenti al servizio delle FFS non sarebbe diminuiti nemmeno se, sulla base delle nuove classificazioni, essi si fossero trovati a guadagna di più di quanto previsto dal massimo della nuova classe salariale.
Infine, terzo elemento della strategia sindacale, la negoziazione di un trattamento di favore per i macchinisti che vengono inseriti in alcune delle nuove categorie salariali ma sulla base di livelli salariali, a parità di categoria, superiori rispetto a tutti gli altri lavoratori delle FFS
La grande “vittoria” sulle “garanzie salariali, la divisione dei macchinisti,, limitazione del dibattito ed il consueto “filtro” burocratico nella scelta dei delegati, sono gli ingredienti che convincono i delegati sindacali ad accettare il nuovo sistema salariale.
La dura realtà
Alla prova pratica il sistema si rivela ben peggiore di quanto ci si poteva aspettare sulla base delle previsioni più pessimistiche. In particolare la cosiddetta “garanzia salariale” investe quasi la metà dei dipendenti delle FFS (un esempio significativo: tra il personale produttivo delle Officine, circa il 70% del personale è oggetto della “garanzia salariale”). Questo significa che, perlomeno fino al 2014, questi lavoratori, pur avendo un salario superiore al massimo previsto dalla loro nuova classe salariale, non si vedranno decurtare il salario. Ma significa pure che questa differenza dovrà essere in qualche modo colmata. Una differenza, come si può notare dalla tabella pubblicata in questa stessa pagina, che riguarda principalmente le classi salariali più basse che si vedono di fatto bloccati i salari, mentre per le classi superiori il nuovo sistema prevede una possibile “carriera salariale” Uno dei meccanismi previsti è quello di concedere solo metà dei futuri adeguamenti salariali fino al recupero di questa parte esuberante. A meno che, malgrado le assicurazioni oggi date, le FFS non decidano al prossimo rinnovo contrattuale di rimangiarsi la “garanzia salariale”, per cui molti lavoratori dovrebbero immediatamente passare alla cassa…
Salari minimi sotto i 4’000 franchi
Il nuovo sistema salariale prevede anche dei salari di base, che di fatto sono dei salari di assunzione. La tabella di questa pagina mostra le differenze tra i salari minimi del vecchio sistema e quelli nuovi. Significativo, anche qui, il fatto che i minimi salariali siano, in particolare per le classi verso il basso, i diverse migliaia di franchi all’anno più bassi.
Ma c’è di più. Come si può constatare per le classi più basse questi salari sono al di sotto dei 52’000 franchi annui (cioè dei 4’000 franchi mensili), l’obiettivo sbandierato dalle organizzazioni sindacali ed oggetto di un’iniziativa per la quale si raccolgono firme. Proprio un bello spettacolo, non c’è che dire!
E ora?
La situazione, di fronte ad un contratto firmato, ad un crescente senso di frustrazione e rabbia tra i lavoratori (tra di loro divisi come detto), è senza dubbio difficile.
Quel che bisogna prima di tutto fare è denunciare questa situazione, cercando di promuovere riunioni sui luoghi di lavoro; occasioni per discutere, scambiarsi informazioni, fare il punto sulla questione e vedere quali possibili azioni, individuali e collettive, siano possibili per contrastare questo nuovo sistema salariale che rappresenta un vero e proprio atto di dumping salariale e sociale.