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Poco prima dell’applicazione della riforma della LADI (Legge sull’assicurazione contro la disoccupazione), entrata in vigore il 1° aprile 2011 e che ha comportato una cospicua diminuzione del diritto alle indennità per moltissimi disoccupati/e, il governo ticinese aveva varato una serie di misure, tramite una modifica della L-rilocc, la legge che, tra le altre cose, regola gli aiuti per favorire la rimessa al lavoro dei disoccupati.

Le misure previste, lo ricordiamo, sono palesemente inutili (cfr. articolo di Sofia Ferrari Assicurazione disoccupazione… dopo le bastonate, arrivano i cerotti) per risolvere il problema sociale che colpisce migliaia di persone in tutta la Svizzera e particolarmente in Ticino.

In particolare il governo ha creato i presupposti per permettere di usufruire di alcuni “servizi” a disposizione di chi ha diritto alle indennità di disoccupazione anche a chi ha ormai esaurito tale diritto.

Tra queste annoveriamo la formazione per persone alla ricerca di lavoro. Questa è simile a una “scuola di disoccupazione”. Non si tratta di rafforzare competenze professionali scarse o di renderle più attuali; parliamo di strutture in cui si impara ad essere bravi disoccupati, che sanno cercare un lavoro sempre meno accessibile nel modo richiesto dal mercato.

Avevamo già detto che le misure in questione, pur aiutando (sempre meno, a dire il vero) individualmente le persone che ne erano coinvolte, non avrebbero migliorato la situazione generale, in assenza d’interventi strutturali e diretti di creazione di posti di lavoro da parte dell’ente pubblico.

Un’altra misura propagandata come utile aiuto agli “ex-disoccupati” ormai in assistenza è la possibilità di seguire uno stage. Avevamo già spiegato come questa misura rischiasse, nella maggior parte dei casi, di trasformarsi in un regalo per le aziende, che avrebbero potuto contare su “aiuti temporanei non pagati” anche per durate di diversi mesi, senza obbligo di assunzione. Come tramite Adecco, ma gratis!

Oltre a ciò, era già allora evidente quello che adesso è realtà: la paura di subire l’umiliazione dell’assistenza, per un gran numero di salariati/e avrebbe comportato un’accettazione di qualunque lavoro a qualunque condizione.

Ovviamente, una cosa appariva fin da subito chiara: in assenza del rischio di una sanzione, nessuno o quasi avrebbe accettato di partecipare alle misure proposte, che appaiono, nel migliore dei casi come poco utili, nel peggiore come vere e proprie punizioni che si sommano alla mancanza di un lavoro salariato.

Chi ha diritto alle indennità di disoccupazione, se rifiuta una misura attiva del mercato del lavoro (stage, prova di lavoro non pagata in vista di eventuale assunzione, programma occupazionale, ecc.) deve avere una motivazione molto solida, che in genere è quasi impossibile avere o dimostrare, pena una sanzione che può comportare la perdita di numerose indennità giornaliere. Questo può avere conseguenze molto pesanti su bilanci famigliari già compromessi dall’assenza di lavoro.

Chi percepisce i soldi dall’assistenza, non ha mai corso questo rischio. In pratica la partecipazione a tali misure proposte, rimane facoltativa. Sempre ammesso che le persone rimangano iscritte in disoccupazione, cosa che, vista l’inutilità dell’attività dei Consulenti del personale URC (i cosiddetti collocatori, che in realtà, a causa dei regolamenti ai quali devono attenersi non collocano nessuno, né tanto meno sono in grado di offrire una consulenza), avviene molto di rado.

Ecco che, puntuale come sempre, arriva la “provocazione” leghista, per mano del solito Lorenzo Quadri, che avrà sicuramente un seguito anche tra le fila degli altri partiti, visto il contesto di attacco alle classi popolari che caratterizza tutta Europa.

Egli propone, attraverso un’interrogazione al governo, di creare un sistema di sanzioni per chi è in assistenza. In pratica si tratterebbe di sospendere le rendite di assistenza per tutti coloro che fossero colti in flagrante “reato” di rifiutare un lavoro poco conveniente o, peggio, uno stage o qualunque altra misura proposta per “riattivare” la persona.

Si tratta di un ennesimo attacco alle condizioni, non solo di chi si trova già nella situazione di difficoltà, ma anche di chi lavora ed è messo in concorrenza sempre più spietata con un importante “esercito di senza-lavoro” con statuti diversi, obbligati ad accettare lavori a qualunque condizione, mal pagati o peggio, quando assumono la forma di stage o prove lavoro, gratuiti.

Non c’è che dire, la Lega, che si ammanta dell’immagine di partito popolare, continua a condurre la sua guerra contro i poveri, infischiandosene di risolvere invece il problema della povertà che attanaglia migliaia di famiglie in Ticino.

Rifiutiamo fin d’ora una tale impostazione per risolvere il problema dell’esclusione dal mondo del lavoro, che fa solo gli interessi di un capitale sempre meno disposto a pagare la sua parte per i servizi che rende necessari tramite la sua gestione scellerata, a scapito della classe salariata, sia essa attiva o esclusa, più o meno temporaneamente, dal lavoro.

In realtà dobbiamo andare nella direzione opposta, non facendo pressione sui salari e le condizioni di vita delle classi popolari, per rimetterle al lavoro a condizioni sempre più indegne, bensì migliorando le condizioni di vita e lavoro di tutti: aumentando i salari e diminuendo le ore di lavoro di tutti/e a parità di salario.

In sostanza, signor Quadri, vorremmo fare collettivamente quello che lei fa privatamente: lavorare di meno (ma per lavorare tutti) e guadagnare di più! Senza però doverci vergognare alla fine del mese.