Circa un anno fa (ottobre 2010), in concomitanza con la decisione del Parlamento cantonale di allinearsi alla decisione di BancaStato di procedere all’acquisizione della filiale svizzera della banca Unicredit (oggi divenuta Axion Swiss Bank), abbiamo pubblicato l’articolo che segue.Lo riproponiamo ai nostri lettori non solo alla luce delle vicende delle ultime settimane, ma in prospettiva di quanto succederà nel prossimo periodo. Come noto, sostanzialmente a seguito di questa operazione, BancaStato chiede ora al Cantone di procedere ad un aumento di capitale (della bellezza di 130 milioni). Come dire: i nodi vengono sempre al pettine… (Red).
È finita come ci si poteva aspettare la “riforma” della Legge su BancaStato con la quale il governo (ormai due anni fa) aveva proposto una serie di modifiche che avrebbero dovuto permettere alla Banca cantonale di affrontare in tutta legalità e tranquillità l’avventura nel settore delle gestione patrimoniale (il cosiddetto private banking), ormai diventata la “nuova frontiera” di Pelli, Barbuscia e compari.
Come noto la proposta di modificare la legge per permettere alla banca cantonale di avventurarsi in un settore difficile e presentato come privo di rischi (perderebbe solo il cliente ci si dice…) è venuta dal Consiglio di Stato un paio di anni fa con l’obiettivo di minimizzare i rischi legati all’acquisizione di un altro istituto di credito. Rischi in particolare legati ad una eventuale estensione della garanzia che lo Stato offre alle attività di BancaStato.
La crisi finanziaria ed economica degli ultimi due anni aveva bloccato il messaggio: PPD, social-liberali e altri ancora avevano sostenuto che il nuovo orientamento di BancaStato non sembrava opportuno vista l’evoluzione della situazione. Così il tutto si era fermato fino al vero e proprio “colpo di mano” di Pelli e Barbuscia che, poche settimane fa, annunciavano l’acquisizione, attraverso una holding controllata maggioritariamente da BancaStato, della filiale svizzera di Unicredit (la banca italiana al centro, sempre nelle scorse settimane, di cambiamenti di assetto dirigenziale e di polemiche per il ruolo in essa assunto dai capitali libici). Un vero e proprio “golpe” nei confronti di governo e Parlamento che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo a questo punto) rappresentare la “proprietà” di BancaStato
Uno il coraggio non se lo può dare…
Davanti a questa vera e propria operazione di pirateria, la maggioranza del Parlamento ha scelto la via di un furbesca connivenza, mostrando, qualora fosse ancora necessario, non solo quali orientamenti oggi prevalgono, ma che i coraggiosi non stanno proprio sui banchi del legislativo cantonale. Così si è deciso di modificare solo una parte degli articoli proposti dal governo, tralasciando quelli che avevano bloccato i lavori per molto tempo.
In cosa consiste il problema? Ce lo spiegano Giovanni Merlini e Giovanni Jelmini, relatori del rapporto aggiuntivo approvato dal Gran Consiglio:”Orbene, la proposta di modifica dell’art. 14 LBCT con la formulazione del nuovo cpv. 1 suscita ancora perplessità in buona parte dei commissari anche dopo il perfezionamento dell’accordo di acquisto oggetto della summenzionata lettera informativa della Banca; un’adesione alla modifica equivarrebbe sostanzialmente alla ratifica da parte del Gran Consiglio di una decisione di cui esso non intende assumersi la responsabilità politica, la decisione di acquisto rientrando nelle opzioni strategiche autonome della Banca che già l’attuale art. 14 LBCT consente“. Un modo elegante per dire: se le cose vanno a finire male saranno affari di BancaStato.
La proposta che la maggioranza del Parlamento non ha avuto il coraggio nemmeno di votare recitava così: “La Banca può assumere partecipazioni sia a carattere d’investimento sia permanenti ad imprese private svizzere o estere se ritenute d’interesse per l’economia cantonale o per la Banca stessa“. E subito si capisce come il ragionamento di Jelmini e Merlini sia non solo assurdo, ma politicamente colpevole. Per quale ragione il Parlamento non dovrebbe esprimersi su un atto di un istituto che le appartiene e che decide di compiere un investimento nell’interesse dell’economia cantonale (oltre che della banca)? Forse che al Parlamento lo sviluppo dell’economia del Cantone o della Banca di sua proprietà non interessa?
In realtà non si è voluto scontrarsi con la decisione di BancaStato di acquisire Banca UniCredit (Suisse) Bank SA (USB), accettando di fatto il diktat di Pelli e mostrando quanto poco o nulla lo Stato conti nelle decisioni di BancaStato (altro che controllo sul mandato pubblico…)
Tempismo perfetto
Varrà la pena ricordarsi di questo giorno in cui il Parlamento ha lasciato di fatto mano libera a BancaStato nel suo progetto di proiettarsi verso un settore come quello del private banking, difficile e saturo, non scevro da grandi rischi con i quali la piazza finanziaria ticinese è confrontata quotidianamente.
Sì, perché proprio in questo stesso 20 ottobre, Pricewaterhouse Cooper (l’azienda di consulenza per la quale ha lavorato il ministro delle finanze Laura Sadis prima di essere eletta), pubblicava un rapporto nel quale, in sintesi si affermavano tre cose.
La prima, che le attività nel settore della gestione patrimoniale hanno subito, a partire dal 2006, una forte contrazione dei margini operativi: in altre parole le banche impegnate in questo settore guadagnano molto meno; la seconda, che questi margini operativi ridotti spingeranno inevitabilmente a concentrazioni e alla scomparsa degli istituti di taglia più piccola. Su questi ultimi graveranno soprattutto gli aumenti dei costi necessari a rispettare le nuove normative (si parla dell’ordine del 30%); infine, che la piccola taglia di alcuni istituti non permetterà loro di approfittare dello sviluppo di queste attività in alcuni settori (i mercati emergenti) proprio a causa delle loro dimensioni.
D’altronde queste considerazioni di Pricewaterhouse Cooper non sono per nulla nuove: il Credit Suisse, in uno studio dello stesso genere pubblicato un paio di mesi fa, arrivava alle stesse conclusioni quanto alle prospettive del settore nel nostro paese.
Ora, tutto questo non significa che non sia possibile, in astratto, riuscire in questo settore. Ma ci vogliono capacità, conoscenza e determinazione che in questi ultimi anni la dirigenza di BancaStato non ha certamente mostrato. Lo abbiamo ricordato a più riprese proprio su questo giornale.
Nessun pericolo?
Il Parlamento ha per contro insistito, con una modifica di legge e con diversi interventi, sul fatto che la garanzia dello Stato non può in nessun caso essere estesa alle società partecipate da BancaStato. Questo metterebbe il cantone al riparo dai rischi connessi ad operazioni come quella che sta per intraprendere BancaStato con l’acquisizione di Banca UniCredit (Suisse) Bank SA (USB).
Anche in questo caso vi sono due aspetti ed entrambi problematici. Il primo è quello prettamente giuridico. Malgrado la sicurezza esibita la questione è tutt’altro che chiara. E uno dei maggiori esperti interpellati da governo non esclude che questa responsabilità possa comunque ricadere sullo Stato in caso di problemi con una controllata di BancaStato. Lo stesso rapporto di Merlini e Jelmini è costretto ad ammettere che “benché lo stesso prof. Von der Crone riconosca che anche con questa specificazione non si può escludere completamente il rischio che BancaStato possa essere chiamata a rispondere per gli impegni della società affiliata, sopportando la responsabilità per gli amministratori che ha designato (Haftung für entsandte Organe), quale organo di fatto (faktisches Organ) o anche solo per la responsabilità fondata sulla fiducia (Vertrauenshaftung)“.
Il secondo problema è di ordine pratico. Per quale ragione un cliente, italiano o russo, che vuole far gestire parte del proprio patrimonio in Ticino dovrebbe rivolgersi ad una società controllata da BancaStato piuttosto che alle numerose, esperte e (spesso anche compiacenti) banche esistenti da tempo sulla piazza finanziaria ticinese?
Risposta semplice: l’istituto controllato da BancaStato potrà sempre vantare (non certo esplicitamente o direttamente) la propria filiazione con una banca che può contare sulla garanzia della repubblica e cantone del Ticino. Con i tempi che corrono (e che correranno ancora) non è per nulla un aspetto secondario.