Pubblichiamo il manifesto del comitato d’azione contro il dumping salariale e sociale presentato nei giorni scorsi (Red)
Manifesto del comitato d’azione contro il dumping salariale e sociale
Il fenomeno del dumping salariale e sociale (con questa espressione si indicano politiche che tendono a spingere verso il basso i salari e a peggiorare le condizioni di lavoro) è in atto ormai da alcuni anni e riguarda tutti i paesi capitalistici. La tendenza a diminuire i salari, ad aumentare gli orari di lavoro, l’intensità e lo sfruttamento sui luoghi di lavoro hanno come obiettivo il mantenimento e l’incremento della redditività del capitale.
È in questa tendenza generale che si devono inserire i processi di liberalizzazione in atto in Europa che tendono, da alcuni anni, a mettere in concorrenza i lavoratori dei diversi paesi con l’obiettivo di armonizzare verso il basso condizioni salariali e di lavoro, nonché prestazioni sociali e previdenziali. Rientra in questa medesima prospettiva la rimessa in discussione dei meccanismi nazionali di regolamentazione delle condizioni di lavoro per adattarli a regolamentazioni minime europee fondate su standard estremamente bassi.
La conclusione degli accordi bilaterali tra UE e Svizzera, ed in particolare quelli relativi alla libera circolazione delle persone, ha permesso alla stragrande maggioranza del padronato svizzero di inserirsi in questo processo di liberalizzazione in atto a livello europeo, mantenendo i vantaggi competitivi (come, ad esempio, una quasi totale assenza nel nostro paese di una legislazione sul lavoro) e approfittando degli ulteriori processi di liberalizzazione.
Per noi la libera circolazione è un diritto soggettivo che ogni essere umano deve avere: il diritto a muoversi liberamente sul territorio, a cambiare lavoro, a farsi raggiungere dai propri familiari. Si tratta di un diritto fondamentale che, tuttavia e per essere realmente tale, deve poter contare anche su condizioni sociali ed economiche (da codificare in altrettanti diritti) che permettano di concretizzarlo. Gli accordi bilaterali in realtà non hanno posto le premesse per concretizzare questo diritto, per trasformarlo in un diritto socialmente ed economicamente ancorato nella realtà sociale del paese.
Tra le condizioni quadro fondamentali e necessarie per evitare che il principio della libera circolazione non si trasformi nel principio del libero ad assoluto diritto del padronato a sfruttare i lavoratori e a imporre a tutti i salariati condizioni di salario e di lavoro sempre peggiori, vanno menzionati:
– la fissazione di un salario minimo legale di almeno 4’000 franchi (per 13 mesi e sulla base di un orario di lavoro di 40 ore settimanali)
– il rafforzamento dei diritti dei salariati sui luoghi di lavoro (diritti sindacali, diritti di riunione e di organizzazione, ecc.)
– disposizioni di legge che facilitino la stipulazione e l’estensione dei contratti collettivi di lavoro
Al contrario, attraverso la stipulazione degli accordi bilaterali, ed in particolare quello relativo alla libera circolazione, si è di fatto proceduto ad una ulteriore deregolamentazione e liberalizzazione del mercato del lavoro, già storicamente poco o per nulla sottoposto a regolamentazioni. Sia nei settori sottoposti a contratti collettivi di lavoro (una netta minoranza) sia nei settori dove non vi è alcuna contrattazione collettiva, si sono aboliti quei meccanismi di controllo minimi, al momento dell’assegnazione dei permessi di lavoro, che permettevano di esercitare un certo filtro e di tenere sotto controllo, seppur in misura non soddisfacente, l’evoluzione salariale, limitando un certa discesa verso il basso.
In questo contesto va preso atto in modo netto che le cosiddette misure di accompagnamento previste per far fronte al dumping salariale e sociale si sono rivelate totalmente inefficaci.
Di fronte a tutto questo è necessario agire. Il comitato d’azione contro il dumping salariale e sociale vuole operare su due terreni:
– su quello istituzionale, formulando proposte (a tutti i livelli) che possano in qualche modo rafforzare gli strumenti di controllo del mercato del lavoro, dei salari, delle condizioni di lavoro per far fronte a questa tendenza al ribasso
– su quello sociale, organizzando forme di mobilitazione, di protesta, di informazione che mostrino i processi in atto ed invitino i cittadini e le cittadine, i salariali e le salariate a muoversi contro la degradazione delle condizioni di salario, di lavoro e di vita.