Non conosce tregua l’offensiva padronale sugli orari di apertura dei negozi. Un’offensiva sostenuta da buona parte della classe politica, dai giornali (tra i quali si distingue il Caffè, al servizio della grande distribuzione – la DISTI), dallo stesso governo che, con il suo progetto di nuova legge, ha di fatto rilanciato l’offensiva.
Così, dopo la proposta di nuova legge – che apre significativamente delle brecce in alcuni settori importanti della vendita – sono poi venute le diverse autorizzazioni speciali: da quella per il nuovo centro Polaris a quelle per i vari “eventi” che la grande distribuzione si inventa pur di tenere aperto domeniche e festivi (emozioni Ticino, anniversari dei diversi grandi magazzini, ecc.). Ora, ultima in ordine di tempo, la proposta di applicare anche al periodo invernale gli orari di chiusura estivi del sabato (18.30).
Non vi sono dubbi che su questo terreno sia in atto una vera e propria offensiva, facilitata dal contesto economico e monetario: il cosiddetto “franco forte” diventa pretesto non solo per aumentare il tempo di lavoro nelle industrie, ma per scardinare ulteriormente gli orari di apertura dei negozi.
Il ragionamento dei sostenitori della deregolamentazione è certo grezzo, ma non per questo meno pericoloso, soprattuto laddove sostengono che orari di apertura più lunghi renderebbe più attrattivi i negozi del Ticino e darebbero un contributo all’aumento delle vendite e, quindi, dell’occupazione.
Poco importante, naturalmente, che la prolungazione degli orari di apertura di per sé non comporti nessun aumento dei termini di scambio: negozi aperti più a lungo non permetteranno in nessun modo di aumentare il potere d’acquisto dei salari, né di chi abita in Ticino. né di chi viene da fuori.
Il risultato concreto dell’operazione sarà invece un peggioramento delle condizioni dei lavoratori del settore che saranno costretti a lavorare fino a tardi anche il sabato.
Una reazione che si fa attendere
Di fronte a questa vera e propria offensiva la capacità di risposta sindacale è apparsa, almeno finora, perlomeno fragile. Se escludiamo qualche comunicato (rari anche quelli), qualche minaccia di ricorso, qualche ricorso concreto, sul terreno l’azione sindacale sembra assente. Eppure questa proposta del sabato avrebbe tutte le caratteristiche per creare una giusta indignazione tra i dipendenti e potrebbe essere sicuramente un buon punto di partenza per cercare di costituire un reale movimento di opposizione.
L’impressione è che le direzioni sindacali oscillino tra proclami di principio e una voglia matta di concludere accordi, costi quel che costi (ad esempio “scambiando” concessione sugli orari di apertura con la sottoscrizione di un contratto collettivo per il settore.
Una situazione che di fatto porta alla paralisi e all’assenza manifesta di una risposta chiara e decisa sul terreno.