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Qui di seguito pubblichiamo l’intervento di Gianni Frizzo alla manifestazione contro il dumping del 15 ottobre 2011.

Oggi il motivo per essere in piazza dovrebbe essere chiarissimo: una ragione che dovrebbe andar ben oltre alle etichette partitiche, sindacali o di movimento o quant’altro possa essere usato come pretesto per non esserci…   L’indignazione per le ingiustizie che riscontriamo quotidianamente, e quando parlo di ingiustizia non significa esclusivamente quella che si subisce personalmente, ma che dovrebbe farci indignare e reagire maggiormente, è quella che va a colpire la parte più debole della società, ed è per questo che ho, ed abbiamo, sentito il dovere civico e morale d’essere presenti quest’oggi.

Qualcuno si chiederà poi cosa ci fa su questa gradinata , e a dire il vero me lo son chiesto anch’io, un dipendente operaio delle Officine FFS, uno dei tanti privilegiati – altro luogo comune sinonimo di divisione – poi riflettendoci con calma e superate queste barriere mentali, mi son chiesto: ma come stanno realmente le cose all’interno di questa area privilegiata qual è l’Officina di Bellinzona e in tutta l’azienda FFS e non solo? Beh!!! La risposta non mi ha sorpreso, a dire il vero sorprenderà piuttosto qualcuno che dall’esterno ci vede, e continua a vederci, come in un paradiso  terrestre, dove non esistono: le minacce di dislocazione delle attività, il precariato, il peggioramento delle condizioni di lavoro, le pressioni sul personale e, materia di protesta quest’oggi! la contrazione dei salari: e si perché il nuovo sistema salariale delle FFS prevede dei salari minimi ben inferiori ai 4’000.- rivendicati.

Per dirvi che in questo marasma ci siamo (salariate e salariati), chi più chi meno, dentro tutti quanti fino al collo, nessuno escluso … chi pensa di speculare sul tempo per starsene tranquillo ad aspettare che le cose si mettano a posto da sole, o che qualcun altro ci penserà a sistemarle, ha sbagliato di molto i suoi calcoli… in questa dinamica transfrontaliera, se non planetaria, se non ci muoviamo tutti compatti e solidali, puntualmente saranno chiamati alla cassa anche coloro che, per ora, sono stati risparmiati… Quanto accaduto alle OBe nel 2008 dovrebbe aver insegnato qualcosa!

Certo anche in aziende che dovrebbero dare il buon esempio dal punto di vista sociale, in aziende che dovrebbero garantire un’etica comune che va ben oltre l’interesse economico, si insidia la legge di mercato dove come punto di riferimento non è il benessere generale delle persone, non è l’impegno nel mantenere costanti alcuni valori, ma la parola d’ordine è “concorrenzialità”.

Insomma, una vera competizione per un livellamento verso il basso delle condizioni salariali e di lavoro per riuscire a far meglio dell’avversaria concorrenza. Ecco che allora, quel che prima bisognava intraprendere per far fronte alla piaga sociale della disoccupazione  cioè: rallentare i ritmi, ridurre la produzione in quanto già al limite del collasso, il tutto poi tradotto nello slogan: lavorare meno per lavorare tutti”, si è repentinamente sovvertito in maggior produttività per far fronte, dicono, all’euro debole. Insomma vuoi perché dapprima il franco è forte poi perché è l’euro che è debole (bel gioco di parole per dire la stessa cosa) il calvario per le salariate e salariati continua quasi nella totale indifferenza collettiva, inebetiti da parabole economiche e di mercato propugnate da economisti e manager arrivisti e senza scrupoli.

Hanno fatto perdere la bussola anche a coloro che l’orientamento lo dovrebbero avere ben in chiaro, in nome di chissà quale pragmatismo si persegue la regola del meno peggio sommando così facendo sconfitta su sconfitta per la società intera. Si accetta di lavorare più ore settimanali allo stesso salario per garantirsi la sopravvivenza, uno stato di cose, forme di ricatto, che fanno perdere alle salariate e ai salariati la volontà e forza di ribellarsi a queste forme d’estorsione. Si è rinchiusi in un meccanismo perverso dove quel che oggi dai per sopravvivere domani si rivelerà poi determinate per la morte certa.

Rivendicare dei salari minimi che siano coerenti alle esigenze delle famiglie, che permettono a quest’ultime una vita dignitosa, e non semplicemente, come purtroppo accade, commisurati alle necessità finanziarie aziendali.

Occorre dunque uscire da questo insidioso immobilismo, credere senza riserva alcuna nelle nostre possibilità, rifiutare ogni forma di delega che non sia rispettosa della volontà delle salariate e dei salariati. Respingere ogni forma di concorrenza tra lavoratrici e lavoratori, rigettare il lavoro interinale, su chiamata, il precariato, esigere diritti sindacali, di riunione, di organizzazione, diritti equanimi per tutti attraverso l’estensione dei contratti collettivi di lavoro, battersi senza dubbi e riserva alcuna per una giustizia sociale, non più equa, ma semplicemente equa.

Termino ritornando sull’indignazione che dovremmo provare, confrontandoci con una società sempre schiacciata dalle nefaste regole economiche, che annullano di fatto la centralità e la supremazia dell’essere umano in nome dei cospicui guadagni di pochi.

Dobbiamo portare un mondo diverso nei nostri cuori. Questo mondo si auspica che stia per d’avvero crescendo in questo momento!

Grazie per l’attenzione e che la lotta continui…