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Il consuntivo 2010 si chiude, a leggere il messaggio del governo e della maggioranza della commissione, in modo soddisfacente. I dati finanziari, ci si dice, sono positivi, seppur legati a fattori straordinari. Ci si ricorda che effettivamente il risultato è stato ottenuto grazie a maggiori entrate straordinarie (frutto di “buoni risultati” degli anni passati) e, si sottolinea, un dato strutturalmente positivo, quello del cosiddetto controllo delle uscite. Naturalmente le cose possono essere viste anche in questo modo, un modo, diciamo così, sostanzialmente contabile.

 Quelle forze e quei movimenti anticapitaliste che rappresento in questo parlamento vogliono, invece, privilegiare un punto di vista diverso della contabilità sia essa di un’azienda o di un’amministrazione pubblica.

Sappiamo che dietro ogni contabilità vi è una realtà sociale, fatta di uomini e donne che vivono, lavorano (non a tutti per la verità è permesso farlo) e, sempre più spesso, fanno fatica ad arrivare alla fine del mese.

Vorrei prendere qualche esempio per mostrare che dietro alle cifre positive, la realtà economica e sociale del paese, è di segno nettamente diverso.

Cominciamo da tutti coloro che sono senza lavoro. A gennaio 2010 i disoccupati totali erano 8616, pari al 5,8% della popolazione attiva; i cercatori di lavoro erano 11’842 (pari al 5,1%). Un anno dopo, a gennaio 2011, i disoccupati erano leggermente saliti a 8’667 unità (pari al 5,2%) e i cercatori di lavoro a 11’983 (pari al 5,8%).

Un anno, per quel che riguarda la lotta all’occupazione, totalmente perso.  E non poteva che essere così perché nelle proposte del governo (non solo nel preventivo 2010, ma anche in quelli che erano immediatamente seguiti alla crisi del 2008, compreso il famoso pacchetto di misure contro la crisi) non vi erano misure serie ed efficaci per attaccare a fondo questo fenomeno.

Non ci meraviglia quindi che, complice anche l’atteggiamento padronale pronto a sfruttare la possibilità di offrire bassi salari a chi con questi salari riesce a vivere (sempre peggio d’altronde) solo perché non deve vivere in Ticino, il numero dei disoccupati non diminuisca.

E questo malgrado uno scoppiettante aumento del 2,7% del PIL cantonale. Altro dato, questo, che dovrebbe dare da riflettere.

Perché ancora una volta il circolo virtuoso profitti-investimenti-occupazione, non si è avverato.

Ancora una volta la crescita del PIL non si è tradotta in una crescita della ricchezza per tutti, come vorrebbero farci credere i difensori del mercato e delle sue virtù.

Ma per quale ragione la crescita non si accompagna ad un miglioramento delle condizioni sociali di tutti? È facile intuirlo.  Basti pensare che in Svizzera dal 2008 al 2010, la parte dei salari sul reddito nazionale si è ridotta dal 62,7% al 55,4% mentre quella dei profitti è aumentata dal 37,3% al 44,6%. In soli 2 anni il travaso di reddito dai salariati ai padroni è aumentato del 7%. Se a ciò aggiungiamo l’erosione dello stato sociale (revisione LADI, AVS, AI, assicurazione malattia) notiamo come sia tutto il mondo del lavoro a subire lo spettro della precarietà.

La mancata diminuzione della disoccupazione (alla quale si accenna nel messaggio del governo come una sorta di inconveniente, di neo che getterebbe solo una piccola ombra su un risultato per altri verso brillante) non è quindi un fatto episodico, ma un fatto strutturale.

All’interno di una degradazione complessiva delle condizioni di vita e di lavoro dei salariati che, lo ricordo per chi ancora non se ne fosse accorto, rappresentano la stragrande maggioranza di coloro che vengono chiamati i cittadini e le cittadine.

Stragrande maggioranza di cittadini che creano, producono la ricchezza che altri, i padroni, consumano poi allegramente.

Potrei qui fare molti altri esempi tratti dal consuntivo e dal rendiconto. Potrei parlare della stagnazione dei redditi, dei salari. Potrei parlare delle migliorate condizioni – e ci mancava – dei super-ricchi che vivono nel nostro cantone. Potrei parlare delle migliaia e migliaia di persone che non riescono a pagare i premi della cassa malati. E non perché sono falsi poveri: abbiamo già avuto in passato questa demagogia sui falsi disoccupati, falsi invalidi, ecc. Quando un problema appare difficile da risolvere si tende a negarlo, sviluppando campagne tese a deligittimare queste persone, a renderle inesistenti, seppur esistono, eccome!.

Sono tutti segnali, come quello della disoccupazione, di un approfondirsi della crisi sociale a seguito dell’affermarsi delle logiche di esclusione sociale, di precarietà del capitalismo e della sua ferrea logica del profitto. I conti dello Stato e la sua azione politica (viste le maggioranze che li guidano) si guardano bene dal mettere in atto politiche che rimettano in discussione questa logica.

Lo abbiamo visto anche con il cosiddetto pacchetto di misure contro la crisi. Quella più consistente (mi scappa un po’ da ridere a dirlo) era affidata a BancaStato (che avrebbe concesso dei prestiti garantiti per un terzo dallo Stato). Naturalmente, come spesso accaduto in questi ultimi anni, per tutto quel che BancaStato tocca, è stato un flop. Ma anche le altre misure andavano tutte nella stessa logica: aiutare il mercato e i suoi meccanismi dai quali, secondo voi, possono giungere le risposte adeguate. Viceversa le risposte, in Ticino come altrove, non giungono e non giungeranno. Il consuntivo 2010 ne è l’illustrazione. I buoni risultati finanziari non hanno migliorato di un millimetro la situazione dei ticinesi; anzi, direi che il contenimento della spesa, in molti settori l’ha sicuramente peggiorata.

Termino questo mio intervento di opposizione al consuntivo 2010 citando alcune interessanti affermazioni fatte da Patrizia Pesenti, già consigliere di stato, in occasione del congresso PS dello scorso gennaio:”Nel quadriennio che si chiuderà fra poco il clima in governo è radicalmente mutato ed io sono convinta che tutti i cittadini ticinesi ne hanno tratto beneficio. Il governo ha lavorato tanto e bene. È stato un governo di vera concordanza. Nella migliore tradizione svizzera. Il genere di concordanza per la quale siamo famosi (ancor più che per gli orologi e il cioccolato) che ci ha permesso di crescere nel benessere. Diverse importanti riforme sono state accettate da governo e parlamento. Penso al fondo per la formazione professionale, penso all’introduzione del reddito disponibile per l’aiuto nel pagamento dei premi, penso alla fioritura di asili nido, nell’ambito di una politica familiare che non lascia cadere in povertà le famiglie per la nascita di uno o più figli.  Abbiamo traghettato il cantone attraverso una delle peggiori crisi economiche mettendo a disposizione ricette squisitamente keynesiane”.

Io sono profondamente convinto che ne il Governo e le sue maggioranze, passate o presenti, abbia permesso ai ticinesi di trarre profitto o che abbia traghettato il cantone attraverso una delle peggiori crisi economiche”, né tantomeno che abbia messo a disposizione “ricette squisitamente keynesiane”; non credo nemmeno che la sua politica abbia “permesso di crescere nel benessere”.

Non credo a tutto questo per la semplice ragione che non è vero.

Un altro governo, un’altra politica di governo è necessaria, fondamentalmente diversa da quella che abbiamo vissuto e che sembra piacere a tutti coloro che vi fanno parte.

Anche per questa ragione oggi voterò no al consuntivo 2010.                                     

 

* testo dell’intervento contro il Consuntivo 2010 del Cantone