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Molti, “Corriere della sera” in testa, si sono scandalizzati perché qualcuno a Roma ha festeggiato le dimissioni di Berlusconi, e hanno definito una “indegna gazzarra” quella che era solo una spontanea manifestazione di gioia.

Il PD subito si è scusato, come se l’avesse organizzata lui, mentre è noto che a parte qualche raduno nazionale di ceto politico portato con i pullman preparati da settimane, non è capace di organizzare più niente, e meno che mai qualcosa di tempestivo. Per giunta mentre Antonio Polito ed Enrico Letta si profondevano in scuse, stavano già partendo i pullman (perfino da Bolzano, organizzati dalla zelante Micaela Biancofiore) per portare un po’ di fedelissimi racimolati qua e la per simulare un tributo popolare al grande leader. Spudoratamente le tre nullità che rappresentavano il PdL alle consultazioni (Alfano, Cicchitto e Gasparri) inondavano le telecamere di lamenti per la “inciviltà della sinistra” che aveva organizzato il “codardo oltraggio”

 

 

In realtà io a quelli che festeggiavano avrei consigliato di essere più prudenti: Berlusconi è sempre vivo, e a suo tempo potrebbe perfino vincere di nuovo. Casomai avrebbero fatto meglio a unirsi prima a quelli che manifestavano in condizioni difficili il 14 dicembre 2010, e a tutti i tentativi di aggirare i divieti di Alemanno. In ogni caso il dato più importante è che c’è poco da stare tranquilli. Già il gesto del tutto discutibile del messaggio alla nazione a reti televisive più o meno unificate per dire che “non lascia ma raddoppia” è significativo. Una volta dimissionario non aveva più il diritto di farlo! Ma Silvio Berlusconi non ha mai rispettato una sola regola, e ha fatto sempre quello che gli pareva, certo dell’inconsistenza della cosiddetta “opposizione”.

 

Perché questa Vanna Marchi della politica potrebbe vincere ancora? Prima di tutto perché i suoi “avversari” (si fa per dire) hanno dimostrato sempre una totale incapacità di spiegare agli italiani alcune semplici cose:

 

1)    Fin dall’inizio la maggioranza c’era nelle due camere, ma non nel paese, dato che era stata ottenuta con una legge porcata di cui il minor difetto è quello di non lasciar scegliere i nomi degli eletti; comunque non c’era più, come è accaduto tante volte in tutti i parlamenti (e anzi era già avvenuto nel 1994, quando si sganciò la Lega), senza che si debba gridare al tradimento.

 

2)    La maggioranza anche dove era rimasta netta (al Senato) era paralizzata perché PDL e Lega erano uniti solo dalle poltrone, ma avevano posizioni divergenti su molte cose, e dato che la Lega per ammissione esplicita “dell’Italia se ne frega” e vorrebbe mandarla in malora, l’ha sempre spuntata lei. La Lega sa far politica e interpretare il disagio, demagogicamente ma efficacemente. Ora lo farà ancora più spudoratamente. Berlusconi ha solo raccontato le frottole per occultare questa realtà, e il PD… si è illuso più volte sulla Lega “costola della sinistra”, o si è limitato a sottolineare che Berlusconi era “commissariato”.

 

3)    Per questo e non per un ruolo delle opposizioni il governo è stato paralizzato a lungo in una fase cruciale della crisi economica e finanziaria europea, come è emerso più volte negli ultimi mesi. Ma le opposizioni ovviamente non possono dire neppure questa semplice verità perché dovrebbero ammettere la propria inutilità. Soprattutto peserà su di loro l’assenza di un programma concreto almeno in parte diverso da quello della maggioranza: hanno sempre proposto solo ritocchi marginali, o polemizzato sui tempi per la realizzazione delle “riforme”, chiedendo di fare più in fretta. Senza mai dire apertamente che non si trattava di riforme ma di feroci controriforme per cancellare quanto rimane del welfare conquistato negli anni Sessanta e Settanta…

 

4)    È mancata perfino una obiezione semplicissima agli strepiti della destra: bastava dire che andare al voto presto è possibile, ma subito dopo aver cambiato la legge elettorale, o col referendum o con un accordo, tenuto conto che il “porcellum” è screditatissimo nel paese. Ma raramente è stato detto, forse perché perfino su questo il PD è diviso, e c’è chi spera di beneficiare di quella legge infame.

 

La ragione più profonda verrà alla luce anche meglio quando Berlusconi sarà uscito di scena per un po’: non c’è più una base sociale specifica della sinistra. I dirigenti del PD possono gongolare dicendo “abbiamo una banca” ma non hanno più “un popolo” dietro di sé.

 

Chiunque conosca quanto ho scritto in molte occasioni sa bene che non ho mai mitizzato il cosiddetto “popolo comunista”, che era stato ingannato e manipolato pesantemente dai suoi dirigenti già negli anni della rivoluzione italiana ed europea del 1943-1947, vanificandone i pesanti sacrifici (anche di sangue) con una politica di unità nazionale che servì a ricostruire lo Stato borghese in pezzi, e aprì la strada ai lunghi decenni democristiani. Anche nella nuova ondata di lotte del 1968-1977 la base comunista venne contrapposta alla nuova radicalizzazione giovanile studentesca e anche operaia, ridimensionandone l’influenza, magari con gli insulti (“chi vi paga?”) e a volte i servizi d’ordine ben attrezzati.

 

Ma la base comunista comunque c’era, pesava, fermava i tentativi reazionari come quello di Tambroni del 1960, imponeva il rispetto agli avversari. A volte era guidata anche da personaggi ignobili come Giuliano Ferrara, che prima di approdare alle mutande di Berlusconi aveva fatto da delatore nei confronti della stessa base del suo partito. Ma è dall’inizio degli anni Ottanta che è cominciata quella trasformazione che ha rapidamente ridotto di numero gli iscritti del PCI e ne ha ridimensionato la qualità e il peso sociale. Ne ho accennato in Utilità di Renzi, e poi soprattutto in Maitan: Dal Pci al Pds, che introduceva il libro di Livio riportato tra i testi per la formazione: Maitan – Al termine di una lunga marcia dal PCI al PDS.

 

È questo che può farci trovare un giorno di nuovo di fronte a un nuovo governo Berlusconi, o comunque della destra, senza che ci sia la forza per evitarlo, dato che questo ultimo non è stato battuto dalle mobilitazioni operaie o studentesche, ma da un gioco congiunto del “partito del presidente” e dei banchieri europei, preoccupati per la sua debolezza ma non veramente ostili alla sua politica.

 

Per il momento siamo costretti a sentire un coro quasi unanime di elogi all’operazione di unità nazionale a lungo auspicata da Napolitano. Con appena qualche sussulto nella CGIL, sta concretizzandosi un governo guidato da un raffinato banchiere capace di far passare in modo indolore quell’attacco a lavoratori, precari, pensionati, beni comuni e scuola pubblica che Berlusconi non aveva potuto portare a termine. Ma quando si sarà pagato tutto il prezzo richiesto dai cosiddetti “mercati” per il “risanamento dell’Italia”, e si arriverà finalmente alle elezioni, è abbastanza probabile che potranno recuperare consensi tanto la Lega che si è tirata fuori del tutto rintanandosi nel suo resuscitato “parlamento padano”, quanto quei settori di destra che tendono a stare con un piede dentro e uno fuori nella nuova maggioranza, e che potrebbero quindi tornare al governo, con o senza Berlusconi (ma questo è secondario). Quel che è probabile è che il centro sinistra pagherà allora più di altri la sua piena accettazione della dura e impopolare medicina di Monti, e la sua totale identificazione con questa operazione.(14/11/11)

 

* tratto dal sito www.antoniomoscato.altervista.org