Al momento in cui stiamo per chiudere questo numero del giornale, giunge la notizia che le organizzazioni sindacali del settore dell’edilizia (UNIA e Syna) hanno proposto all’associazione padronale nazionale (la SSIC – Società Svizzera degli Impresari Costruttori) una ripresa delle trattative interrotte qualche settimana fa e che avevano suscitato alcune azioni di protesta da parte delle organizzazioni sindacali nei giorni scorsi (cfr. a questo proposito l’articolo sull’ultimo numero di Solidarietà).
Un’offerta di trattativa…
Stando ai comunicati provenienti da varie fonti le organizzazioni sindacali sarebbero disposte a prolungare il contratto collettivo nazionale del settore (CNM) – in scadenza a fine anno – per due mesi, con l’obiettivo di poter intavolare nuove trattative. Per fare questo i sindacati sono disposti ad abbandonare la loro richiesta salariale (100 fr. per tutti) e ad accettare quella padronale che prevedeva un aumento inferiore, dell1,5%.
Infine a dimostrazione della propria disponibilità a muoversi su un terreno diverso da quello del conflitto le organizzazioni sindacali si sarebbero impegnate “a rispettare la pace del lavoro durante le discussioni con la controparte e a non rendere pubblici i contenuti delle trattative”.
…che somiglia ad una resa
Le direzioni sindacali cercano di relativizzare la loro proposta, sottolineando che si tratta di un’offerta limitata e che deve ancora affrontare alcune questioni di fondo come la lotta al dumping e la regolamentazione in caso di pioggia, aggiungendo che non sono disposti a prolungare il CNM al di là di due mesi. Ma non vi sono dubbi, come sottolineano le prime reazioni padronali, che le proposte sindacali rappresentano “un passo verso di noi”e che “Anche se tutte le condizioni non sono ancora soddisfatte, ora si può discutere su una buona base”: sono dichiarazioni rilasciata alle agenzie di stampa dai responsabili della SSIC che sicuramente marcano dei punti.
Uno sviluppo problematico
Nell’articolo di Solidarietà già citato avevamo sottolineato, prevedendo questo possibile esito, le difficoltà dell’azione sindacale; incapace di costruire una reale strategia di mobilitazione per affrontare il padronato. Ed avevamo pure sottolineato la limitatezza e tutto sommato la “marginalità” della mobilitazione operaia, relegata in alcuni cantoni tutto sommato marginali (Ginevra, Ticino) dal punto di vista dell’evoluzione dei rapporti di forza. Un’analisi che constatava il grave ritardo nella costruzione di una capacità di mobilitazione nei centri forte del “potere edile”, un problema che le direzioni sindacali non sono in grado e non vogliono, da anni, di affrontare e risolvere.
In queste condizioni l’esito che si annuncia appare, forse, “il male minore” nell’attuale contesto economico e sociale. Ma che rappresenta, appare ormai chiaro, un forte passo indietro in quello che ormai restava l’ultimo settore di un sindacalismo un po’ “diverso” (chiamiamolo così) rispetto a quello dominante nei grandi settori economici (industria delle macchine, industri grafica, chimica, ecc.).