È istruttivo leggere il rapporto esplicativo con il quale il Consiglio federale intende apportare dei “miglioramenti” alle cosiddette misure di accompagnamento, per rispondere ai numerosi atti parlamentari che, in questi ultimi anni, a più riprese, hanno denunciato l’insufficienza di queste misure di fronte ad un avanzata, lenta ma sistematica, del dumping salariale.
A lettura conclusa si prova una sensazione strana ma precisa: che tutto l’esercizio serva sostanzialmente a mostrare che “si è fatto qualcosa”, anche se appare evidente che i cambiamento sono di natura così minima che non modificheranno la insufficiente impostazione del meccanismo complessivo delle cosiddette misure di accompagnamento.
L’obiettivo è dare l’impressione che si forniscono “risposte” adeguate alle sempre maggiori preoccupazioni della popolazione salariata, potendo così trarne qualche “vantaggio” di immagine, sia per il governo che per i vari parlamentari, appartenenti un po’ a tutto lo spettro delle forze politiche, autori delle mozioni alle quali queste misure vogliono in qualche modo rispondere.
La procedura di consultazione su queste proposte termina a fine anno. Poi vi saranno le proposte, la discussione in Parlamento, la fase di implementazione: tra un anno, se tutto andrà bene, avremo questi cambiamenti che, come detto, rappresentano poco o nulla.
I due ambiti oggetto di intervento (e che hanno suscito l’approvazione unanime) sono quelli dei cosiddetti “falsi indipendenti” che vengono a lavorare in Svizzera e delle possibilità di sanzionare le aziende che non rispettano i contratti normali.
Apparentemente si tratta di cambiamenti “importanti”: in realtà, come vedremo, si tratta di aggiustamenti poco sostanziosi.
Per quel che riguarda la problematica dei cosiddetti falsi indipendenti, le misure proposte miglioreranno, leggermente, le esigenze nei confronti di questi lavoratori per la messa a disposizione di documentazione comprovante la loro natura di “indipendente”. In realtà si dimentica che il problema si pone dalla parte di chi assume questi lavoratori, “falsi indipendenti”, contento di riconoscerli come tali, soprattuto perché si tratta in realtà di salariati per i quali non si applicano i contratti e si possono evitare tutti gli aspetti legati agli oneri assicurativi e sociali.
Ancor più interessante, per mostrare la pochezza delle “riforme” annunciate, la questione relativa alla possibilità di sanzionare chi non rispetta i contratti normali di lavoro. Vediamola più da vicino.
I contratti normali di lavoro: “top flop” delle misure di accompagnamento
Tra le misure di accompagnamento vantate dai sostenitori degli accordi sulla libera circolazione (pensiamo qui, in particolare, alle direzioni sindacali) vi erano tutte quelle che riguardavano le facilitazioni previste per estendere il raggio di validità dei contratti collettivi di lavoro e per realizzare contratti normali di lavoro che rendessero obbligatori salari minimi e orari di lavoro.
Il primo, in questi ultimi sei anni di esistenza della legislazione “accompagnatoria”, non ha permesso di ottenere alcun miglioramento concreto. Nessun nuovo contratto collettivo di lavoro concluso tra padronato e sindacati (nazionale, cantonale o settoriale) ha potuto più “facilmente” essere decretato di obbligatorietà generale (assumere cioè un valore pari a quello di una legge) grazie alle misure di accompagnamento.
Potremmo piuttosto dire che il raggio di azione dei CCL si è ristretto e che la loro struttura si è indebolita. Quanto sta succedendo nel settore principale della costruzione ne è la riprova.
Il secondo aspetto, quello relativo ai contratti normali, richiede preliminarmente una precisazione.
I contratti normali (CN) sono sempre esistiti. L’art. 359 del Codice delle Obbligazioni (CO) prevede che la Confederazione o i Cantoni possano pubblicare contratti normali per fissare condizioni di lavoro quadro in un settore. A livello cantonale, ad esempio, esistono quelli della vendita, dell’agricoltura, del personale domestico. Prevedono salari minimi, orari di lavoro, vacanze e numerose altre clausole – alla pari di un vero contratto collettivo di lavoro. Il problema è che a tutte queste clausole, a cominciare da quelle salariali, è possibile derogare attraverso un semplice accordo individuale stipulato tra singolo datore di lavoro e lavoratore al momento dell’assunzione. In altre parole, ad esempio nel settore della vendita, al momento dell’assunzione possono essere decise condizioni assai peggiori di quelle previste nel CN della vendita.
I contratti normali previsti invece invece nelle misure di accompagnamento – e oggetto delle “riforme” annunciate – sono quelli fondati sull’art. 360a del CO. Questo articolo dà la facoltà a Cantoni e Confederazione di emettere disposizioni vincolanti in materia di salari minimi e orari di lavoro laddove vi fossero manifesti e comprovati casi di dumping. Vero e proprio “pezzo forte”, come detto, delle misure di accompagnamento.
Ebbene, nessun’altra misura ha permesso di illustrare in modo così evidente il bilancio fallimentare delle misure di accompagnamento. Perché, come ci dice lo stesso rapporto esplicativo del Consiglio federale, “attualmente esistono cinque contratti normali di lavoro a livello cantonale e un contratto normale a livello federale, stabiliti ai sensi dell’art. 360a del CO: nel Canton Ginevra per il ramo della cosmetica e per il personale domestico; nel canton Ticino per gli istituti di bellezza e i call center; e nel canton Vallese per i rami della manutenzione e della pulizia industriale….a livello federale per il personale domestico”. Una miseria, in tutto non più di due-tre mila lavoratori e lavoratrici “protetti” da questi contratti normali. Contratti che, almeno finora, non permettono di sanzionare chi non li rispetta. Mancanza che ora verrà colmata dalle nuove disposizioni.
In conclusione dunque questo ulteriore “rafforzamento” di alcune disposizioni delle misure di accompagnamento non fa altro che confermare la loro debolezza ed inadeguatezza di fondo, incapaci – contrariamente alle premesse ed alle garanzie fornite – di essere strumenti per un’azione efficace di contrasto del dumping salariale. Che avanza, indisturbato, magari in attesa delle nuove misure correttive che, tra altri cinque anni, verranno a “correggere” le attuali “correzioni”. Un vero e proprio disastro!