Sono circa 7’700 le firme consegnate alla Cancelleria dello Stato martedì 13 dicembre dal comitato contro il dumping salariale e sociale a sostegno dell’iniziativa “Basta con il dumping salariale in Ticino”. Un successo tutt’altro che scontato, visto che il comitato, pur potendo contare formalmente su un ampio sostegno di forze, nei fatti ha dovuto in sostanza contare sull’iniziativa militante dell’MPS e del sindacato VPOD (in parte anche la SEV). Oltre a dover fare i conti con il boicottaggio attivo di organizzazioni sindacali come UNIA e OCST
I contenuti dell’iniziativa
Se l’iniziativa fosse accolta, ad esempio, si potrebbe contare su un potenziamento dell’ispettorato del lavoro che verrebbe di fatto raddoppiato (dall’attuale un ispettore per 12-13’000 addetti ad un ispettore ogni 5’000 addetti). Inoltre verrebbe creata la figura di delegato al controllo dei salari in ogni azienda. Si tratterebbe di figure simili a quelle dei membri delle commissioni aziendali che avrebbero il diritto di essere informati e di controllare tutto quanto concerne i salari dei lavoratori in un’azienda. Ed avrebbero, evidentemente, anche il diritto di segnalare inadempienze salariali all’ispettorato del lavoro. Un passo importante dal punto di vista della possibile azione dei salariati sui luoghi di lavoro: il terreno fondamentale sul quale il dumping può essere battuto.
Infine l’iniziativa, attraverso l’obbligo di notifica da parte delle aziende di ogni contratto di lavoro stipulato in Ticino, pone le base per costituire una vera e affidabile statistica dei salari senza la quale qualsiasi discorso in materia rischia di essere vano.
Una risposta parziale
Lo abbiamo detto fin dall’inizio che le proposte contenute in questa iniziativa rappresentano una risposta parziale al problema del dumping.
Potenziare i controlli, dare nuovi diritti ai lavoratori sui luoghi di lavoro, costituire elementi di conoscenza come una statistica: tutto questo può essere utile solo se migliorano in modo radicale le disposizioni oggetto di controllo ed applicazione.
Questo significa rilanciare la battaglia per un salario minimo legale, oltre che per disposizioni che facilitino lo sviluppo dell’applicazione dei contratti collettivi di lavoro e ne estendano la loro validità.
Si vincerà solo sul terreno
Una cosa deve essere chiara per tutti: è solo sui luoghi di lavoro, solo sul terreno della mobilitazione e della lotta sociale sarà possibile vincere la battaglia contro il dumping.
E su questo terreno che sarà necessario costruire una campagna contro il dumping che non sarà solo legata agli accordi bilaterali ed alla conseguente liberalizzazione del mercato del lavoro. Questo perché il dumping salariale, cioè la tendenza a spingere verso il basso i salari, è un dato costitutivo dell’offensiva padronale da qualche anno che investe tutti i settori, sia quelli nei quali si può far ricorso ad una maggiore offerta di manodopera, sia quelli nei quali la presenza di una maggiore offerta di manodopera appare del tutto trascurabile quale elemento di pressione sui salari.
Il dumping è quindi un problema che tutti, lavoratori svizzeri ed immigrati, di tutti i settori economici, devono affrontare. È solo dall’unità e dalla mobilitazione che potranno venire risposte adeguate. Oltre che dalla rinascita di un sindacalismo dei lavoratori che apra una nuova fase del conflitto sociale in questo paese.