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Nei giorni scorsi il Gran Consiglio ha approvato il messaggio e le proposte del governo  relativa alle “misure straordinarie a sostegno dell’occupazione e delle imprese”. Il nostro rappresentante in Gran Consiglio ha fortemente criticato queste misure ed espresso un voto negativo. Pubblichiamo qui di seguito il suo intervento. (Red)

 

Vorrei spiegare brevemente le ragioni della mia opposizione alle misure proposte quali misure straordinarie a sostegno dell’occupazione. Il mio voto  (al di là delle riserve che ho su qualche misure concreta – che verrà approvata in seguito: penso alle misure di carattere fiscale a favore delle aziende)  vuole sottolineare soprattutto un giudizio complessivamente negativo sul “pacchetto” (chiamiamolo così, anche se mi sembra – lo dico con tutto il rispetto – un po’ eccessivo qualificarlo come tale).

Le ragioni di questo giudizio negativo sono perlomento di tre ordini.

Il primo è relativo ad un giudizio politico di fondo. La “filosofia” che ispira l’azione del pacchetto . Essa è grosso modo questa: il momento è difficile, attraversiamo una congiuntura difficile dalla quale potrà farci uscire solo una ripresa fondata sulla forza del mercato e dei  suoi meccanismi. Si ignora in questo modo la dinamica strutturale della crisi, le prospettive recessive ormai evidenti (Persino il SECO, che come solito arriva buon ultimo, ha dovuto più che dimezzare le sue prospettive di crescita per il prossimo anno. E siccome non si osa parlare di recessione, il guru del SECO, il professor Brunetti, ha detto che avremo due “trimestri difficili”. Della serie: meglio dire “pasticcio di mais” che polenta: la gente potrebbe capire…).

Il 2012 sarà un anno di recessione, con un aumento delle disoccupazione e con un approfondirsi della crisi sociale. Una dinamica, questa, che investirà non solo l’Europa, ma che si manifesterà anche nei paesi emergenti , quelli del cosiddetto BRIC. Alcuni paesi importanti, come il Brasile, annunciano già un forte rallentamento; quanto alle aspettative che questi paesi siano il motore di una ripresa, basti pensare che in un paese come la Cina una grande parte delle esportazioni (il 60’%) sono esportazioni di imprese a capitale straniero che esportano prodotti importati e assemblati in Cina. Non riporrei quindi, molte speranze, di fronte ad un ormai certo rallentamento del commercio mondiale, sulla potenza miracolistica di questi paesi.

In questo contesto appare perlomeno ingenuo, per non dire sbagliato e di sapore fortemente ideologico far credere che vi sarà una ripresa del mercato e che il nostro obiettivo deve essere quello di coadiuvare questa ripresa ed essere pronti all’appuntamento con la ripresa. Capisco che, visto l’orizzonte ideologico del governo – tutto – non si possa proporre altro. Ma siccome il mio orizzonte, quello di una opposizione fondamentale al capitalismo e ai suoi meccanismi , è un altro, posso permettermi di non seguire il governo e la stragrande maggioranza del Parlamento su questa strada.

 

Un secondo motivo di opposizione riguarda la limitatezza quantitativa dell’intervento e le sue priorità.

600’000 franchi complessivamente (qualcosa di più in prospettiva), se escludiamo le due misure principali, quella relativa alla assicurazione disoccupazione (che però è di competenza federale – quindi non conterebbe se non come buona intenzione) e quella relativa a BancaStato, sulla quale diremo tra un attimo.

Decisamente un po’ poco, soprattutto se si pensa che si tratta di misure che dovrebbero, nella testa di chi le propone, avere un effetto di leva e migliorare le cosiddette condizioni quadro per rilanciare la capacità competitiva delle nostre aziende (è sempre la logica del mercato a farla da padrona come si vede…)

Si capisce anche perché, in questa ottica, l’obiettivo fondamentale sia quello di sostenere, come afferma chiaramente il messaggio, le imprese: sostenendo in questo modo di difendere i posti di lavoro,in realtà difendendo i margini di profitto e abbandonando al loro destino i salariati dei quali le aziende si sbarazzano facilmente. D’altronde negli ultimi mesi sono stati soppressi migliaia di posti di lavoro (parlo degli ultimi tre mesi) e questo malgrado l’intervento a difesa dei profitti sul corso del franco.

Partecipare a fiere, sostenere l’innovazione, promuovere esportazioni: tutte cose profondamente aleatorie: utili per fare un po’ di propaganda, mostrare che si “fa” qualcosa (magari per rispondere ai Lucibello di servizio). Ma non prendiamoci in giro, si tratta di pannicelli caldi, di cerotti di fronte ad una crisi tumorale del capitalismo contemporaneo.

Se veramente si volesse mettere in moto il meccanismo economico interno allora ci vorrebbero misure quantitativamente e qualitativamente diverse: il povero Keynes si rivolta ormai da tempo nella tomba pensando che si osa fare riferimento al suo nome adottando programmi assolutamente lontani dalla logica che ne aveva animato le proposte. D’altronde che questo tipo di politiche non siano ben viste nel nostro paese – un paese – per certi aspetti – caratterizzato da un capitalismo liberale allo stato puro – lo hanno confermato le reticenze delle Camere federali di fronte alle proposte di interventi in economia.

 

Infine, ed è il mio terzo motivo di insoddisfazione, come si fa a pensare seriamente che i destini del rilancio della nostra economia siano nelle attività promozionali condotte da BancaStato e dal fondo che essa dovrebbe gestire? Siamo messi male: direi che è la dimostrazione della nostra disperazione. È tragicomico poi che BancaStato, alle prese con la sua capitalizzazione (ne discuteremo prossimamente), pensi ai bisogni in capitale di altre aziende, nella prospettiva di migliorarne la capacità concorrenziale.

D’altronde appaiono poco convincenti le ragioni che hanno portato al semi-flop del primo fondo proposto due anni fa e rimasto quasi inutilizzato. E a poco serve l’allineamento di cifre che indicherebbero il contributo di BancaStato al sostegno delle imprese. Potrei fare della facile ironia chiedendo se in quelle ditte sostenute ve n’è qualcuno riconducibile a qualche importante deputato qui presente: che razza di contributo sarebbe, in quel caso, al sostegno dell’economia? Ma non si sa nulla, né in quali settori, né per quali progetti, né con quali finalità sono stati concessi questi crediti. Per me, quindi, sono dati che servono solo a giustificare il proprio insuccesso.

 

Concludo affermando che il nostro punto di vista è evidentemente un altro. Oggi sostenere l’economia, ammesso che ci si voglia muovere in questa ottica, significa porsi dal punto di vista dei salariati, sostenerne i posti di lavoro impedendo che vengano licenziati; sostenerne i redditi combattendo il dumping salariale: concretamente potenziando le misure contro il dumping come proponiamo noi con l’iniziativa che proprio in questi giorni depositeremo presso la Cancelleria dello Stato e non rinunciando di fatto come fa il messaggio che stiamo discutendo; sostenere le occasioni di lavoro, ad esempio con un intervento diretto del Cantone che crei possibilità di occupazione e formazione per i giovani: concretamente: un raddoppio dei posti di tirocinio presso il cantone.

Potrei continuare questa lista che muove da una preoccupazione e da una impostazione alternativa a quella del messaggio e che giustifica il mio voto contrario.