Pubblichiamo qui di seguito il comunicato stampa emesso dal Movimento per il socialismo in seguito all’annuncio dell’avvenuto “accordo” raggiunto in seno alla sottocommissione della gestione sul progetto di legge sull’apertura dei negozi. (Red)
Il Movimento per il socialismo (MPS) ha preso atto con preoccupazione e stupore del cosiddetto “compromesso” che sarebbe stato raggiunto, in seno alla sottocommissione della gestione tra i membri della commissione stessa, i rappresentanti del cantone e quelli della parte padronale e sindacale in merito al progetto di legge sull’apertura dei negozi in discussione da alcune settimane.
Il nostro stupore è legato a quello che sarebbe il contenuto di questo “compromesso”. Stando ai giornali vi sarebbe accordo sui seguenti punti:
– prolungamento degli orari di apertura serale fino alle 19 dal lunedì al venerdì (resta invariato fino alle 21.00 il giovedì)
– prolungamento degli orari di apertura al sabato fino alle 18.00
– apertura nei giorni festivi del Corpus Domini, dell’Immacolata e nelle domeniche successive che precedono Natale
– ulteriori tre domeniche di apertura durante il resto dell’anno
Se si esclude una divergenza di interpretazione relativa allo statuto dei negozi nelle località turistiche, il resto delle proposte governative verrebbe accettato. In particolare accelerando i processi di liberalizzazione in settori che stanno diventando strategici. Significativa a questo proposito la regolamentazione per quelli che vengono definiti i commerci “annessi” alle stazioni di benzina. In questo ambito praticamente si va verso la possibilità di apertura illimitate (fino alle 23’00) sette giorni su sette. Una vera follia se si pensa che i rapporti tra stazione di benzina e commerci annessi si sono profondamente modificati. Si può addirittura sostenere, senza essere smentiti, che questi centri sono da considerare sempre più dei veri e propri supermercati (per superficie e presenza merceologica) con annessa distribuzione di benzina. Una tendenza, come detto, sempre più in espansione visto che a sponsorizzarla vi sono le catene della grande distribuzione a cominciare da COOP e Migros.
Se si confronta dunque il risultato delle trattative di questi giorni con il messaggio licenziato dal governo (e sul quale le organizzazioni sindacali avevano espresso la loro contrarietà) non si capisce bene in cosa consista il compromesso; infatti se si esclude una domenica in meno le proposte avanzate dal governo verrebbe totalmente accettate. Ci pare un “compromesso” assai sbilanciato.
Non sappiamo, allo stato attuale, se la trattativa implica anche la stipulazione, da parte di associazioni padronali e sindacati, di un contratto collettivo di lavoro (CCL) per il settore che avrebbe forza obbligatoria. In questo caso, immaginiamo, le organizzazioni sindacali giustificherebbero queste concessioni (assai pesanti) con il “successo” che potrebbe rappresentare la stipulazione di un CCL.
Ci pare un ragionamento sbagliato: non si possono barattare peggioramenti delle condizioni di lavoro (e di vita) di migliaia di salariati in cambio di un quadro contrattuale che non è nemmeno sicuro rappresenti realmente un passo avanti per i salariati del settore.
Una parte del movimento sindacale di questo cantone (pensiamo al SEI poi diventato UNIA) ha costruito la propria credibilità agli occhi dei lavoratori e delle lavoratrici del settore della vendita proprio rifiutando questo tipo di sciocco baratto. Ricordiamo a questo proposito il vittorioso referendum del 1999 rifiutava proprio questo scambio.
Né è comprensibile come regolamentazioni fino a ieri ritenute inaccettabili e contrarie agli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici diventino in un batter d’occhio un compromesso onorevole.
Né, si comprende, come e dove le organizzazioni sindacali abbiano ottenuto un mandato dai lavoratori e dalla lavoratrici del settore a muoversi in questa direzione.
Male fanno le organizzazioni sindacali a confondere i loro interessi di bottega con quelli dei lavoratori e delle lavoratrici Alla fine, ad avere la meglio, saranno solo i bottegai di ogni specie.
L’MPS ritiene che questo progetto di legge deve essere combattuto. Esso peggiora, ulteriormente e complessivamente, il quadro di fondo nel quale i lavoratori e le lavoratrici della vendita svolgeranno il loro lavoro, aumentando precarietà ed allungando ulteriormente i tempi di permanenza sui luoghi di lavoro. Per questo ne seguirà l’iter con attenzione non escludendo l’ipotesi di ricorrere al lancio del referendum. (22.12.2011)