Tempo di lettura: 7 minuti

Pubblichiamo un’interessante intervista di Eric Touissaint (E.T.) condotta da Carlo Alonso Bedoya (C.A.B.) sulle analogie tra la crisi greca e la crisi del debito che scoppiò in America Latina agli inizi degli anni ottanta. Touissaint traccia un parallelo tra l’allora piano Brady e gli attuali diktat della cosiddetta “Troïka” (Red.).

 

C.A.B: Come contraddistingue la fase che stanno attualmente attraversando paesi dell’Unione Europea, ad esempio la Grecia, con enormi indebitamenti pubblici?

 

E.T: Volendo fare un confronto storico, si trovano nelle stesse condizioni dell’America Latina nella seconda metà degli anni Ottanta.

 

C.A.B: Perché?

 

E.T: La crisi del debito, in America Latina, è esplosa nel 1982. La crisi delle banche private è scoppiata negli Stati Uniti e in Europa nel 2007-2008 e si è trasformata, a partire dal 2010, in una crisi dello stesso debito sovrano, in quanto sono state socializzate le perdite delle banche private trasferendole ai vari Tesori pubblici in Europa. Perciò, a vari anni dall’esplosione della crisi in entrambi i casi, ci troviamo nella situazione in cui i creditori riescono a imporre ai governi le proprie condizioni. Fanno pressione perché accentuino politiche di drastica ristrutturazione liberista: tagli della spesa pubblica, riduzione del potere d’acquisto della popolazione. Questo porta le economie in condizioni di recessione permanente.

 

C.A.B.: Neanche nel momento peggiore della sua crisi, tuttavia, l’America Latina ha raggiunto i livelli di indebitamento in cui si trovano oggi i paesi dell’eurozona, che superano il 100% del PIL (Prodotto Interno Lordo).

 

E.T.: Il livello del debito europeo è impressionante. Nel caso della Grecia arriva al 160% del PIL, e vari paesi dell’UE hanno debiti che raggiungono o superano il 100% della loro produzione. Durante la crisi latinoamericana, invece, il debito si aggirava intorno al 60% o all’80% del PIL. È evidente che esistono differenze fra le due crisi, ma nel confronto che faccio il livello di indebitamento non è l’elemento essenziale.

 

C.A.B.: Intende dire che il suo confronto si incentra sulle conseguenze politiche di entrambe le crisi.

 

E.T.: Sì. Confrontando l’odierna Europa con l’America Latina della seconda metà degli anni Ottanta intendo dire che i creditori nel caso europeo, e cioè le banche europee, rappresentate dalla Trojka (FMI, BCE, CE) stanno imponendo alla Grecia, ad esempio, un piano di riscatto del debito molto simile al Piano Brady imposto ai paesi dell’America Latina alla fine degli anni Ottanta.

 

C.A.B.: Può spiegarlo in maniera più dettagliata?

 

E.T: Al termine degli anni Ottanta, i creditori dell’America Latina – Banca Mondiale, FMI, il Club di Parigi, il Tesoro nordamericano e il Club di Londra (i banchieri) riuscirono a fissare l’agenda, imponendo le loro condizioni. I creditori privati trasferirono i loro crediti alle multinazionali e agli Stati tramite la titolarizzazione, vale a dire trasformando i crediti bancari in buoni, e in questo ha svolto un ruolo importante il Piano Brady.
Il Piano di recupero greco è molto simile: si riduce il valore dello stock creditizio, ci sarà un cambiamento di titoli delle banche creditrici, sostituendoli con altri nuovi, come nel caso Brady, a tasso fisso. La Grecia è costretta ad acquistare buoni dei paesi forti dell’UE. Si parla di “buoni a cedola zero” [che non pagano interessi periodici ma solo all’atto del loro ammortamento – ndt] della Gran Bretagna, del Lussemburgo o di altri paesi, così come il Piano Brady costrinse paesi quali il Perù e l’Ecuador ad acquistare analoghi buoni del Tesoro nordamericano, a garanzia dei nuovi buoni emessi e venduti alle banche con uno sconto e un tasso del 5% e 6%.

 

C.A.B: Hanno anche costretto i nostri paesi a ridurre salari, pensione, spesa sociale e ad assolvere religiosamente il pagamento del debito.

 

E.T: Per questo dico che ci troviamo nella stessa situazione nella periferia europea. Però, questa non si è estesa all’intero continente, ma soltanto agli anelli più deboli, come la Grecia, il Portogallo, l’Irlanda, l’Italia, la Spagna, l’Ungheria, la Romania e la Bulgaria. Presi insieme, però, questi paesi rappresentano quasi 200 milioni di abitanti, su una popolazione di 500 milioni nell’intera UE.

 

C.A.B: In America Latina, la conseguenza politica della crisi del debito è stata la fondazione dello Stato Neoliberista. Anche in Europa si va nella stessa direzione?

 

E.T.: Sì, è questo l’obiettivo del FMI, dei governi che rappresentano le classi dominanti, delle grandi banche e delle grandi imprese industriali. Il loro scopo e portare a conclusione il lavoro intrapreso da Margareth Thatcher nel 1979-1980 in Gran Bretagna, estesosi poi progressivamente in Europa, compresa la Spagna con il governo di Felipe Gonzales, che anche lui negli anni Ottanta applicò una politica neoliberista.

 

C.A.B.: In Europa, però, è rimasto il Welfare State.

 

E.T.: Hanno cominciato un lavoro di smantellamento del patto sociale e delle conquiste popolari della fase 1945-1970. È ciò che ha iniziato a fare la Thatcher. Dopo la seconda guerra mondiale, per trent’anni le popolazioni europee hanno accumulato conquiste, affermando il Welfare, con un sistema di protezione sociale: contratti collettivi, legislazione del lavoro, ecc. a protezione dei lavoratori, e riducendo in maniera significativa la precarietà del lavoro. La Tatcher è riuscita a distruggere tutto questo, anche se, dopo trent’anni di politica neoliberista, quest’opera non è ancora completata in Europa, c’è ancora qualcosa che resta.

 

C.A.B.: E la crisi del debito in Europa costituisce l’occasione per consolidare ciò che ha avviato la Thatcher.

 

E.T.: È l’occasione per applicare la strategia “d’urto”, come la chiama Naomi Klein. La crisi permette una terapia d’urto, così come hanno fatto negli anni Ottanta i creditori e le classi dominanti in America Latina.

 

C.A.B.: In Perù lo hanno fatto nell’agosto del 1990.

 

E.T.: Siamo nella fase che include anche la privatizzazione delle imprese pubbliche. In Europa si apprestano a privatizzare le imprese pubbliche che ancora rimangono.

 

C.A.B.: E si promuoverà inoltre la teoria securitaria instaurata in America Latina, dove sindacato è sinonimo di terrorismo?

 

E.T.: In Europa stanno aumentando le misure autoritarie dell’esercizio di governo. È evidente: negli ultimi anni hanno incrementato leggi per far fronte ai movimenti sociali, leggi antiterrorismo. C’è una repressione crescente, anche se ancora per il momento non assume la forma dei massacri sociali che si sono perpetrati in America Latina. Non siamo arrivati a quel punto, ma c’è una forte repressione contro chi sciopera, contro i movimenti sociali.

 

C.A.B.: E i parlamenti nazionali europei come reagiscono di fronte a tutto questo?

 

E.T.: I parlamenti, in Europa, sono messi ai margini, poiché il FMI all’interno della Trojka dice ai governi: “Se volete crediti, dovete promuovere misure di aggiustamento e non c’è tempo per delibere in Parlamento”, e quest’ultimo è costretto ad adottarle nel giro di 24 ore.

 

C.A.B.: Come abbiamo visto in Grecia…

 

E.T.: Si, è quanto è appena accaduto in Grecia. La Trojka ha preteso un piano. Alla fine ha ottenuto l’approvazione da parte del Parlamento greco domenica scorsa, a tarda notte. Tuttavia, il giorno successivo, il commissario europeo per gli affari economici ha detto che mancavano ancora 325 milioni di euro di tagli aggiuntivi e ha dato per questo due giorni di tempo. Significa che il Parlamento greco non sta deliberando.

 

C.A.B.: La cosa ha scatenato una terribile protesta.

 

E.T.: Non solo in Grecia, ma anche in Portogallo, in Spagna, in Francia e in Italia, ci sarà con forza, magari con minore intensità. Abbiamo mobilitazioni in Europa, Gran Bretagna inclusa. Nel mio paese, il Belgio, abbiamo avuto il primo sciopero generale il mese scorso, dopo 18 anni. L’economia belga e i trasporti sono stati completamente paralizzati.

 

C.A.B.: Cosa deve fare la Grecia per uscire da questa situazione?

 

E.T.: La Grecia deve smettere di sottostare ai diktat della Trojka, deve cioè sospendere unilateralmente il pagamento del debito per costringere i creditori a trattare in condizioni per loro sfavorevoli. Se la Grecia sospende il pagamento, come ha fatto l’Ecuador nel novembre 2008, è chiaro che, in altre condizioni, tutti i detentori di buoni li venderebbero al 30% del loro valore nominale. Questo indebolirebbe chi possiede buoni e darebbe maggior forza al governo greco, anche se in una situazione di grande difficoltà.

 

C.A.B.: L’Ecuador ha sospeso il pagamento complessivo dei buoni, dopo un processo di audit, ma non nelle condizioni della Grecia, L’Argentina lo ha sospeso nel 2001 in una situazione simile a quella greca.

 

E.T.: Si, il confronto vale piuttosto con l’Argentina, che non aveva liquidità per pagare. Ha sospeso il pagamento e ha ottenuto di non farlo per 3 anni (dal dicembre 2001 al marzo 2005) con i mercati finanziari e la proroga (di più di dieci anni) con il Club di Parigi, riuscendo al tempo stesso a crescere economicamente e a imporre ai creditori un cambiamento dell’entità del debito con uno sconto del 60%.

 

C.A.B.: Questo però le è costato il prezzo di rimanere finora tagliata fuori dal mercato finanziario mondiale.

 

E.T.: Evidentemente, ma l’Argentina, pur essendo tagliata fuori dai mercati finanziari da dieci anni, e senza pagare niente al Club di Parigi per lo stesso periodo, cresce a un ritmo annuo dell’8%, il che dimostra che un paese può ottenere fonti di finanziamento alternative ai mercati finanziari. Anche l’Ecuador sta emettendo nuovi buoni e registra una crescita.

 

C.A.B.: Ma si sta indebitando con la Cina a tassi superiori…

 

E.T.: Sì, bisogna trovare forme che consentano di mantenere la sovranità con queste nuove fonti.

 

C.A.B.: Tornando alla Grecia, molti analisti, lei compreso, sostengono che gran parte del debito greco è illegittimo.

 

E.T.: Certamente.

 

C.A.B.: Ma lo si può dimostrare solo con un audit.

 

E.T.: Parte del movimento sociale europeo ha ricavato la lezione dell’esperienza latinoamericana. Noi siamo intervenuti con la proposta dell’audit pubblico del debito, che è riuscita ad avere un’enorme risonanza. Abbiamo audit pubblici dal basso in sette paesi europei, Grecia compresa anche senza l’appoggio del governo.

 

C.A.B.: Crede che alla fine si concluderà con un audit ufficiale, soprattutto nel caso della Grecia.

 

E.T.: Vedremo. Questo richiederebbe un cambiamento di governo, cioè un movimento sociale così forte da farla finita con le soluzioni governative favorevoli ai creditori, e che si passasse a un governo alternativo. All’America Latina sono serviti vent’anni per arrivarci.

 

C.A.B.: Significa che ci vuole ancora parecchio perché muti l’orientamento di governi europei come quello della Grecia?

 

E.T.: Sì, continueremo a conoscere una crisi destinata a durare dieci, quindici anni. Stiamo nella prima fase di resistenza. Sarà molto dura.

 

* Eric Toussaint, dottore in Scienze politiche, leader del Comitato per l’Annullamento del Debito del Terzo Mondo (CADTM, ex membro della Commissione dell’Audit Integrale del Debito pubblico in Ecuador (CAIC) – che è approdata alla sospensione del pagamento di parte del debito di quel paese – nonché tra i principali esponenti del movimento altermondialista, si esprime con chiarezza sul problema greco: a suo avviso, la Grecia deve sospendere il pagamento del debito e ribellarsi alla Trojka (BCE – Banca Centrale Europea; FMI – Fondo Monetario Internazionale; CE – Commissione Europea), altrimenti precipiterà stabilmente nella recessione.
(L’intervista à stata rilasciata il 16 febbraio 2012 a Carlo Alonso Bedoya e pubblicata dal quotidiano peruviano La Primera il 19 febbraio scorso). La versione in italiano è apparsa sul sito www.antoniomoscato.altervista.org