Una delle cose che più hanno dato e danno fastidio quando si parla di dumping salariale è sentire dei perfetti ignoranti in materia parlare del ruolo e della potenza che hanno i contratti collettivi di lavoro (CCL) nella lotta contro il dumping salariale e sociale.
Ma l’ignoranza si può, al limite scusare. Non è la stessa cosa con la malafede. E in questi anni di persone in malafede (spesso unita all’ignoranza) sul ruolo dei CCL come “baluardo” nella difesa dei lavoratori contro il dumping salariale ne abbiamo visti molti.
Una malafede che emerge da una duplice considerazione. Da un lato dal fatto che queste persone e ambienti da sempre si battono contro i CCL, considerati una regolamentazione che rappresenta un ostacolo ed un freno alla libera concorrenza, arrivando addirittura ad accusarli di svolgere un ruolo simile a quello dei cartelli e dei monopoli. Dall’altro perché queste persone sanno benissimo quale sono le debolezze del sistema contrattuale svizzero, la sua tutto sommato estrema debilità, e sanno quindi perfettamente che essi non possono e non potranno rappresentare un freno contro lo sviluppo del dumping salariale e sociale.
Ora che il dumping ha preso una buona velocità di crociera,avanzando lentamente ma sicuramente, questi “difensori” dei CCL possono finalmente gettare la maschera ed avviare la loro battaglia contro i CCL stessi.
A menare le danze è il PLR nazionale che, in un’interpellanza urgente presentata al Consiglio Federale, vuole sapere come mai il Segretariato di Stato all’Economica (SECO) abbia reso di obbligatorietà generale il CCL per i lavoratori delle agenzie interinali o l’intenzione di rendere obbligatorio quello del settore alberghiero.
Ora la malafede appare manifesta proprio analizzando questi due esempi citati. I nostri lettori e le nostre lettrici, proprio sull’ultimo numero di Solidarietà, hanno potuto constatare come il CCL del settore interinale è tutt’altro che uno strumento per combattere il dumping salariale. Proponendo salari di 3’000 franchi (in Ticino, per un lavoratore non qualificato, si può scendere anche a 2’700 franchi) in realtà si fissano condizioni così basse che il dumping salariale può benissimo avanzare indisturbato. Eppure ai liberali (ma non solo a loro) questa regolamentazione, proprio perché è tale al di là del suo contenuto, appare eccessiva. Si vogliono mani assolutamente libere e non si sopportano regolamentazioni, nemmeno quando queste rappresentano poco o nulla per la difesa dei salariati e delle loro condizioni di lavoro.
Ancora più interessante il caso del CCL del settore alberghiero. Un CCL che da decenni è decretato di obbligatorietà generale su iniziativa del Consiglio Federale anche se i requisiti minimi previsti dalla legge questo CCL non li ha mai soddisfatti. Ma, come noto, il Consiglio Federale può derogare alle condizioni minime previste (si tratta di percentuali di sindacalizzazione e di rappresentatività delle organizzazioni firmatarie di un CCL) e decretare comunque di obbligatorietà un CCL qualora vi siano interessi legati alla regolamentazione del mercato del lavoro. Così è stato per decenni per il CCL del settore alberghiero, così come quello di altri settori (ad esempio quello dei parrucchieri).
A dar man forte ai liberali non potevano mancare, su questo terreno, padronato e UDC che sono efficacemente rappresentanti, nella loro essenza di fondo, dall’imprenditore Peter Sphuler (padrone di Stadler Rail, una delle maggiori aziende europee produttrici di veicoli ferroviari) il quale pure si è lamentato di questa presenza eccessiva dei CCL che rappresenterebbero un freno alla flessibilità dell’economia svizzera.
Così il fronte partitico-padronale favorevole ai bilaterali e che ci aveva raccontato che le misure di accompagnamento ci avrebbero protetti (Spuhler, pur essendo uno dei leader dell’UDC si schierò a favore del sì agli accordi bilaterali) mostra il suo vero volto. Le difficoltà nell’ambito dei rinnovi contrattuali, pensiamo a quello dell’edilizia, sono un altro dei sintomi di questo “voltafaccia” padronale.
Che voltafaccia è solo agli occhi di chi a quelle garanzie di rispetto dei CCL, date per strappare il sì agli accordi bilaterali, ci aveva creduto ingenuamente (o colpevolmente). A cominciare dalle organizzazioni sindacali che adesso gridano al tradimento. Proprio loro che con quel comportamento hanno tradito, e alla grande, gli interessi dei salariati di questo paese.