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copertina_jpgAlcuni giorni fa è stato pubblicato, in lingua intaliana, Una lenta impazienza (trad. di T. Pierini e B. Seban, Edizioni Alegre), una sorta di autobiografia del filosofo marxista Daniel Bensaïd. La prima edizione fu pubblicata nel 2004 dalla casa editrice “Éditions Stock” e inserita nella collana “Un ordre d’idées”. Daniel Bensaï incarna alla perfezione la figura dell’intellettuale-militante capace di leggere una realà in continuo mutamento senza mai perdere i punti saldi della sua militanza volta alla trasformazione sociale verso un mondo più equo, giusto e solidare. Pubblichiamo qui il retro di copertina del libro*, consigliandone la lettura (Red.).

 

 

 

 

«Eravamo dei giovani che avevano fretta. La storia ci mordeva la nuca. Come se avessimo dovuto recuperare il tempo perso del “secolo degli estremi”, come se avessimo paura di mancare i nostri appuntamenti, politici e amorosi».

 

«Nel Libro di Giobbe, sabreen significa “coloro che possiedono la pazienza”. Noi ci siamo dovuti iniziare a questa pazienza biblica, a questa antica pazienza ebraica, più di cinque volte millenaria, […] si è dovuta imparare “l’arte dell’attesa”. Di un’attesa attiva, di una pazienza incalzata, di una resistenza e di una perseveranza che sono l’opposto dell’attesa passiva di un miracolo. Perchè “il miracolo non è di questo mondo, ma anche le assi più dure si possono trapassare da parte a parte”».

«Questo libro non è un romanzo. È tuttavia un testo di apprendistato – apprendistato della pazienza e della lentezza – ovviamente incompiuto. Non ha altra ambizione se non quella di ripercorrere un itinerario militante e intellettuale, dopo il disastro dello stalinismo, nell’epoca dell’apoteosi del mercato, quando i geroglifici della modernità espongono in piena luce i loro segreti. Non si tratta né di un’autobiografia, né di memorie. Come quelle, tenere e puntigliose, di Cadichon, le uniche memorie che valgano sarebbero, all’occorrenza, quelle di un asino. Si tratta piuttosto di una semplice testimonianza, per aiutare a capire quello che abbiamo fatto e che cosa vogliamo».

Con queste parole il filosofo marxista Daniel Bensaïd, tra i leader del Maggio ’68 francese, descrive la propria opera. L’affresco appassionato e brillante di un itinerario ricco di aneddoti, di ricordi personali, di riflessioni cruciali in una storia che ripercorre gli anni Settanta, le rivolte giovanili, i movimenti latinoamericani, le organizzazioni della sinistra antistalinista.
Contro la malafede che assicura che il mondo va bene e non va cambiato, contro la rassegnazione che sussurra che la disuguaglianza è naturale ed eterna, rivendica di «aver avuto ragione ad avere torto», e di pensare, in contropelo, che questo mondo possa ancora cambiare.

 

AUTORE
Daniel Bensaïd (1946-2010), professore all’Università di Paris VIII, ha pubblicato numerosissimi testi, di cui ricordiamo quelli tradotti in italiano: Gli irriducibili. Teoremi di resistenza allo spirito del tempo (Asterios, 2004); Marx l’intempestivo. Grandezze e miserie di un’avventura critica (Alegre, 2007); Chi sono questi trotskisti? Storia e attualità di una corrente eretica (Alegre, 2007); Gli spossessati. Proprietà, diritto dei poveri e beni comuni (Ombre Corte, 2009); Marx, istruzioni per l’uso (Ponte alle grazie, 2010).

 

* Il seguente testo è apparso sul sito www.ilmegafonoquotidiano.it