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Recentemente il Dipartimento finanze e economia ha presentato i dati relativi alle misure di rilancio dell’occupazione previste dalla Ri-Locc in Ticino. Si tratta di una serie di misure che dovrebbero aiutare le aziende a fare nuove assunzioni (attraverso il pagamento degli oneri sociali da parte dello Stato o l’assunzione delle spese di riqualifica e formazione) e contribuire a creare nuovi posti di lavoro soprattutto per i giovani.

 

Ora il bilancio per l’anno 2011 è piuttosto negativo: in generale si assiste ad un calo del 24% delle misure erogate. Il direttore della sezione del lavoro, Sergio Montorfani, commentando i dati, ha osservato come il calo sia da attribuire da una parte a motivi di carattere amministrativo e in particolare ai cambiamenti introdotti a livello federale circa i criteri per implementare alcune misure; dall’altra a ragioni di carattere congiunturale. In poche parole in un periodo di crisi economica nel quale le aziende tendono a non assumere personale risulta più difficile poter concedere questo genere di incentivi.
Con queste affermazioni, forse inconsapevolmente, Montorfani ha messo ben in evidenza la natura e la funzione di queste stesse misure. Non si tratta infatti di incentivi volti a favorire un inserimento nel mercato del lavoro duraturo e quindi delle cosiddette misure anti—crisi, ma si tratta prevalentemente di misure volte a sostenere le aziende nella loro politica di assunzione e quindi a scaricare le aziende di alcuni costi, senza richiedere in cambio nessuna garanzia a medio lungo termine. Lo Stato quindi finanzia le aziende se queste già decidono di assumere (facendole così risparmiare) ma non fa nulla per incentivare assunzioni non previste in anticipo o comunque pianificate. In un certo senso queste misure sgravano le aziende di alcuni costi fondamentali, ma non contribuiscono in nessun modo ad invertire una tendenza di fondo che è quella di assumere sempre meno, di mantenere ai livelli minimi l’occupazione stabile e di creare posti di lavoro solo temporanei e precari, adatti quindi a rispondere alla congiuntura economica.
E a poco servono le rassicurazioni sul fatto che il tasso di disoccupazione non sembra aver subito un aumento significativo nell’ultimo periodo. Da una parte infatti sappiamo che a livello svizzero e ticinese il tasso di disoccupazione viene calcolato sulla base delle persone iscritte agli uffici di collocamento. Si tratta quindi di un dato che fotografa un certo tipo di disoccupazione ma non l’intero fenomeno di chi è senza lavoro. Non tutti i disoccupati infatti hanno diritto alla disoccupazione oppure si iscrivono agli uffici di collocamento. Inoltre le recenti modifiche della Legge sull’assicurazione disoccupazione hanno nei fatti accentuato questo fenomeno riducendo i diritti alle indennità di disoccupazione. E i primi risultati si fanno infatti sentire: il numero di disoccupati ufficiali diminuisce, ma questo non significa che aumentano le persone che hanno un’occupazione. Si assiste infatti, come era prevedibile, all’esclusione di molte persone dal diritto alle indennità di disoccupazione e a un aumento di coloro che chiedono aiuto all’assistenza sociale. Un modo come un altro per nascondere un problema che invece andrebbe affrontato seriamente e non con sotterfugi statistici.