Dovrebbero riflettere bene tutti coloro che, commentando i risultati delle elezioni nazionali di qualche mese fa, ci hanno raccontato che il liberalismo duro, quello rappresentato da Blocher e dai suoi amici, sarebbe ormai in perdita di velocità in questo paese. Saremmo invece confrontati , ci hanno spiegato costoro, con un “nuovo centro” che, lontano dagli “estremismi” potrebbe avviare la Svizzera verso una nuova forma di concertazione che non potrebbe che far bene al paese.
A riportarci alla realtà, a farci capire quanto forte e duro sia il capitalismo reale e quanto contino le forze sociali dominanti di questo paese (alle quali il Parlamento federale è totalmente asservito), ci hanno pensato per l’appunto i rappresentanti padronali che, in una conferenza stampa negli scorsi giorni, hanno presentato un vero e proprio programma politico-sociale che intendono realizzare nei prossimi mesi. La loro offensiva si sviluppa su tre punti fondamentali.
Il primo è quello del mercato del lavoro. Come se non bastasse (la Svizzera è decisamente ai primi posti nell’ambito dei tradizionali confronti internazionali) i padroni vogliono realizzare sempre maggiore flessibilità. E non solo evidentemente a livello degli orari di lavoro, ma, soprattutto, in ambito salariale. Il pronunciamento contro l’iniziativa federale per un salario minimo legale rappresenta solo un aspetto propagandistico per i padroni. Essi sanno bene che quest’iniziativa, per il modo con il quale è formulata e per l’insipienza delle direzioni sindacali, ha poche chance di riuscire (d’altronde, e non a caso, hanno richiamato l’attenzione sull’analoga iniziativa per le 6 settimane di vacanza, miseramente fallita qualche settimana fa). No, a loro interessa sviluppare una flessibilità salariale che permetta allo stesso tempo di esercitare un controllo sociale. Non a caso mettono in avanti l’esperienza della concertazione, della contrattazione collettiva che, nell’ambito della pace del lavoro, ha sempre permesso loro di ottenere la massima flessibilità e di ridurre il salario ad una pura variante degli interessi e delle dinamiche aziendali.
Questa posizione padronale dovrebbe interrogare le organizzazioni sindacali che, imperterrite, continuano a sviluppare modelli contrattuali (pensiamo all’ultimo: quello relativo al personale interinale – ne abbiamo parlato negli ultimi numeri di Solidarietà) che vanno proprio nella direzione auspicata dal padronato.
Un secondo elemento dell’attacco riguarda quello che viene comunemente denominato il salario indiretto (o differito). In questo caso, come ormai costume da tempo, è il secondo pilastro ad essere sotto attacco. La questione in discussione è il tasso di conversione che il padronato vorrebbe abbassare, su questo di concerto con il Consiglio Federale, malgrado il rifiuto popolare di due anni fa. Ma, dietro a questo tema, vi è l’idea di una “rifondazione” generale del sistema e di una privatizzazione del secondo pilastro, magari attraverso una fusione con la previdenza individuale (terzo pilastro). Un modello che rischia di portare alla povertà milioni di pensionati, ai quali non resterà che un’AVS sempre più inadeguata e un “nuovo” secondo pilastro completamente privatizzato ed individualizzato.
Infine, terzo elemento dell’attacco, quello ai diritti individuali, a quelli dei lavoratori e dei loro rappresentanti sui luoghi di lavoro. Attaccando i casi di “denunce interne”alle aziende (lo spunto viene dalla vicenda Blocher-Hildebrand) in realtà si punta a bloccare qualsiasi possibile pratica di denuncia interna da parte dei lavoratori sul mancato rispetto delle disposizioni di legge, in particolare per quel che riguarda le condizioni di lavoro. In questo campo, sostiene il padronato, il padrone dev’essere sovrano, appartenendo l’azienda al suo totale dominio. Una logica che, evidentemente, dobbiamo cominciare a contestare a fondo.
Il padronato, con queste recenti posizioni, lancia una nuova offensiva contro i lavoratori. Più che mai fondamentale appare la necessità, per una sinistra degna di tal nome, di concentrarsi su questi aspetti e iniziare una riflessione su come costruire una risposta all’altezza della sfida padronale.