Tempo di lettura: 3 minuti

Il governo ticinese, con voto unanime – da Bertoli a Gobbi per intenderci, propone al governo federale di valersi della cosiddetta clausola di salvaguardia contemplata nel quadro degli accordi bilaterali. Lo fa rivolgendo questa proposta alla Conferenza dei governi cantonali affinché, a loro volta, la sottopongano all’esecutivo federale.

 

Di cosa si tratta? Di una misura, prevista dagli accordi bilaterali, che la Svizzera può far valere e che le permetterebbe di limitare, in determinate condizioni, il numero di nuovi permessi di dimora (permessi B) per cittadini provenienti dalla UE-8, cioè da quei paesi dell’ex-Europa dell’Est  approdati solo di recente nell’Unione Europea (Repubblica Ceca, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovenia e Slovacchia).

 

Non “serve a risolvere i problemi”

 

Il flusso di lavoratori e lavoratrici immigrati rappresenta per il governo cantonale «un problema». Alla faccia, naturalmente, dei discorsi sulla libera circolazione, sul diritto fondamentale che essa rappresenterebbe e che sarebbe stato conquistato proprio grazie agli accordi bilaterali, “sinistra” e “destra” sono dell’opinione che essa vada affrontata non certo in termini di regolamentazioni che le permettano di essere un vero diritto, ma nei tradizionali termini della limitazione e dei contingenti, la politica xenofoba che il governo elvetico ha condotto per tutto il dopoguerra (raggiungendo punte estreme nell’ambito della politica degli statuti, a cominciare da quello vergognoso di “stagionale”).

Così, di fronte alla propaganda leghista che chiede  di tornare alla vecchia politica dei contingenti – ed applicarla per la prima volta anche ai frontalieri– il governo dei “liberocircolazionisti” della  domenica risponde furbescamente proponendo l’introduzione del contingentamento –la clausola di salvaguardia è questo– per i permessi B.

L’operazione è talmente sfacciata che il governo sente il bisogno di specificare che tale misura, in realtà un vero e proprio atto di propaganda, non permetterà di risolvere i “problemi” del cantone: “Sappiamo bene che i nostri problemi non verranno risolti così”. Ma, come sempre, questo poco importa. Quel che conta è “sparare” una proposta che corrisponda ad un sentimento che cresce tra la popolazione, facendo proprio il punto di vista leghista, cercando così di togliere l’erba sotto i piedi al movimento di Bignasca. Moreno Colombo, in casa liberale, ha illustrato il metodo (con l’appoggio aperto del suo partito cantonale) ed è stato premiato alle recenti elezioni comunali. Perché quindi non seguirne l’esempio?

 

Avanti così” si felicita il gruppo UDC

 

E naturalmente Bignasca e soci, in questo caso il gruppo UDC da sempre fautore di questa politica, non possono che gioire di simili posizioni che spostano verso di loro il baricentro della discussione politica.

In un’interrogazione di pochi giorni fa al governo, il gruppo UDC in Gran Consiglio –per bocca di Marco Chiesa– “saluta con piacere l’iniziativa presa dal Consiglio di Stato”, facendo notare che tuttavia la proposta “non tocca invece il frontalierato, che costituisce il problema più acuto in Ticino”.

E, naturalmente, l’UDC non può non rilanciare le proprie proposte, affermando che “l’unica possibilità di una soluzione concreta è data dall’iniziativa popolare federale “Contro l’immigrazione di massa””; e via a citare il testo di questa iniziativa xenofoba sulla quale saremo quanto prima chiamati a votare.

E a sottolineare, in modo certo non disinteressato, che l’iniziativa xenofoba dell’UDC “permetterebbe di tornare a gestire in maniera del tutto autonoma la nostra immigrazione, nell’interesse della nostra economia. Il testo, ed è qui la differenza da quanto richiesto dal Consiglio di Stato…, comprende anche il lavoro dei frontalieri”.

Alla fine i rappresentanti dell’UDC, ed il loro ragionamento appare più che logico, chiedono al governo di prendere posizione “chiaramente ed espressamente” a favore della loro iniziativa xenofoba.

Sicuramente il governo non prenderà posizione a favore dell’iniziativa UDC (non in quanto tale, anche se alcuni suoi membri, e molti, sicuramente voteranno a favore). Ma, con la sua presa di posizione unanime a favore dell’utilizzazione della clausola di salvaguardia, ha cominciato a dare una grossa mano alla propaganda a favore dell’iniziativa xenofoba UDC.

Perché, con la sua presa di posizione, il governo ha contribuito -ed è penoso constatarlo, anche se non del tutto sorprendente- come in questa logica si sia lasciato   coinvolgere anche il rappresentante social-liberale Bertoli- a spostare la discussione fondamentale dal piano delle condizioni della libera circolazione (quello che comunemente viene posto parlando delle cosiddette misure di accompagnamento) a quello di una politica dell’emigrazione fondata su criteri di limitazione, che altro non sono che una ripetizione della vecchia politica xenofoba condotta nel dopoguerra.

Print Friendly, PDF & Email