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Pubblichiamo qui di seguito l’editoriale dell’ultimo numero di Solidarietà (nro 10 del  17 maggio 2012).

 

In Europa abbiamo assistito in queste ultime settimane a fenomeni elettorali importanti. In Francia non vi sono dubbi che il voto è stato, prima di tutto, un voto contro Sarkozy e la politica da esso incarnata. Una politica che, in forme diverse, ha tenuto banco in molti paesi europei in questi ultimi anni. 

Ed in Grecia, sorta di paese laboratorio di queste politiche, è nato un movimento di contestazione sociale che oggi trova una prima cristallizzazione nel risultato elettorale di Syriza.

Non diversamente, possiamo dire, le cose vanno in altri paesi come l’Italia e la stessa Germania. In modi diversi e deformati, come sempre quando ci si trova di fronte a risultati elettorali, anche le recenti tornate elettorali amministrative in questi due paesi segnalano la sconfitta dei partiti al governo, responsabili dell’applicazione delle politiche di austerità. E persino il voto punitivo nei confronti della Merkel altro non traduce se non il fatto che il “miracolo” tedesco si è realizzato (e continua a realizzarsi, seppur con il freno ormai tirato) a scapito degli interessi materiali e sociali della stragrande maggioranza dei salariati tedeschi.

Abbiamo detto che in alcuni paesi, in particolare Francia e Grecia (ma in parte anche in Germania e Italia) una serie di espressioni elettorali, seppure in forma diversa, catturano il malcontento contro queste politiche di austerità, segnalano, soprattutto come detto, la condanna delle forze al governo.

Si tratta ora di tradurre questa spinta al cambiamento in un reale processo di cambiamento politico. Per fare questo, evidentemente, l’avvento al governo di forze diverse da quelle che hanno finora retto le sorti di questi paesi in sé non cambia assolutamente nulla. Abbiamo detto e scritto che né la volontà di questi partiti, né il loro programma, né la lo strategia punta a mettere in discussioni gli assetti fondamentali  oggi dominanti nel capitalismo europeo. Non faranno nessuna “incursione” nel diritto di proprietà, oggi unica direzione verso la quale sarebbe possibile rimettere in discussione le decisioni fondamentali di banche e imprese industriali che determinano la vita concreta di decine di milioni di persone (basti pensare, in casa nostra, alla recente decisione di Mark Serono o a quelle della FIAT in italia o, ancora a quelle di Mittal Arcelor in Francia e in Europa).

Appare dunque fondamentale lo sviluppo a livello dei singoli paesi e a livello europeo di un forte movimento sociale di contestazione del capitalismo, delle sue logiche, delle sue decisioni. Un movimento che si opponga alle politiche dell’UE e alla loro traduzione nei singoli paesi. Un movimento che impedisca che i cambiamenti elettorali in atto non si traducano (in un paese come la Francia appare l’ipotesi al momento più probabile) in una politica di “austerità di sinistra” che prenderebbe il posto delle brutali politiche di austerità finora seguite.

Il voto favorevole ad alcuni raggruppamenti politici (pensiamo al voto per Syriza in Grecia o al Front de gauche in Francia) rappresentano un incoraggiamento in questa direzione. Questi raggruppamenti devono certo contestare sul terreno istituzionale le politiche in atto, ma devono soprattutto essere parte integrante di quel movimento di mobilitazione e contestazione anticapitalista al quale accennavamo.

Solo in questo modo essi potranno dare un contributo fondamentale alla lotta contro le politiche di austerità: un loro rinchiudersi in una logica di governo (interno o esterno ai governi che si stanno costituendo nei loro paesi) rischia di disperdere il potenziale di simpatia e di speranza che hanno suscitato. Con il pericolo ulteriore di un riflusso anche sul  piano elettorale. Perché le esperienze di questi ultimi mesi ci confermano anche questo: che le fortune elettorali  si possono perdere nell’arco di pochissimo tempo.