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Il consigliere federale Alain Berset ha lanciato, lo scorso 22 marzo, la campagna a favore della legge sulle reti di cure integrate (managed care) in votazione il prossimo 17 giugno. “Berset ha cambiato campo ed opinione” titolava il giorno seguente la Neue Zürcher Zeitung, annunciando che l’eletto “socialista”, che avevano votato contro la legge nella votazione finale in Parlamento il 30 settembre 2011, ora la sostiene non solo come rappresentante del Consiglio federale, ma anche “con convinzione”.

Berset  si profila in questo modo come la punta di diamante di una decisa campagna a favore di una legge contrastata, tra gli altri, dalla Federazione dei medici svizzeri (FMH),dall’Associazione degli ospedali svizzeri H + , dal partito socialista e dai sindacati. Sono dunque bastati meno  di 100 giorni per  dimostrarsi all’altezza delle  aspettative riposte su di lui dalla maggioranza di destra del Parlamento che lo ha eletto: mostrando così di essere un infaticabile commesso viaggiatore delle dolorose  controriforme in corso di preparazione  nell’ambito delle assicurazioni sociali (assicurazione malattia , AVS,2° pilastro, assicurazione invalidità). Con  la stessa efficacia dimostrata dalla sua compagna all’interno della compagine governativa, Simonetta Sommaruga,  in materia di politica di asilo e nei confronti della popolazione straniera. Buona scelta!

 

 

Quali sono i punti principali della legge  sulle reti di cure integrate (managed care)?

 

La legge si concentra sulla creazione di una nuova “forma particolare di assicurazione” , le reti di cure integrate. Essa comprende anche altre disposizioni, che non sono direttamente legate allo sviluppo di queste reti.

La legge sulle assicurazioni (LAMal) oggi fornisce già varie “forme particolari di assicurazione” (art 62): franchigie più elevate, sistema di bonus, medico di famiglia, ecc. Questi dispositivi combinano un vincolo accettato dall’assicurato, destinato a ridurre la domanda di prestazioni, ad  una riduzione del premio assicurativo. La peculiarità delle reti di cura integrate è quello di introdurre vincoli anche per i prestatori di cure.  Questo è il motivo per cui hanno potenzialmente un impatto trasformatore  molto più grande sul sistema sanitario.

 

Le reti di cura

 

Secondo  la definizione dell’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP), “una rete di cure integrate è costituita di professionisti della medicina che offrono agli assicurati un’assistenza e una cura globali e coordinate lungo l’intero percorso terapeutico” . Ciò ha diverse implicazioni importanti.

–  La rete di cura garantisce agli assicurati che vi aderiscono l’accesso alle prestazioni dell’assicurazione obbligatoria delle cure medico-sanitarie (AOMS). Questo include non solo quelle fornite dai medici, ma anche quelle dei farmacisti,dei  laboratori, dei  fisioterapisti,degli  ospedali, delle  case di cura, ecc. Non è necessario che tali fornitori facciano parte della rete di cura. Quest’ultima può delegare loro alcuni compiti. Ma è la rete ad essere  responsabile per l’intera catena di cura . Ciò significa che l’assicurato deve per prima cosa sempre contattare la rete di  cure, tranne in caso di emergenza. In secondo luogo è la rete di cura a determinare : a) la cura necessaria e b) chi la deve fornire.

 

– La rete di cure negozia con una o più assicurazioni malattia  un contratto che disciplina la remunerazione delle prestazioni.  Non vi è alcun obbligo di contrattazione da parte dell’assicuratore: egli  può scegliere le reti che corrispondono meglio alle sue esigenze. Nel quadro di questo contratto, la rete assume la “corresponsabilità finanziaria delle cure mediche prestate agli assicurati” . Cosa significa?

a) Il meccanismo di base della corresponsabilità finanziaria è il seguente: tenendo conto di una serie di criteri destinati a definire il profilo di rischio della rete degli assicurati affiliati alle rete (età, sesso, ricoveri recenti o il tipo di farmaci consumati, per esempio), viene determinato un bilancio preventivo per l’anno seguente (ex  ante) . L’assicuratore e la rete determinano pure  le regole nel caso di un  superamento del preventivo, o di spese inferiori ad esso. La logica del sistema vuole che queste regole prevedano meccanismi di sanzioni finanziarie per le reti nel caso di superamento, in ogni caso di fronte a ripetuti superamenti  e di  ricompense nei casi in cui il preventivo di spesa si rivelasse superiore alle spese effettive.

b) La corresponsabilità finanziaria non si limita ai servizi prestati direttamente dalla rete di cure: esso copre tutte le cure mediche fornite agli assicurati. La rete ha quindi un interesse, da un lato a     contenere le cure o gli esami ordinati, dall’altro a verificare che  i fornitori  di cure con i quali collabora forniscano le loro prestazioni alle condizioni più vantaggiose. In altre parole: la rete delle cure diventa l’agente degli assicuratori e la loro logica finanziaria per i propri membri e presso gli altri fornitori ai quali  delega delle cure o delle analisi.

 

– Secondo l’UFSP, la legge dà diritto ai fornitori di prestazioni  delle reti di cura di prescrivere  trattamenti riconosciuti, ma che non figurano nel catalogo delle prestazioni rimborsabili. Si tratta, secondo l’UFSP, “di estendere la libertà terapeutica del medico e degli  altri fornitori di prestazioni e quindi di migliorare la gestione della assicurato” . Si può pensare ai farmaci necessari alla cura di  alcuni tumori o delle cosiddette  malattie orfane (malattie rare NdT), per i quali il rifiuto del rimborso, con l’argomentazione che non sono iscritti nell’elenco delle specialità, ha spesso scandalizzato. Questa disposizione è un tentativo di rendere le reti di cure attrattive per i professionisti del settore e le persone malate, in particolare per coloro che soffrono di malattie croniche. Se le reti di cura dovessero generare dei  risparmi – che è il loro scopo primario dichiarato – è necessario che assicurati che ricorrono spesso alle cure vi aderiscano. Tuttavia, questa disposizione è sconvolgente: ci si chiede perché, se i trattamenti sono “riconosciuti” , devono essere rimborsati solo ad alcuni tipi di assicurati e non ad altri…

 

–  All’entrata in vigore della legge, la creazione di reti di cura e la conclusione dei relativi contratti con gli assicuratori verrà fatta solo su base volontaria. Tuttavia, la legge prevede che se l’offerta di reti di cure  rimarrà inadeguata nei tre anni seguenti,  il Consiglio federale potrà obbligare agli assicuratori ad offrire questo particolare tipo di assicurazione. La legge ha dunque  lo scopo di imporre la generalizzazione di questa forma di assicurazione.

 

Le persone assicurate nelle reti di cure

 

Allo stesso modo  dell’attuale assicurazione imperniata sul  medico di famiglia, gli assicurati nell’ambito di una rete di cure si impegnano a consultare  prima di tutto un medico (o un altro prestatore di servizi) membro della rete. L’obbligo tuttavia è molto più ampio.

– In primo luogo poiché questo obbligo potrà essere fatto valere anche per le consultazioni di tipo oftalmologico o ginecologico, il che non è il caso oggi con l’assicurazione del tipo medico di famiglia. In secondo luogo, poiché la rete di cure deciderà non solo quali cure prestare o quali  analisi effettuare, ma anche da chi queste prestazioni saranno fornite. La libertà di scelta degli assicurati è dunque nettamente più limitata rispetto ai sistemi attuali, già progettati per limitarne la portata.

 

– Per stimolare gli assicurati ad aderire alle reti di cure è stato creato un meccanismo di incentivazione finanziaria. Essa si concentra sulla quota-parte, cioè sula quota di partecipazione alle spese rimborsata dall’assicurazione malattia, una volta superato il limite delle franchigia. Attualmente, la partecipazione  è del  10% dei costi, con un massimo fissato a 700 franchi all’anno per gli adulti. La legge mantiene questa percentuale  di partecipazione per gli affiliati alle reti di cura, ma abbassa il limite massimo annuale a 500 franchi. Gli assicuratori potranno anche rinunciare, in tutto o in parte, a far pagare la partecipazione. Per contro gli assicurati che non sono affiliati ad una rete di cure in futuro dovranno partecipare nella misura del  15% ai costi, con un limite massimo portato a 1000 franchi all’anno. L’incentivo finanziario per aderire alle reti di cura è costituito in realtà da un maggiore onere finanziario per coloro che decideranno di non aderirvi. La scelta di collegare  il “vantaggio” finanziario alla scelta di adesione ad una rete di cura conferma  la volontà di “colpire” i malati.

–  Gli assicurati che aderiscono ad una rete di cura potranno  anche beneficiare di un premio ridotto, come avviene già  oggi per coloro che scelgono altri modelli assicurativi particolari. Tuttavia, la maggioranza di destra in  Parlamento ha colto l’occasione di questa nuova legislazione per introdurre la possibilità di stipulare contratti con una durata di tre anni (oggi hanno una durata annuale), per tutte le forme particolari  di assicurazione. Si tratta di una vecchia proposta di Pascal Couchepin, che  all’epoca aveva sollevato un mare di opposizioni e aveva dovuto essere abbandonata: scacciata dalla porta, rientra ora dalla finestra. L’obiettivo è di impedire che assicurati in buona salute, avendo scelto questi modelli assicurativi con l’obiettivo di risparmiare sui premi, possano rapidamente rivedere la loro scelta quando si trovassero  confrontati con problemi di salute. I membri di una rete  di cure integrate che non fossero soddisfatti  dell’assistenza ricevuta si troverebbero a dover scegliere se  vivere con un sistema di cure  che  non soddisfa le loro aspettative o pagare un sostanziale “premio di uscita”.

 

Altre disposizioni

 

La legge contiene due disposizioni che sono solo indirettamente correlate, o per nulla, con le reti di cura. Esse avrebbero potuto essere state adottate in modo del tutto indipendente.

 

– Compensazione dei rischi

In un sistema assicurativo che prevede un premio unico per cassa e per regione, indipendente dal rischio individuale, e assicurazioni multiple, un meccanismo di compensazione dei rischi è essenziale per limitare le differenze di premio tra casse e per frenare la caccia ai “buoni rischi”, cioè coloro che pagano regolarmente i premi, costando poco o nulla. Il sistema implementato all’inizio della LAMal era estremamente grossolano, basato esclusivamente su età e sesso. L’attività di caccia ai buoni rischi ha così potuto svilupparsi  senza limiti. Una prima revisione, che si prefiggeva di perfezionare tale compensazione, è entrato in vigore all’inizio del 2012. Essa aggiunge un nuovo criterio (un soggiorno più lungo di tre giorni in un ospedale o una casa di cura durante l’anno precedente) la cui efficacia è assai discutibile, in particolare dato il  crescente trasferimento delle cure, d’altronde assai costoso, verso il settore ambulatoriale.  La legge sulle reti di cura integrate aggiungerà altri criteri, in particolare quelli relativi alla “la morbilità degli assicurati determinata in base a indicatori appropriati”. La formula è sufficientemente vaga da permettere manovre  atte a bloccare il progetto. D’altronde,  questo articolo relativo alla compensazione dei rischi ha una validità limitata fino alla fine del 2016 … il che spiega l’attivismo mostrato da alcuni assicuratori su questo argomento (vedi sotto).

 

– Copertura delle spese legate alla maternità

La legge estende a tutte le cure collegate alla gravidanza, al parto e fino alla 8a settimana  successiva al parto l’esenzione della partecipazione ai costi. Attualmente, l’esenzione dal pagamento della partecipazione  non era valido per la cure causate da complicazioni.

 

Perché il Consiglio federale attribuisce così tanta importanza alle reti di cura integrate?

 

Un’ipotesi, assai discutibile, sottende la politica nei confronti dei medici, per lo meno fin dal  momento dell’entrata in vigore  della LAMal: essi sarebbero, dato il loro ruolo di prescrittori di cure, uno dei principali fattori di aumento della spesa sanitaria. È  la teoria della domanda indotta  dall’offerta.  La risposta a questo “problema” consisterebbe , nell’ambito della LaMal, a  costringere i medici a sottomettersi  sempre più ad un quadro (finanziario, ma anche terapeutico, per forza di cose) predefinito dalle assicurazioni. La premessa di questa proposta è che gli assicuratori agirebbero in qualità di rappresentanti degli interessi degli assicurati e dell’interesse pubblico. Cosa che, è noto, possiamo verificare ogni giorno…

 

Il modo più efficace per subordinare i medici alle assicurazioni è quello di rimuovere l’obbligo di contrattare che questi ultimi hanno attualmente nei confronti di tutti i medici autorizzati ad esercitare. Per  rendere più chiaro il concetto: far passare i medici da una situazione di sicurezza per il loro lavoro ad una nella quale peserebbe la minaccia della disoccupazione. Fino ad ora, i medici e la loro associazione, l’FMH, sono riusciti a bloccare questo progetto: la destra sa per esperienza che è molto difficile vincere un referendum popolare  su questo tema.

Managed Care è un modo per aggirare questa difficoltà. Dà agli assicuratori  la possibilità di scegliere le reti di cure delle quali rimborseranno le prestazioni e con le quali potranno negoziare le condizioni alle quali lo faranno, attraverso il meccanismo della ” corresponsabilità finanziaria”. A seconda delle dinamiche che si svilupperanno – ampiezza dell’adesione degli assicurati alle reti di cura, penuria o abbondanza  di medici in alcune regioni o specialità – questo nuovo quadro permetterà agli assicuratori di imporre più o meno facilmente nuove condizioni contrattuali ai medici, ma anche nuove pratiche terapeutiche, che vanno di fatto in direzione del razionamento di alcuni tipi di cure o di analisi, in  nome  di un rapporto costo-efficacia considerato troppo elevato.

 

Qual è il rapporto tra le reti di cure integrate e il nuovo sistema di  finanziamento degli ospedali (DRG) entrato in vigore nel gennaio 2012?

 

L’idea di base è la stessa in entrambi i casi: sviluppare ed esacerbare la concorrenza tra fornitori di prestazioni sanitarie, arbitrata dagli assicuratori, con l’obiettivo di rafforzare il potere di questi ultimi sui primi. Il presupposto, per nulla dimostrato, è che sarebbe in questo modo possibile generare “guadagni di produttività” per ridurre i costi sanitari. Nel caso degli ospedali, gli strumenti utilizzati sono la fissazione preventiva  di valori di riferimento, a livello nazionale, per ogni tipo di trattamento, la realizzazione della parità tra gli ospedali pubblici e le cliniche private riconosciute dalla pianificazione cantonale e la libera scelta dell’ospedale da parte dei pazienti. Nel settore ambulatoriale, è la libertà concessa agli assicuratori di scegliere le reti di cura con le quali collaborare e il meccanismo di corresponsabilità finanziaria.

 

La realizzazione del sistema di finanziamento  ospedaliero attraverso il DRG (Diagnosis related group: cioè i raggruppamento omogenei di diagnosi , cioè il  sistema di retribuzione degli ospedali per l’attività di cura, introdotto, ad esempio, in Italia nel 1995 e in Francia nel 2004) ha come effetto di incoraggiarli a sviluppare ulteriormente le attività di tipo ambulatoriale, come risposta alla pressione finanziaria che ne risulta. Il sistema di reti di cura integrate riempie questa breccia aperta nel rigore finanziario  imposto agli ospedali.

 

Una contraddizione esiste tuttavia  tra queste due leggi. Uno dei principi fondamentali  del nuovo finanziamento ospedaliero è la libera scelta dell’ospedale da parte del paziente. Per contro,  le reti di cura tolgono agli assicurati la facoltà di scegliersi i fornitori di prestazioni ai quali fare capo, compresi quelli ospedalieri. Questo evidenzia aspetti diversi. L’argomento della libera scelta dell’ospedale è in gran parte un “argomento di vendita” del nuovo sistema di finanziamento degli ospedale, i cui obiettivi di fondo si situano ad altro livello. Ma il nuovo sistema di finanziamento degli ospedali  rappresenta anche uno degli aspetti fondamentali per la lobby delle cliniche private.  Esse potranno, a spese  dell’ente pubblico  e dell’assicurazione malattia obbligatoria (cioè degli assicurati), rafforzare la loro posizione nei segmenti redditizi di attività, puntando  sui casi più semplici (senza plurimultimorbilità o complicazioni) e pianificabili, che i meccanismi intrinsechi previsti dal sistema di finanziamento DRG rendono particolarmente redditizi, come fanno notare, per la verità un po’ tardivamente, i direttori degli ospedali universitari di Basilea e Losanna in un contributo pubblicato di recente sulla stampa nazionale ( Neue Zürcher Zeitung e Le Temps , 17 aprile 2012). Ma per cliniche private, come per molti altri settori economici legati alla salute (farmaceutico, industriale, produttore di apparecchiature o dispositivi protesici, ecc.), il “controllo” della spesa sanitaria non è veramente una priorità …

 

La legge sulle reti di cure integrate è quindi una legge fatta su misura per gli assicuratori …

 

Le reti di cura integrate mirano a rafforzare il potere degli assicuratori  di fronti ai prestatori di cure, in modo particolare nei confronti dei medici. Gli assicuratori malattia sono tra i maggiori sostenitori di questa legge. Tuttavia esiste una forte concorrenza tra gli assicuratori, che non hanno tutti lo stesso “modello d’affari”. Questo  si riflette anche sulle loro posizioni relative a questo tema.

Santé Suisse,  a lungo il portavoce unico e onnipotente delle  assicurazioni malattia, non ha più oggi lo stesso potere.  Assura (640.000 assicurati a 2010) non vi fa più parte. Alla fine del 2011, tre giganti del settore, Helsana (1’870.000 assicurati), Sanitas (0,88 milioni di assicurati) e il Groupe Mutuel (1 milione di assicurati) hanno creato una loro lobby: l’Alleanza degli assicuratori malattia svizzeri (AAMS). L’AAMS sostiene la legge sulle reti di cura integrate, pur essendo “molto critica” sulla questione ( Neue Zürcher Zeitung , 2 dicembre 2011). In realtà, la sua priorità è altrove: l’AAMS, sotto la guida del gruppo Mutuel, ha lanciato una grande campagna sul tema del premio differenziato per la fascia d’età tra i 25 e i 34 anni, con il pretesto dei costi eccessivi che assicurazione sanitaria rappresenterebbe per questa fascia di età.

 

Il direttore dell’UFSP, Pascal Strupler, che ha ovviamente mantenuto la stessa affinità elettiva che il suo ex capo, Pascal Couchepin, aveva con il gruppo Mutuel, ha risposto immediatamente con un segnale positivo a questa offensiva ( Le temps , 2 marzo 2012). L’obiettivo è chiaro: si tratta di affondare il rafforzato meccanismo di compensazione dei rischi  entrato in vigore nel 2012 e che la legge sulle reti di cura integrate potrebbe ulteriormente permettere di perfezionare. La compensazione dei rischi è sempre stata la bestia nera del gruppo Mutuel che ha costruito la sua rapida ascesa attraverso una caccia spudorata ai “buoni rischi”. Altri assicuratori, come ad esempio  la CSS (1,4 milioni assicurati),  hanno fatto scelte strategiche in parte diverse. La sua base storica di assicurati permette ad una cassa come la CSS di poter contare su un portafoglio di clienti probabilmente più diversificato (in termini di rischio) rispetto a gruppi come Mutuel o Assura, cosa che non le ha  impedito comunque  di partecipare alla caccia i buoni rischi,            ad esempio  lanciando un’assicurazione accessibile solo tramite   Internet.  La  CSS ha inoltre sviluppato, soprattutto nella Svizzera tedesca, una maggiore esperienza nell’ambito delle reti di cure. La CSS sostiene quindi senza riserve la nuova legge e il meccanismo rafforzato di compensazione  dei rischi, dal quale sicuramente pensa di poter trarre un rafforzamento  dei propri vantaggi comparativi.

 

Queste posizioni diverse illustrano un fatto semplice: l’obiettivo principale degli assicuratori rimane lo sviluppo dei loro affari e della redditività delle loro imprese, punto e a capo. Per raggiungere questo obiettivo, la caccia ai buoni rischi è una delle strategie più semplici e redditizie. Ci si vuol far credere che creando un quadro normativo “adeguato” e moltiplicando gli incentivi “corretti”, sarebbe possibile portare questi demoni a comportarsi come angioletti, indipendentemente dalla loro stessa volontà. L’esperienza dimostra  invece di quale immaginazione e robusto lavoro di lobbying siano capaci per mantenere aperta la strada più comodo verso la garanzia dei maggiori profitti.

 

Le reti di cure non rappresentano forse il futuro della medicina?

 

Il modello di reti di cura integrate non sarebbe in discussione;  il dibattito riguarderebbe solo il modo per arrivarci, ha affermato il consigliere federale Alain Berset  intervenendo ad una conferenza di professionisti del settore della salute il 21 marzo 2012 a Lucerna ( NZZ on-line ). Questo tipo di argomentazione è reso  ancora più facile dal fatto che, per anni, le istanze direttive della FMH  e molti  eletti del Partito Socialista, come Simonetta Sommaruga all’epoca consigliera agli  Stati, hanno in effetti opposto la proposta che i medici creassero reti di cure integrate in alternativa  alle richieste degli assicuratori  di eliminare l’obbligo di contrattare a loro imposto. La destra in realtà  ha approfittato della breccia aperta da questa sottile manovra tattica.. Sappiamo ora come è andata a finire.

 

Non bisogna tuttavia farsi ingannare. È facile trovare nelle colonne del  Bollettino dei medici svizzeri (FMH), o nella relazione su “Nuovi modelli di cura per la medicina di primo ricorso”, pubblicata il 2 aprile 2012 dall’UFSP e dalla Conferenza svizzera dei direttori cantonali sanità (CDS), esempi di misure molto concrete e consensuali suscettibili  di rafforzare la medicina di primo ricorso (di base)  in Svizzera e aumentare l’assistenza continua ed integrata dei pazienti (cosa, peraltro, non sempre possibile).

 

Tra le misure citate: il rafforzamento delle formazione universitaria e della formazione post-laurea dei medici di base (e l’indipendenza di questa formazione nei confronti della sponsorizzazione attuata dall’industria farmaceutica e della tecnologia medica!); la  rivalorizzazione dei medici di famiglia e dei medici di primo ricorso, anche a livello della loro remunerazione; il rafforzamento della ricerca e meccanismi di trasferimento delle conoscenze per gli operatori o, ancora, il sostegno all’apertura di studi medici collettivi. Ma la legge sulle reti di cura integrate non sfiora nemmeno questi temi. Le sue  due disposizioni principali –  la “corresponsabilità finanziaria” per i medici e l’abolizione per gli assicurati della libera scelta del prestatore di cure – si muovono su un altro piano, poiché i suoi obiettivi non hanno nulla a che vedere con il rafforzamento della medicina di primo ricorso e della presa a carico integrata e continua dei pazienti.

 

Detto questo, il gioco politico è ben  più complicato. L’Associazione svizzera dei medici di famiglia nel 2010 ha presentato un’iniziativa volta a rafforzare la medicina di famiglia, con più di 200.000 firme. La proposta di nuovo articolo costituzionale (118b) chiede: un rafforzamento della formazione, la rivalorizzazione finanziaria della medicina di famiglia e un sostegno all’esercizio della medicina di primo ricorso, compresa la creazione di studi medici collettivi. Sotto la guida del liberale radicale Burkhalter, allora capo del Dipartimento degli affari interni (DFI), il Consiglio federale ha deciso inizialmente di  opporre a questa iniziativa un controprogetto concepito con il solo scopo di sconfiggerla. Infatti, esso è privo di qualsiasi impegno concreto e, peggio ancora, viene sancita nella Costituzione la svalutazione del ruolo dei medici di famiglia, integrati in una nuova categoria onnicomprensiva, la cosiddetta  “medicina di base” .

 

Nel frattempo, il dibattito sulle reti di cura integrate è finito e Alain Berset  ha sostituito Burkhalter alla testa del DFI. Nell’autunno del 2011, gli organi direttivi dell’Associazione dei medici di famiglia la Svizzera hanno preso con forza posizione a favore della legge sulle reti di cura integrate: si sono  pubblicamente dissociati dal referendum lanciato dalla FHM  e hanno persino rifiutato di organizzare una votazione tra i membri dell’associazione sul tema. Il loro calcolo è che il nuovo quadro legislativo rafforzerebbe il ruolo dei medici di famiglia.

Il  20 gennaio 2012, il consigliere federale Berset ha ricevuto una delegazione di questa associazione. Egli ha manifestato  “grande interesse per la  medicina di famiglia e sembra voler affrontare in modo mirato e veloce le rivendicazioni avanzate dai medici di famiglia;  ha garantito loro il suo sostegno”,  ci informa Actu, il bollettino dei medici di famiglia e infanzia svizzera, nel suo primo numero nel 2012. Qui vediamo all’opera tutto il “savoir faire” socialdemocratico: Berset ha capito la necessità di accattivarsi il sostegno dell’associazione di medici di famiglia con grandi promesse. La divisione dei medici potrebbe essere, infatti, una delle chiavi per sconfiggere il referendum in occasione del voto il 17 giugno 2012. In seguito,  la logica del sistema messo in atto, basterà a rimettere in discussione persino le promesse fatte a suo tempo !

 

* articolo apparso sul sito www.alencontre.org. La traduzione in italiano è stata curata dalla redazione di Solidarietà.