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Marina Carobbio mi ha inviato (come credo ad altre decine di migliaia di persone appartenenti a quella che si usa chiamare “l’area di sinistra”) una cortese lettera nella quale spiega le ragioni per le quali il suo partito invita, giustamente, a votare No alle rete di cura integrate il prossimo 17 giugno.

Al termine chiede pure un piccolo contributo finanziario per sostenere la campagna che il suo partito sta svolgendo a livello nazionale.

Visto l’impegno concreto che anche l’MPS sta svolgendo a favore della campagna contro il “managed care” (abbiamo organizzato diverse bancarelle e distribuito migliaia di volantini, cfr. pag. di questo stesso numero del giornale), mi ritengo esentato dal versare il mio contributo al PSS.

Penso però che il PSS dovrebbe svolgere un’intensa azione per farsi versare un sostanziale contributo a favore della sua campagna per il NO al “compagno” Berset, consigliere federale social-liberale di fresca nomina e da settimane fiero e strenuo difensore della riforma in votazione. Un bel contributo finanziario del compagno “Alain”, come lo indicava confidenzialmente Marina nei mesi in cui hanno “rivaleggiato” per l’investitura socialista per la corsa al seggio in Consiglio Federale, potrebbe, almeno finanziariamente, compensare la rabbia ( e la vergogna) che stiamo provando per questo atteggiamento (e che speriamo provino anche i militanti socialisti).

E questo non già per il fatto che un consigliere federale socialista applichi, approvi e difenda il programma del governo che, praticamente sempre, è quello imposto dai partiti borghesi e che tutti i partiti presenti in governo approvano in sede parlamentare. Varrà la pena ricordare che nella sua ultima sessione il Parlamento federale ha approvato (con poche opposizioni) il programma di governo per il periodo 2011-2015.

Quel che più fa impressione l’assoluta mancanza di un minimo di dignità politica con la quale Berset non solo fa marcia indietro su questa riforma (pochi mesi fa l’aveva combattuta nella sua veste di parlamentare), ma le motivazioni e l’accanimento con il quale oggi la difende. Una posizione che ha sorpreso persino i suoi compagni di partito. Stephane Rossini, consigliere nazionale e vice-presidente uscente del PSS, dichiarava qualche giorno fa: «sono rimasto sorpreso a sentirlo dire che sosteneva questo progetto «per convinzione». Questo indebolisce il PS…E molte sezioni cantonali mi comunicano il loro stupore…Tutto questo mi preoccupa».

Berset, dicevamo, non solo ha fatto marcia indietro, ma continua a dire a destra e a manca che la sua adesione la progetto di reti di cure integrate è oggi “convinta”, frutto di un approfondimento che finora non aveva potuto svolgere. E non contento di questo, cerca di intossicare la campagna con dichiarazioni fantasiose tese a colpire gli elettori e a cercare di sollevare le sorti di una modifica di legge che non sembra godere di ampi consensi.

Così ha preso l’iniziativa di diffondere la notizia che l’accettazione del progetto di reti di cure integrate farebbe risparmiare un miliardo: che, naturalmente, sarebbe appannaggio degli assicurati attraverso una diminuzione dei premi di cassa malati.

Tutte balle evidentemente; ma che mostrano a quale punto l’integrazione al governo social-liberale sia giunta. E questo attraverso l’accesso al governo di un candidato “ufficiale”, proposto dal partito, “competente”, “preparato”, “aperto”, “sociale”, ecc. ecc.

Ma questo non fa che ripetere un copione che si recita, con un successo non certo gigantesco ma perlomeno stabile – basti ricordare che oggi la percentuale elettorale del PSS a livello nazionale è la stessa di vent’anni fa – da decenni. E che vede il PSS svolgere più ruoli, in particolare quelli “principali” di partito di governo e di partito di opposizione. Come la trinità che è in cielo, in terra e in ogni luogo, il PSS è al governo e all’opposizione, a favore e contro. Una politica, come detto, che perlomeno gli ha permesso di mantenere un certo livello di consenso elettorale. Ma anche da noi il clima sociale potrebbe peggiorare (e già in parte sta avvenendo). Non certo come in Grecia; ma la Grecia ci insegna che nei periodi di forte instabilità sociale anche le fortune elettorali costruite in decenni di paziente equilibrismo politico possono cambiare radicalmente nello spazio di pochi mesi.