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Domenica 24 giugno, nel quadro della giornata mondiale di solidarietà con gli studenti del Québec, si è tenuta a Ginevra una manifestazione a cui ha preso parte un centinaio di persone. Pubblichiamo la traduzione dell’intervento dell’intervento dei giovani MPS-Romandia (Red.)

 

 

Buongiorno a tutte e a tutti !

 

Innanzitutto, vorrei esprimere la solidarietà del Circolo studentesco La Brèche, attivo a Friborgo, a Ginevra e a Losanna, al movimento studentesco del Québec, dal 13 febbraio in sciopero per rivendicare il diritto allo studio per tutti. Vorrei anche ringraziare le persone che hanno reso possibile questa manifestazione; è essenziale che azioni di questo tipo si svolgano nel maggior numero di città possibili. Infine, vorrei scusarmi per il mio “cattivo” francese. Sono di origni ticinesi, dunque di madre lingua italiana, e mi considero un “quebecchese” (minoranza) in Svizzera.

Il movimento che passerà alla storia con il nome di “primavera dell’acero”[1] si inserisce nelle varie lotte di resistenza che stanno emergendo nel mondo per contrastare i profondi effetti della crisi mondiale in cui il capitalismo è impantanato. Una crisi che distrugge milioni di vite umane, sia facendole cadere nella miseria – nell’indebitamento o in disoccupazione (in particolare per quanto riguarda noi giovani) – o costringendo sempre più persone a immigrare, ad accettare lavori sempre più precari. Gli studenti del Québec, sono scesi nelle strade per contrastare un innalzamento del 75% delle tasse universitarie. La loro determinazione si spinge oltre e solleva nuovi problemi: la profonda corruzione di un potere politico legati agli interessi minerari, di un potere che non cessa di diminuire, o di eliminare, le imposte sulle grandi ricchezze e sulle imprese.
Questo non impedisce, per citare l’esempio di un discorso diffuso che sentiamo ovunque, al Ministro delle finanze del Québec, Raymond Bachand, di pretendere che l’aumento delle rette universitarie sia una misura di… giustizia sociale[2]! È il mondo all’incontrario! Presentare una misura che aumenta la selettività sociale e che obbliga migliaia di studenti a contrarre debiti, sottomettendo il sistema educativo al principio dell'”utilizzatore-pagante”, che è la negazione del diritto all’educazione, come una misura di giustizia sociale è ignobile.
Il governo liberale di Jean Chares ci mostra in tutta chiarezza quale funzione assolve: quella di difendere gli interessi dei ricchi e delle imprese. La legge 78, denunciata lunedì scorso dall’alta commissaria ai diritti umani dell’ONU, la sudafricana Navi Pallay, è esemplare della rigidità autoritaria e securitaria del potere governativo confrontato a un movimento che vuole mettere in discussione gli interessi dei potenti. Bisogna ancora sottolineare, visto che siamo a Ginevra, che la risposta a questa denuncia da parte del governo del quebecchese canadese è stato, testualmente, il seguente: “le leggi di Ginevra, sede dell’ONU, sono molto più severe per gli organizzatori di manifestazioni. Questi devono fornire un itinerario alle autorità 30 giorni prima dell’evento. La legge d’eccezione prevede un preavviso di otto ore. Dunque, noi non siamo più severi della città che ospita le Nazioni Unite. Noi siamo più permissivi”. Charest si riferisce alla nuova Legge sulle manifestazioni su suolo pubblico, adottata lo scorso marzo nel Cantone di GInevra. Una legge che su certi aspetti è effettivamente più severa della legge 78 e che dovrebbe, più correttamente, chiamarsi Legge di divieto di manifestare sul suolo pubblico…
Questo movimento continuerà e prenderà vigore il prossimo anno accademico. Le discussioni in corso vogliono allargare la protesta ad altri settori della società , chiamando a uno “sciopero sociale”. È importante dunque che la nostra solidarietà continui.

 

Come richiestomi, vorrei spendere qualche parola sulla condizione degli studenti in Svizzera.

La Svizzera è un paese nel quale i processi di privatizzazione, il carattere privato di istituzioni a “vocazione sociale e collettiva” (come per esempio l’assicurazione malattia) hanno raggiunto un livello di gran lunga superiore rispetto ad altri paesi europei. È in questo contesto che dobbiamo capire il futuro dell’educazione in questo paese.

Sebbene non vi siano molti dati statistici a disposizione per quanto riguarda la condizione degli studenti, possiamo evidenziare i seguenti elementi:
1° Il precursore della “formula Charest”, il liberale Mauro dell’Ambrogio, segretario di Stato alla Formazione, alla ricerca e all’innovazione, ed ex sindaco del mio comune d’origine, nel dicembre 2010 ha lanciato la proposta d’innalzare le rette universitarie a 8’000 franchi annui[3]. Ciò significa, a seconda delle Università, un aumento dal 6 al 20% (con una forchetta compresa tra i 1’000-4’000 fr. per gli studenti con passaporto svizzero/ 1’000-8’000 fr. per gli studenti stranieri). La Conferenza svizzera dei direttori cantonali dell’istruzione pubblica non si ferma qui, un documento diffuso qualche mese fa insiste sulla necessità di ulteriori aumenti a carico degli studenti. Gli esempi delle Università di San Gallo, di Berna e di Zurigo sono in tal senso emblematici. Tutto questo in un paese dove esiste, da qualche anno ormai, un’Università che fa pagare ai suoi studenti rette di 4’000 fr. annui – per gli studenti svizzeri – e 8’000 fr. per gli stranieri: l’USI, con sede nel Canton Ticino, cantone di origine di Dell’Ambrogio.

2° Secondo uno studio dell’OCSE (2005), nel confronto internazionale la Svizzera è tra gli ultimi paesi per quanto riguarda gli aiuti allo studio. Solo il 14% degli studenti riceve una borsa di studio. Nel 2002, in un’altra patria liberale come è il Regno Unito, lo 0,26% del PIL è stato consacrato al finanziamento di borse di studio per studenti, questa cifra raggiunge lo 0,28% in Olanda, lo 0,2% in Germania e solo lo 0,04% in Svizzera[4]! Se invece volgiamo lo sguardo all’evoluzione degli aiuti allo studio, possiamo constatare che in realtà nel nostro paese gli aiuti allo studio sono addirittura diminuiti negli ultimi 10-12 anni, passando dal 25% nel 1993 al 14% che ho citato, mentre il numero di studenti è aumentato di circa il 20% nello stesso periodo.

3° Siamo confrontati a un sistema universitario selettivo, tra i più selettivi dei paesi dell’OCSE. Almeno uno dei due genitori di più di un terzo degli studenti, 36%, possiede un titolo universitario; mentre solo il 9% di entrambi i genitori degli studenti non possiede una formazione post-obbligatoria. Se affiniamo questo dato, nelle Università si conta il 42% di studenti con genitori che hanno seguito degli studi universitari, contro solo il 23% nelle Altre scuole specializzate[5]

4°Questa selettività sociale elevata non impedisce che, secondo una recente ricerca dell’Ufficio federale di statistica, circa il 75% degli studenti universitari svolge un lavoro salariato accanto agli studi[6].

5° Se a questo aggiungiamo i costi elevati e la penuria di alloggi per studenti (sono sicuro che alla maggior parte di voi sarà capitato di esser confrontato all’infinita lista d’attesa prima di poter visitare un appartamento, i mesi di attesa, il tempo dedicato alla ricerca di un alloggio), o l’assenza quasi totale di una vera politica pubblica in materia di alloggi popolari, tra cui gli alloggi per studenti; i costi dei trasporti pubblici, possiamo concludere che l’obiettivo di “mobilità e flessibilità” degli studenti su cui si fonda il cosiddetto processo di Bologna, non può essere raggiunto che per una piccola parte degli studenti, coloro che ne hanno i mezzi, oppure coloro che si indebitano per farlo.

6° La Dichiarazione di Bologna, ratificata dalla Svizzera nel 1998, pone altri problemi: essa si fonda sul criterio della formazione di un mercato dell’educazione. Il “sistema a crediti (ECTS)” ne costituisce la traduzione. Lega alcuni corsi (sempre di più) alla presenza obbligatoria dello studente, determina un valore superiore (rappresentato dal numero di crediti) ad alcuni corsi a scapito di altri – incoraggiando così un disinteresse per alcune discipline, se non addirittura alla soppressione di queste -, prepara una mano d’opera flessibile per i diversi bisogni delle imprese e crea un sistema universitario a due livelli. Provate, come molti studenti sono costretti a fare, tra cui il sottoscritto, a trovare un lavoro che permetta sia di finanziare gli studi sia di poter seguire con regolarità i “corsi obbligatori”… sapete benissimo cosa questo comporti in termini di carico di lavoro supplementare o di rinvii di esami nelle sezioni estive!

Per concludere, sono convinto che in questo contesto di profonda crisi economica e sociale, la nostra solidarietà con i movimenti che rimettono in causa un certo tipo di funzionamento della società basato sulla realizzazione dei profitti e sull’esclusione di milioni di persone dai bisogni di vitali. Siamo qui oggi per esprimere la nostra solidarietà con il movimento in Québec, ma la nostra solidarietà va anche al grande movimento studentesco cileno, che non si è ancora esaurito, con i popoli di numerosi paesi europei che si battono contro le misure di austerità imposte dalla Troïka, in particolare con il popolo greco, contro i popoli del Medio-Oriente che subiscono una dittatura sanguinaria, in Egitto e in Siria. Dobbiamo dunque allargare la nostra solidarietà a tutti questi “soggetti in movimento”.
Ma dobbiamo anche, innanzitutto, riflettere per combattere anche in questo paese gli attacchi ai bisogni di gran parte della popolazione, ma soprattutto, vista la nostra condizione di studenti, contro l’attacco al diritto all’educazione in questo paese. Questo presuppone il confronto sugli elementi seguenti:

– contro ogni tipo di aumento delle rette universitarie;
– contro un sistema di formazione che ci prepara principalmente a essere una mano d’opera flessibile e precaria;
– contro l’ingerenza, nell’Università e nelle scuole politecniche, delle grandi imprese private (Rolex, i colossi farmaceutici, le grandi banche, ecc.); per un’Università basata sulla soddisfazione dei bisogni sociali;
– per una politica pubblica in materia di alloggi per studenti e apprendisti;
– per trasporti pubblici a prezzi bassi per studenti e giovani in formazione;
– per un sistema di borse di studio degno di questo nome

Ecco alcuni temi sui quali dovremmo dibattere e agire per difendere un vero diritto all’educazione. Spero che questo dibattito possa continuare a partire dal prossimo semestre accademico.

Vi ringrazio.

 

Aris M., CLB, 24 Giugno 2012

 

*il presente articolo è apparso sul Blog dei giovani MPS, www.rivoluzione.ch