Pubblichiamo qui di seguito l’editoriale dell’ultimo numero del giornale Solidarietà.
Su questo giornale abbiamo spiegato in modo dettagliato come e perché lo Stato spagnolo ha messo in campo alcune decine di miliardi per salvare Bankia, il quarto istituto bancario spagnolo – frutto di una fusione tra alcune casse di risparmio. E avevamo anche pronosticato che non sarebbe servito a nulla, di fronte alla crisi profonda che conosce il sistema bancario spagnolo.
La richiesta ormai ufficiale di aiuto che il governo spagnolo rivolgerà alla Unione Europea (ed alle sue istituzioni) per far fronte alle difficoltà del suo sistema bancario troverà sicuramente accoglienza tra le istituzioni politiche e finanziarie dell’UE; questo perché a tutti è evidente che “ad essere in pericolo” non è tanto e solo il sistema bancario spagnolo, ma in ogni caso quello europeo, tali e tante sono ormai da tempo le imbricazioni del sistema finanziario.
Il salvataggio di Bankia e gli impegni che verranno sicuramente contratti quale contropartita dell’”aiuto” europeo rappresentano e rappresenteranno sicuramente un passo avanti ulteriore nell’offensiva sociale già in atto ormai da tempo in Spagna.
Ad essere nuovamente chiamati a pagare le conseguenze di queste azioni saranno i salariati, i giovani, i pensionati di ogni settore.
Si continuerà ad espellere inquilini che non riusciranno, come è avvenuto e continua ad avvenire negli Stati Uniti, a pagare muti diventati ormai insostenibili e concessi, all’epoca della bolla immobiliare, a condizioni che contenevano già di per sé lo sviluppo di questa situazione.
Si continuerà sopprimere posti di lavoro nel settore pubblico, in particolare nella salute pubblica e nell’insegnamento. In questo ultimo anno, ad esempio, sono state decine e decine di migliaia gli insegnanti che hanno perso il posto di lavoro, gettati per strada da un giorno all’altro. Con la facile ed immaginabile conseguenza di soppressioni di classi, di aumento degli effettivi, di peggioramento complessivo delle condizioni di insegnamento e apprendimento nella scuola pubblica.
Si continuerà a sopprimere posti di lavoro. Nel settore legato alla costruzione (come già è avvenuto nell’ultimo periodo) la crisi si approfondirà. Così come in altri settori già oggi confrontati con soppressione di posti di lavoro: dal settore delle miniere a quello della cantieristica.
Si continuerà a negare un futuro a milioni di giovani. Basti ricordare che ormai più della metà dei giovani in Spagna e senza lavoro per avere un’idea di quanto la crisi sociale sia profonda e le prospettive cupe.
Tutto questo continuerà, come detto, e si approfondirà. La guerra sociale lanciata e sperimentata in Grecia avrà un nuovo epicentro in Spagna e non dovremo sorprenderci se le dinamiche sviluppate in Grecia potranno ritrovarsi pari pari in Spagna.
Attacchi profondi ai salari, alle pensioni, alle condizioni di vita; proposte di privatizzazioni, di aumenti di tariffe, di razionamento di cure e servizi sociali riecheggeranno quanto già visto ed applicato in Grecia.
Tutto questo in un contesto nel quale la risposta del movimento sociale può essere forte, quantitativamente e qualitativamente uguale se non superiore a quella alla quale abbiamo assistito in Grecia. Il movimento degli “indignados” ha mostrato, nelle recenti mobilitazioni “commemorative”, di essere ancora in grado di svolgere un importante ruolo nella mobilitazione sociale. La speranza è che esso possa svolgere un ruolo centrale per spingere il moderato movimento sindacale a rompere gli indugi e mettersi a capo della contestazione politica e sociale di un capitalismo sempre più in crisi.