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Sabato 23 giugno a Berna si è tenuta l’assemblea dei delegati del settore dell’edilizia del sindacato Unia. All’ordine del giorno l’elezione del futuro responsabile nazionale del settore e membro del comitato esecutivo nazionale.

Non si è trattato, come spesso succede all’interno del sindacato, di una semplice ratifica di una proposta unica fatta dall’apparato ma di un’elezione tra due candidati. Il primo, Nico Lutz proposto dalla direzione del settore ed il nostro compagno Matteo Pronzini, proposto dalla regione di Berna e sostenuto dalle regioni romande, notoriamente più dinamiche e combattive. Matteo ha ottenuto 50 voti, Lutz 87. Abbiamo ritenuto utile porre alcune domande a Matteo per capire le ragioni della sua candidatura, il dibattito che si è sviluppato e quale bilancio fa di questa campagna. (Red)

 

In quale contesto si è svolta la discussione attorno alla nomina del futuro responsabile del settore edilizia?

 

L’elemento contingente è stato sicuramente il bilancio sul rinnovo del contratto nazionale mantello (CNM) concluso lo scorso mese di marzo. Tra la base, soprattutto nelle regioni che più si erano impegnate della mobilitazione, vi è un malcontento per i risultati ottenuti e soprattutto sui modi in cui è stata gestita la mobilitazione, sul distacco tra la base militante e la direzione del settore.
Questo malcontento nasconde però un tema più generale legato ad aspetti di fondo della politica sindacale: delle sue pratiche democratiche, della centralità dei lavoratori e della necessità di sviluppare il conflitto sociale. Aspetti che, in una forma o nell’altra, sono al centro del dibattito sindacale a livello internazionale.
In quest’ottica delle strutture di base di alcune regioni, tra cui Ginevra e Berna, hanno avanzato il mio nome ritenendo che per il mio percorso, i miei valori e la mia pratica sindacale potevo essere il candidato ideale a riprendere la responsabilità del settore.

 

Come si è svolto il dibattito nell’organizzazione attorno alle due candidature?

 

In primo luogo bisogna ricordare che raramente all’interno del sindacato vi sono più candidature. Fino ad ora, normalmente, l’apparato dirigente, in caso di sostituzioni o nomine, sceglieva il candidato ed esso veniva ratificato dalle strutture di base. Dunque un semplice atto formale non preceduto da un dibattito nell’organizzazione. Dico questo per contestualizzare la situazione e per far capire che non vi è una grande esperienza di dibattito tra orientamenti sindacali diversi. Spesso nel movimento sindacale si ha paura a dibattere, ritenendo che il confronto tra idee diverse sia sinonimo di spaccature e contrapposizione. Invece a mio modo di vedere solo grazie ad un dibattito, ad un confronto tra posizioni diverse, che è normale esistano in un’organizzazione, si può sperare di trovare le soluzioni migliori.
Anche per questa ragione sono stato positivamente sorpreso del fatto che una buona metà delle regioni (Ginevra, Vaud, Neuchàtel, Berna, Bienne-Soletta, Basilea, Argovia, Ticino) ha organizzato dibattiti contradditori tra i due candidati. Sono stato altresì positivamente sorpreso della combattività di buona parte dei comitati e del buon livello della discus
sione che vi è stato.

 

Quali sono stati i temi affrontati in questi dibattiti nelle regioni?

 

Fondamentalmente i temi alla base della mia candidatura.
La centralità dei lavoratori nel sindacato. La necessità che il sindacato nell’elaborazione delle proprie strategie parta dagli interessi dei lavoratori. Su quest’aspetto ho riscontrato una grande frustrazione nei comitati regionali su un tema come quello relativo all’insufficienza delle misure d’accompagnamento agli accordi bilaterali. Di fatto con gli accordi bilaterali nel settore edile vi è stata una forte precarizzazione delle condizioni di lavoro.
Le pratiche democratiche nel sindacato. E’ tempo ed ora che le proposte contrattuali siano votate dai lavoratori, che nelle commissioni di trattative accanto a sindacalisti di professione partecipino membri di base, che gli accordi contrattuali siano sottoposti a referendum tra i lavoratori, che alle strutture di base vengano dati compiti e diritti formali. Che le assemblee nazionali vengano precedute da riunioni locali nel corso delle quali si permetta ai lavoratori di aver una precisa idea di cosa verrà discusso a livello nazionale.
La presenza del sindacato sui posti di lavoro. Il sindacato deve saper conquistarsi il diritto di essere presente sui posti di lavoro, tramite i propri segretari, tramite l’esistenza di commissioni aziendali che abbiano realmente la possibilità di svolgere un lavoro d’applicazione dei diritti legali e contrattuali e di opposizione alle numerose forme di precarizzazione sempre maggiormente presenti sui cantieri.
Una pratica del conflitto sociale. Solo grazie allo stimolo del conflitto sociale, che dia la possibilità ai lavoratori di mobilitarsi e sviluppare pratiche collettive si può pensare di riuscire ad individuare una nuova generazione di militanti sindacali, capace di diventare dei quadri sindacali e controbilanciare l’attuale peso dell’apparato sindacale.
Da ultimo ma non meno importante la richiesta della base a che la direzione nazionale del settore esca dalla sede centrale e sia presente nelle regioni, sui posti di lavoro. Una direzione credibile deve essere uno strumento utile per far crescere le regioni, la nuova generazione di segretari sindacali ed i comitati edili; ascoltare le preoccupazioni e le esigenze della base e partire da esse per sviluppare la strategia sindacale.
Dove, al termine del dibattito, i comitati hanno proceduto ad una votazione tra i due candidati vi è stato un chiaro sostegno alla mia persona. A Ginevra 12 a 2, a Vaud 12 a 4, a Berna 35 a 2, a Bienne 6 a 5, a Neuchâtel 6 a 0.

 

E poi si è giunti all’assemblea dei delegati di sabato scorso con il voto maggioritario per Lutz.

 

Si. Sulla base delle prese di posizioni dei comitati regionali e degli interventi fatti nel corso dell’assemblea penso di poter affermare che Lutz abbia raccolto il sostegno della maggioranza delle regioni della Svizzera tedesca e del Ticino. La maggioranza delle regioni romande, Berna e Bienne hanno invece votato per me.
Al di là del risultato del voto credo sia importante sottolineare la positività del dibattito avuto e del fatto che nel corso della campagna Lutz abbia dovuto far proprie alcune delle mie proposte: integrazione della base nei processi decisionali, presenza della direzione nelle regioni e critica di quanto fatto nel passato recente dalla direzione del settore.

 

Per terminare, quale valutazione fai di questa “campagna”?

 

Credo sia stato importante mettermi a disposizione per tre ragioni.
In primo luogo ha permesso di rendere legittima l’idea che se vi sono posizioni diverse nell’organizzazione sindacale sia giusto confrontarsi, dibattere e permettere alla base di esprimersi democraticamente. Secondariamente, è stato un esercizio d’apprendistato sulle forme che un dibattito democratico deve assumere. Da ultimo, come già detto, ha obbligato il futuro responsabile del settore edile a far delle chiare promesse sulle modalità di funzionamento democratico che il settore dovrà avere in futuro.
A livello personale è stato un mese molto intenso e stimolate. Ho avuto la possibilità di constatare che i miei valori e la mia pratica sindacale, acquisita principalmente nel settore edile e nell’esperienza dell’Officina di Bellinzona, sono condivisi da una parte importante all’interno di Unia. Un motivo di speranza e di ottimismo in questi tempi bui per i salariati.