Pubblichiamo qui di seguito un contributo dei giovani MPS al dibattito attorno all’abolizione dei livelli nelle Scuole Medie del Cantone (Red.)
Questo testo vuole essere una parziale risposta alla presa di posizione dei Giovani Liberali tramite il loro presidente Giovanni Poloni apparsa sul CdT il 18.06.12. Un circolo vizioso di discriminazione: i livelli A e B nella scuola media. La scuola ticinese prevede a partire dalla seconda media per le lezioni di tedesco e matematica i livelli attitudinali (A) e Base (B). In linea teorica gli allievi meno dotati e con maggiori difficoltà seguono i corsi B. Un alunno può finire suo malgrado relegato ad un corso B magari per una difficoltà solo momentanea od una lacuna che ne pregiudica i risultati e che lo demoralizza allontanandolo ulteriormente dallo studio di tale materia. Ovviamente si può rompere questo circolo vizioso colmando le carenze oppure sostenendo degli esami (come quelli per accedere alle scuole me-die superiori per coloro che non hanno la media o/ed i corsi A), però questo richiede un sostegno esterno che può giungere dai famigliari (se hanno tempo e studiato) oppure (nella stragrande maggioranza dei casi) da costose lezioni private che i nuclei finanziariamente più deboli difficilmente possono permettersi.
Diventano dunque palesi i meccanismi della penalizzazione in funzione del ceto di provenienza. Se c’è quindi un difetto ideologico sta proprio nel voler applicare i dogmi del liberalismo (che tra l’altro prevedrebbero che tutti partano da una condizione di non privilegio) in un sistema che è estremamente basato sulla disuguaglianza economica e le conseguenti discriminazioni sociali. Basta dare un rapido sguardo ad i dati forniti dal Cantone (“La scuola in cifre 2010″) per osservare che dopo la seconda media solo il 30% degli allievi delle classi sociali più svantaggiate frequenta due corsi A, contro il 56% delle classi medie ed l’83% delle classe più benestanti oppure i tassi di accesso alle scuole medie superiori il 16% per i più poveri, il 37% per la classe media ed il 70% per i più ricchi. Se questo non è un chiaro ed inequivocabile segnale di discriminazione mi è difficile immaginarne un altro. Senza con-tare che il tasso di popolazione straniera è superiore proprio tra i ceti meno abbienti e che appunto questi allievi non di rado non hanno quale lingua madre l’italiano (e dunque gran parte delle loro difficoltà d’apprendimento dipendono dal filtro linguistico). Essi hanno maggiore probabilità di finire nei corsi B e qui arenarsi creando all’interno della scuola stessa una ghettizzazione di fatto. Inoltre i corsi B hanno un programma meno intenso ed approfondito dei corsi A. Semplicemente è ridicolo pensare che confinando gli allievi con più difficoltà in classi con lo stesso numero di ore di lezione e le stesse risorse (un solo docente e rapporto numero di allievi docenti sostanzialmente invariato) queste procedendo più lentamente raggiungano le condizioni dei loro amici e compagni dei livelli A e possano quindi accedervi. Naturalmente la sola abolizione dei livelli A e B non risolve minimamente i problemi sollevati in questo articolo, ma probabilmente (unico punto in cui mi trovo d’accordo con il signor Poloni) l’iniziativa generica lanciata dai Verdi ha il solo pregio di riaprire il dibattito sulla scuola pubblica che deve essere indubbiamente differenziata in funzione delle necessità d’apprendimento del singolo individuo ed offrire reali pari opportunità. Gli strumenti per concretizzare questi diritti fondamentali sono: l’aumento del numero di docenti e delle strutture scolastiche (con i connessi diminuzione del numero di allievi per classe e le sessioni di esercizi seguite da più insegnanti), ore di ripetizione gratuite e (per i casi più difficili) l’estensione dei programmi di sostegno, tutto ciò favorendo le classi unificate in modo che oltre ad apprendere nozioni scolastiche si favoriscano gli scambi e le relazioni tra allievi di diversa provenienza sociale, etnica, linguistica, dando fondamenta ad un clima di rispetto, tolleranza ed apertura al mondo.
Ciò richiede logicamente un incremento delle risorse da parte dello Stato e se queste non sono disponibili vanno prese là dove ci sono, vale a dire dai più abbienti e privilegiati contribuendo in tal modo ulteriormente ad una maggiore giustizia ed uguaglianza sociale e quindi creando un ambiente di effettive pari opportunità.
Oliviero Farinelli, Giovani MPS