A Taranto grande giornata di mobilitazione per salvare l’Ilva e l’ambiente. E anche la contestazione ai sindacati è in realtà espressione di una nuova volontà di liberarsi del peso dei Riva e delle complicità sindacali. L’unica speranza è l’autorganizzazione degli operai e dei cittadini.
Un flusso di operai che giungono dalla via Appia, la strada statale che costeggia l’Ilva. Arrivano e cercano un po’ di refrigerio. Il sole, nonostante sia ancora presto, comincia a picchiare. Il concentramento è sul Ponte S. Eligio, comunemente chiamato “Ponte di pietra”, che è l’altro ponte che collega la città antica dalla zona della ferrovia e dal Rione Tamburi (quello a ridosso del siderurgico). Il numero di operai è molto alto. E’ molto complicato stimare quanti siano. C’è poi l’altro concentramento di operai e di varie organizzazioni sindacali di base, dall’Arsenale Militare, che ha l’ingresso principale sulla strada centrale di Taranto. In questo corteo sono presenti un migliaio di persone, il corteo robusto si trova dall’altra parte.
La cosa che si nota immediatamente è che non si gridano slogan tranne, episodicamente “Il lavoro non si tocca”; mentre dalla parte del corteo meno numeroso gli slogan si sprecano, soprattutto nello spezzone dove c’è un comitato costituitosi un paio di giorni prima. Questo gruppo denominatosi “Cittadini e lavoratori liberi e pensanti”, lanciano slogan contro il sindacato confederale, nessuno escluso, e altri slogan. Dagli slogan lanciati in questo spezzone, si comprende quello che, intorno alle 10,30, accadrà in piazza della Vittoria: dove si terranno i comizi dei segretari nazionali dei metalmeccanici e dei confederali.
I due cortei sfilano senza problemi, tranne una contestazione contro Bonanni, segretario della Cisl, mentre rilascia un’intervista. Intanto sono cominciati i comizi in una piazza stracolma di operai. Non mancano drappelli di impiegati. Mentre sta intervenendo Landini, segretario nazionale della Fiom/Cgil, in piazza entrano gli operai e anche il comitato organizzatosi con un furgoncino e l’amplificazione. E inizia la contestazione.
La protesta è partita perché, il giorno prima, una delegazione di operai, di questo comitato, si è recata alla sede dei sindacati metalmeccanici chiedendo di fare un intervento dal palco. I sindacati hanno rifiutato la richiesta. Da qui la contestazione. Per tutta risposta, nel marasma generale, alle 10,30 dal palco si grida “La manifestazione è finita”! A questo punto due operai del comitato, utilizzando l’amplificazione del furgone tengono brevi comizi egemonizzando tutta la piazza. L’adesione alle cose che dice è evidente: “Siamo stanchi di delegare, dobbiamo decidere noi sul nostro futuro”. Non mancano slogan qualunquisti del tipo “La rovina dell’Italia siete voi”, rivolti ai sindacati. Si grida ai microfoni dei giornalisti delle varie emittenti televisive e alla domanda “ma cosa chiedete e a chi”? la risposta è: “Salvare l’ILVA, e lo chiediamo a tutti: ai politici e alle istituzioni”!
Bisognerà far emergere, fra questi lavoratori, che le prime responsabilità sono di Riva e che è lui che deve pagare per i danni procurati a una città in ginocchio sia dal punto di vista ambientale che da quello occupazionale.
Comunque, al termine, il giudizio sulla giornata è positivo perché un’area consistente di operai potrebbe, final- mente, comprendere che solo liberandosi dalla morsa dei capi, dei dirigenti e dall’abbraccio mortale di Riva, che non sono assolutamente loro amici, si potrà iniziare un percorso che porti a rivendicare i propri diritti. Cosa che fino ad ora è mancata e che la giornata di ieri, con le sue mille contraddizioni, potrebbe rappresentare.
* Ex operaio Ilva. L’articolo è stato pubblicato sul sito www.ilmegafonoquotidiano.it.