Pubblichiamo il volantino che nei prossimi giorni l’MPS diffonderà ai fuochi dei principali centri del Mendrisiotto. Nel testo si fa il punto sulla questione delle aperture domenicali così come della questione del dumping salariale, un tema sempre più scottante in tutta la regione.
Infuria ormai da mesi la polemica sulle aperture dome- nicali, rilanciate dalla decisione del Dipartimento delle Finanze e dell’Economia (DFE) della signora Sadis di concedere il permesso di apertura al Centro Ovale di Chiasso.
Ma, come ormai quasi tutti sanno, al Centro Ovale di Chiasso (e non solo) si lavora in una situazione di totale illegalità: infatti i negozi impiegano manodopera senza avere la necessaria autorizzazione da parte del la SECO a Berna (Segreteria di Stato dell’economia).
Questa situazione è chiara a tutti: governo, parlamento, datori di lavoro. Il presidente del Consiglio di amministrazione della società Centro Ovale ha addirittura confessato, sulle pagine di un quotidiano ticinese, di essere cosciente che i negozi lavorano nella più totale illegalità…
Perché no alle aperture domenicali nei centri commerciali?
La vicenda del Centro Ovale lo dimostra molto bene: esso non risponde ad alcuna esigenza dei cittadini e delle cittadine di Chiasso, del Mendrisiotto e delle regioni di confine italiane. Tutto quello che si trova in questi negozi è disponibile durante il resto della settimana in diversi altri centri commerciali, negozi, ecc. sparsi in tutto il Mendrisiotto che hanno già lunghi orari di apertura.
A questo si aggiunge il fatto, ammesso da tutti, che questi centri commerciali sono fonte di traffico, di inquinamento, di ricadute ambientali che rendono sempre meno vivibile la vita a Chiasso e in tutto il Mendrisiotto.
Tutti noi non siamo solo “consumatori”, ma anche (e soprattutto) lavoratori e lavoratrici che da anni vedono peggiorare le proprie condizioni di lavoro e di salario. Ed orari di lavoro più lunghi e più flessibili sono proprio al
centro di questo peggioramento. Estendere il lavoro domenicale, quello festivo, quello serale e notturno: si comincia con i centri commerciali per poi svilupparlo a settori sempre più ampi della società.
Favorire i commerci per creare occupazione?
Chi vuole estendere gli orari di apertura dei negozi e dei centri commerciali ci porta come esempio l’Italia. Secondo costoro i ticinesi andrebbero a fare la spesa in Italia poiché i negozi avrebbero orari di apertura più lunghi e sarebbero aperti nei giorni festivi.
In realtà i ticinesi vanno a fare la spesa oltre confine semplicemente perché la grande distribuzione continua a mantenere prezzi alti malgrado l’evoluzione del cambio e malgrado, da anni, possano rifornirsi a prezzi bassissimi in altri paesi. Lo sanno tutti che una famiglia spende il 50% in meno se fa la spesa in Italia. È un atto di legittima difesa contro prezzi che continuano ad essere eccessivamente alti e a favorire i margini di guadagno di importatori, grande distribuzione, mediatori vari.
Anche se i negozi fossero aperti in Ticino 24 ore su 24 per sette giorni, fino a quando la grande distribuzione manterrà prezzi così alti, di fronte a salari e redditi che in Ticino tendono sempre più a diminuire, non vi sarà alcuna ripresa dei consumi; senza dimenticare che la stessa grande distribuzione, con bassi salari, ad alimentare questa spirale verso il basso di salari e redditi. Solo rilanciando, ed in modo importante, il potere d’acquisto dei salariati in Ticino sarà possibile una ripresa delle attività e frenare il “turismo della spesa”. Ma per fare questo ci vogliono salari più alti e una forte diminuzione dei prezzi, in particolare da parte della grande distribu- zione.
MPS: l’unica opposizione politica al lavoro domenicale!
Il Movimento per il socialismo (MPS) è l’unica forza politica che in questi mesi si è opposta ed ha denunciato con chiarezza quanto sta succedendo al Centro Ovale, rispondendo in questo modo anche alle preoccupazioni della popolazione che, lo ha mostrato in modo chiaro, vuole dire basta al pullulare di centri commerciali che poco o nulla portano al benessere materiale, culturale e ambientale dei cittadini e della cittadine di Chiasso e del Mendrisiotto.
Continueremo questa battaglia anche rispetto alle modifiche che il Parlamento cantonale sta discutendo nel quadro della nuova legge sugli orari di apertura dei negozi.
Fateci sapere la vostra opinione, sosteneteci, partecipate alle nostre attività, prendete contatto con noi!
E il FoxTown?
La decisione delle organizzazioni sindacali di concludere all’epoca un accordo con il FoxTown può certamente essere discussa e contestata, naturalmente a seconda del punto di vista che viene adottato.
Si potrebbe dire, ad esempio, che quell’accordo non teneva conto degli sviluppi del traffico generati da questi centri commerciali, consapevolezza che oggi è assai diffusa. Sono passati quasi vent’anni ed è normale che sia così.
Ma se si valuta quell’accordo dal punto di vista dei salariati è evidente che fu un accordo importante e di grande valore. La legislazione sul lavoro vigente in Svizzera era ed è praticamente nulla.
I lavoratori del FoxtTown avrebbero dovuto accontentarsi (anche se non è poco) della semplice protezione che impediva il lavoro domenicale. Rinunciando a questa protezione, ne ottennero una complessivamente maggiore: settimana di 40 ore (per legge erano e sono 45), fissazione di salari minimi oggi attorno ai 4’000 franchi (la legge non prevede alcun minimo), diritto alla settimana lavorativa di cinque giorni, carovita automatico ed integrale, supplemento del 50% per il lavoro domenicale continuo (la legge non lo prevede), divieto del lavoro interinale, ecc. Inoltre, tutti i negozi che avessero voluto installarsi nel centro commerciale di Mendrisio avrebbero potuto farlo solo aderendo al contratto collettivo che stipula questi vantaggi per i lavoratori e le lavoratrici.
Nella dichiarazione congiunta che avrebbe poi permesso tutta l’operazione si leggeva che “le organizzazioni sindacali non si oppongono dal canto loro alla possibilità di deroga al principio del divieto di lavoro domenicale – da esse riaffermato – nella misura in cui trattasi di una situazione par- ticolare, che non costituisca un precedente nella direzione di una liberalizzazione generalizzata degli orari e dei giorni di apertura”. In altre parole, un’”una tantum” che non ammetteva ripetizioni.
Laura Sadis e chi la sostiene ha voluto forzare la mano e tentare di utilizzare l’accordo FoxTown come leva per gene- ralizzare il lavoro domenicale. Il Centro Ovale di Chiasso doveva essere la nuova importante esperienza dalla quale poi passare a tutti gli altri. Se fossero continuate le cose non vi sarebbe più stato alcun ostacolo a che questa pratica diventasse comune, in altri centri commerciali di tutte le zone di confine (Lugano compresa).
L’opposizione politica dell’MPS e quella sindacale hanno voluto giustamente e semplicemente bloccare questa strategia. Il DFE ha risposta rilanciando: o tutti possono lavorare di domenica o nessuno. È evidente che la nostra risposta non poteva essere che una sola: nessuno.
Venite a discutere con noi delle questioni legate al lavoro domenicale!
Assemblea/dibattito
Venerdì 26 ottobre – ore 20.30 Balerna – ACP – Rist. La Meridiana
Se 3’000 franchi vi sembran tanti…
Che ormai il dumping salariale, cioè la spinta verso il basso dei salari, sia una realtà non lo contesta più nessuno. Nemmeno coloro, e sono tanti, che ci avevano spiegato che con la liberalizzazione del mercato del lavoro voluta dagli accordi bilaterali non ci sarebbero state conseguenze. Ci avrebbero protetto le misure di accompagnamento.
Ora queste misure non solo non ci hanno protetto, ma vengono oggi utilizzate per spingere ulteriormente i salari verso il basso, con la scusa di voler combattere il dumping.
È quello che sta succedendo con la proposta di fissare per legge, in alcuni settori, i salari minimi legali a 3’000 franchi mensili (per 12 mensilità). Certo, rispetto ai salari di 2’000 – 2’500 franchi che cominciano a girare, si tratterebbe di un piccolo passo avanti. Ma così facendo versare un salario di 3’000 franchi a chiunque lavora in Ticino diverrebbe, in alcuni settori, assolutamente legale.
Pensiamo, ad esempio, ad alcuni settori dove il salario mediano si situa attorno ai 4’500 franchi (il salario mediano è quello che taglia a metà la popolazione salariata: vuole dire che la metà di coloro che lavorano guadagnano di più, l’altra metà di meno); ebbene, tutti possono capire come una simile proposta non possa far altro che spingere verso il basso (è questo il dumping) i salari di coloro che attualmente guadagnano di più.
Invece di combattere il dumping salariale, come pretende, questo tipo di proposta lo favorisce. Per questo è necessario che i salari minimi legali siano fissati tenendo conto dei salari effettivamente pagati e di salari che permettano, a chi lavo- ro e anche vive in Ticino, di poter vivere dignitosamente.
E poco importa che questa proposta sia combattuta dal padronato. La sua opposizione è di principio: non si vuole che venga fissato un salario minimo per legge, anche se l’importo fissato è basso.
L’MPS aveva proposto, con un’iniziativa popolare che il Gran Consiglio ha ritenuto irricevibile, un salario minimo di 4’000 franchi mensili per 13 mensilità: una proposta ben diversa da quella oggi presentata. Senza dimenticare l’al- tra iniziativa popolare ancora in discussione, quella che prevede di potenziare l’ispettorato del lavoro e di dare più diritti ai lavoratori sui luoghi di lavoro per combattere il dumping.