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Mercoledì 26 settembre 2012, ad Atene, hanno scioperato e manifestato circa 100’000 salariati/e, studenti, disoccupati e disoccupate. La metropolitana ha iniziato a circolare alle 9 del mattino. I dirigenti di ADEDY (sindacato del settore privato)   del GSSE (settore privato) hanno annunciato 120’000 partecipanti. La stima più credibile è di 100’000. Quella data dalla polizia (40’000) è pura  propaganda politica. Alla fine della giornata di sciopero, la manifestazione ha riunito più di 15’000 persone a Salonicco.

 

I gruppi del settore pubblico – in particolare insegnanti, professionisti della sanità e  lavoratori e lavoratrici degli uffici pubblici municipali – erano la parte più numerosa degli scioperanti e dei manifestanti. Molte, anche se certamente non altrettanto numerose, le delegazioni dei lavoratori e delle lavoratrici del settore privato. È su di loro che pesa maggiormente la paura di perdere il posto di lavoro. Il padronato ha dovuto riconoscere che il 20% -30% dei lavoratori ha aderito alla giornata di sciopero.

 

La parola d’ordine: “Per uno sciopero generale prolungato” è stata raccolta dai partecipanti e scandita nei diversi cortei.

 

Come d’abitudine, il “fronte sindacale” del KKE (PC), il PAME, ha sfilato separatamente ed ha terminato la marcia in piazza Omonia ad Atene. I neonazisti di Alba dorata avevano annunciato di voler essere presenti in piazza Syntagma. Una frazione della sinistra radicale si è preparata per impedire ai neonazisti di attirare su di sé l’attenzione mediatica . Visto il numero dei manifestanti e la determinazione della sinistra radicale, Alba dorata ha rinunciato ai suoi propositi.

 

Un giorno prima della presentazione, da parte del governo, ai vertici Eurepei di un nuovo pacchetto di tagli  alla spesa pubblica – 11,7 miliardi di euro – e di un aumento delle imposte equivalente a 2 miliardi di euro, questa  manifestazione dimostra il potenziale di mobilitazione ed anche il livello di disperazione sociale provocato dalla grande quantità di tagli su diversi fronti.  Ad Atene, in un solo giorno della settimana scorsa, cinque persone (tra cui tre donne) si sono suicidate gettandosi dal balcone.

 

La recessione dura ormai da cinque anni: la disoccupazione è in continua crescita; il reddito delle famiglie è diminuito del 50% in due anni a causa della riduzione dei salari, dell’aumento delle tasse (come l’IVA) e dei prezzi al consumo. Quest’ultimo dipende in parte dalla struttura oligopolistica della rete di importazione e, nel quadro del piano di austerità, dall’aumento del prezzo dell’energia e dai tassi di interesse (che derivano dai tassi di indebitamento sul mercato dei capitali) per i prestiti alle piccole imprese.

 

Il “credo della competitività” ha provocato una diminuzione dell’11,5% dei “costi orari del lavoro” (salario lordo + quote sociali pagate dal datore di lavoro) nel corso del primo trimestre 2012, rispetto allo stesso periodo del 2011. La diminuzione annuale era già stata forte  nel  2011. Già nel 2010, in Grecia, il cosiddetto “costo orario medio del lavoro” era di 17,5 euro, mentre nella zona euro era di 26,9 euro.

 

Questo “vantaggio competitivo” ha il solo effetto di affondare nella miseria  i saliariati. Le esportazioni  – in particolare nel contesto recessivo attuale  – non sono pronte a tirare l’”economia greca”. In prospettiva, al di là della riconquista di alcuni settori redditizi nel quadro delle privatizzazioni, una parte del capitale transnazionale ha come scopo  la creazione di “zone economiche speciali”. È quanto  propone, in termini espliciti, la Federazione tedesca dell’industriali (BDI): “La Grecia dovrebbe diventare una specie di zona economica speciale in seno alla zona euro, pur beneficiando degli aiuti finanziari necessari e legali, ma anche accompagnata da personale esterno europeo”. In altre parole, una zona dove la legislazione del lavoro sia ancor più debole di quella attuale, dove i sindacati non esistano più come organizzazione autonoma  indipendente dei  salariati e dove “l’importazione” dei lavoratori dai paesi vicini si possa fare al di fuori di ogni controllo. In un certo modo, quello che l’impresa cinese ha già fatto, ricuperando una parte del porto del Pireo (trasporto dei container).

 

Al di là della sua realizzazione concreta, questa proposta della BDI chiarisce i progetti di una parte del capitale tedesco sul ruolo dei paesi periferici europei, nel quadro delle pianificazioni Hartz, imposte a diversi paesi europei per il pagamento del debito e per il  riequilibrio del bilancio.

 

Mercoledì 26 settembre durante le manifestazioni abbiamo assistito a fatti particolari: davanti alla sede del partito di governo, Nuova Democrazia (ND), alcuni poliziotti, certo non molti, membri del sindacato EAYA (Federazione impiegati di polizia dell’Attica), manifestavano la loro opposizione al settimo taglio del loro salario dal 2010. In totale una diminuzione del 35%. Anche poliziotti membri di due altri partiti della coalizione di governo, il PASOK e la Sinistra Democratica (DIMAR), hanno manifestato davanti ai seggi dei loro rispettivi partiti. Un rappesentante del sindacato ha dichiarato alla stampa: ”Con questi salari non possiamo pagare l’affitto, le imposte, l’educazione dei bambini ed i nuovi tassi immobiliari”.

Si sono mobilitate anche le persone andicappate, che subiscono la  politica del governo e gli effetti delle misure di austerità. Più di 700, molti con le sedie a rotelle, sono stati bloccati dalla polizia antisommossa (MAT), mentre chiedevano di poter accedere agli stabili del Parlamento per consegnare una petizione contro la riduzione delle loro indennità, delle loro pensioni e per chiedere esenzioni fiscali. La polizia è stata poi costretta a lasciar passare una delegazione, con la partecipazione di due medaglie d’oro para-olimpiche. Alla  domanda di un giornalista: “Che cosa sperate?” , Nikos Pananos ha risposto: “Non speriamo nulla. Questa è una rivendicazione!”

 

Durante la grande manifestazione del pomeriggio,  la polizia ha evitato di utilizzare la solita tattica: rispondere a qualche lancio di pietre dei gruppi radicali per attaccare un intero troncone della manifestazione e disorganizzarla. La manifestazione – la più grande dal febbraio 2012 e il primo sciopero di un giorno dalle elezioni del 17 giugno e dall’inizio del governo di Antonis Samaras – ha fatto scattare un forte dispiegamento poliziesco, ma le provocazioni della polizia sono state assai ridotte.

Questo si deve al quadro di instabilità della direzione politica scaturita dalle elezione del 17 giugno ed alla capacità di reazione popolare, sempre presente, come dimostrato dalla giornata del 26 settembre. Un alto reponsabile di un’organizzazione padronale ha confidato ad un inviato di un quotidiano economico francese Les Echos (27 settembre 2012): “Non siamo mai stati così vicini ad un cambiamento per risolvere i nostri problemi, ma la popolazione è stanca di crisi e di austerità. Lo scarto tra lei e il potere continua ad approfondirsi”.

 

Lo dimostrano parzialmente le incriminazioni di una parte di politici rappresentativi  degli ultimi decenni. Dall’aprile 2012, Akis Tsochatzopoulos, uno dei membri fondatori del PASOK, molte volte ministro dal 1981, è stato accusato di aver sottratto somme considerevoli durante gli accordi con le ditte tedesche, quando gestiva il portafoglio della Difesa  (tra il 1996 e il 2001). E’ in prigione. Dal 19 settembre, la Corte suprema ha ordinato l’apertura di inchieste giudiziarie contro ex ministri del PASOK (quattro) e di Nuova Democrazia (tre). Il presidente del Parlamento, Evangelos Meimerakis (ND), ha dovuto dimettersi. L’operazione “lotta contro la corruzione dei politici” va di pari passo con il varo dei piani di austerità, ma non è sicuro che dia quei risultati, dati per certi da Samaras e dai suoi confratelli della Troika.

GiovedÌ 27 settembre 2012, il ministro delle finanze Yannis Stournaras ha affermato in una conferenza stampa che i tre partiti della coalizione – ND, PASOK e Sinistra democratica – avevano raggiunto un accordo di principio per il nuovo piano di austerità già presentato a livello europeo e che dovrà ora passare l’esame del Parlamento. Le nuove misure che toccano le libere professioni creeranno sicuramente qualche remora. Anche perchè, sotto l’effetto della pressione popolare, all’interno di Sinistra democratica aumentano le reticenze. I deputati abbandonano la formazione e si riduce il numero dei coloro che, senza esitazioni,  votano le decisioni del governo Samaras-Stournaras. Crisi economica, sociale e politica sono concatenate e la tensione è grande.

 

All’interno di  SYRIZA (Coalizione della sinistra radicale) si è aperta una discussione su come proseguire. Fa riferimento, tra l’altro, alle proposte sulla “ricostruzione dell’economia nazionale” fatte da Alexis Tsipras nel suo discorso in occasione della Fiera commerciale di Salonicco, a metà settembre. La sinistra di SYRIZA – in particolare DEA (Sinistra operaia internazionalista) – ha aperto un dibattito, in termini propositivi, sugli assi centrali che la coalizione deve portare avanti e sulle modalità del suo funzionamento. Il tutto in preparazione del Congresso di SYRIZA, sul quale ritorneremo.