Come ricordiamo in altri articoli di questo numero di Solidarietà, raramente il Ticino si è trovato così in sintonia con l’Unione Europea (UE). Non certo perché nel nostro cantone siano fioriti sentimenti europeisti (europeismo che tra l’altro, lo abbiamo ricordato più volte) poco ha a che vedere con quella costruzione profondamente antidemocratica che prende il nome di Unione Europea.
No, le ragioni che mettono il Ticino all’ora europea sono tutte negative ed hanno a che vedere con le politiche di austerità condotte in tutti i paesi europei. Naturalmente le situazioni sociali non possono essere paragonate: il Ticino, e la Svizzera, non vivono (almeno per il momento) il profondo disagio sociale che vivono le popolazioni di molti paesi europei (dalla Grecia al Portogallo, dalla Spagna all’Italia). Ma è anche vero che le condizioni economiche e finanziarie di questo paese non sono nemmeno paragonabili a quelle della maggior parte dei paesi europei: basti pensare, per un semplice raffronto, alle differenze delle situazioni delle finanze pubbliche.
Detto questo (e tenendo conto delle differenze evocate) non si possono non notare forti parallelismi che istituiscono quel confronto al quale abbiamo fatto accenno in apertura.
Tanto per cominciare il Ticino sta varando, con il preventivo 2013, un programma di austerità, così come hanno fatto altri paesi europei. Obiettivo è contenere l’aumento del debito, se possibile ridurlo: esattamente l’opposto di quello che si dovrebbe fare di fronte ad un ciclo economico che indica una prospettiva di recessione.
A fare le spese di questi tagli sono per primi i funzionari pubblici. Tagli ai salari e alle prestazioni pensionistiche: in Europa come in Ticino la ricetta è la stessa. Funzionari ed insegnanti sono costretti ad assumere sulle loro spalle le conseguenze di una crisi finanziaria dello Stato per la quale in realtà non hanno alcuna responsabilità.
All’attacco ai dipendenti pubblici si aggiungono i tagli alla spesa pubblica, in particolare in quella a carattere sociale. In Europa come in Ticino si tagliano i sussidi agli istituti sociali, alle casse malati e i finanziamenti agli enti locali (comuni e regioni).
Una serie di promesse date per certe solo pochi mesi orsono vengono ora rimesse in discussione o,perlomeno, rimandate ad un futuro tutt’altro che certo, in particolare alla luce delle prospettive economiche e finanziarie non certo incoraggianti. Pensiamo, ad esempio, alla fine ingloriosa del “riformismo forte” prospettato dal nuovo responsabile cantonale della scuola pubblica. Diminuzione degli allievi per classe (nel settore primario e nel primo biennio delle medie), aumento dei salari per gli insegnanti comunali: tutto rimandato all’anno 2014/2015. Vedremo cosa resterà.
Naturalmente una serie di dati che emergono dall’analisi dei conti non vengono nemmeno presi in considerazione quale possibile base di riflessione per un’impostazione diversa. Ad esempio, ed è la conferma di una tendenza ormai consolidata nei conti del cantone, il fatto che il Preventivo 2013 confermi un saldo negativo degli interessi a carico del Cantone, cioè che gli interessi negativi legati al debito del cantone siano comunque inferiori agli interessi positivi provenienti dal patrimonio.
Un dato che conferma, qualora ve ne fosse bisogno, che non siamo un passo ad un passo dalla rovina e che la situazione finanziaria, con particolare riferimento al debito pubblico, è tutt’altro che drammatica come si continua a presentarla.
Un dato che, da solo, basterebbe a confermare la possibilità di costruire una politica diversa che parta dalla necessità di rispondere alle esigenze sociali e culturali della popolazione, utilizzando gli ampi spazi che offre l’attuale situazione finanziaria.