Non tira certo una bella “Area” per l’Officina di Bellinzona. Non solo, come andiamo da tempo ripetendo, perché vi è in atto una politica attiva delle FFS per “un declino programmato” del sito industriale di Bellinzona; ma perché le FFS sono passate apertamente all’offensiva sul futuro del sito di Bellinzona.
E utilizziamo in modo esplicito il termine “sito” e non quello di “sito industriale” (che spesso ricorre da parte delle FFS nel qualificare l’Officina di Bellinzona) perché oramai appare chiaro che per le FFS quel che conta è il sito delle Officine di Bellinzona inteso nella sua eccezionale di estensione territoriale.
Si tratta di 100’000 metri quadrati preziosissimi nel contesto della città di Bellinzona e dei progetti che le FFS sembrano sempre più privilegiare, non solo a Bellinzona ma ormai in tutte le città svizzere, medio o grandi, dove le FFS possono, a seguito dei cambiamenti ed ai ridimensionamenti di esercizio, contare su ampie porzioni di terreno edificabile.
E così, mentre sulla carta ribadiscono il loro sostegno al progetto per la creazione di un centro di competenze sui trasporti che veda tra i protagonisti l’Officina FFS, nei fatti stanno lavorando concretamente per far sparire l’Officina da dove sorge da ormai più di un secolo. L’obiettivo è costruire un ampio parco immobiliare di appartamenti di lusso, negozi ed altre strutture collegate alla futura e ristrutturata stazione di Bellinzona.
A riflettere a questa prospettiva è un progetto denominato “Area”, da mesi ormai in fase di elaborazione e discussione. Un progetto che, in questi ultimi giorni, è stato presentato, anche se in forma indiretta e quasi come un ballon d’essai, dal presidente del PLRT Rocco Cattaneo, quasi come frutto della propria fervida immaginazione. Purtroppo questa uscita di Cattaneo comincia a far adepti (mi riferisco all’articolo di Ronny Bianchi apparso sulla regione di martedì 27 novembre).
In realtà, come detto, il progetto esiste da tempo ed è anche ad uno stato abbastanza avanzato. E Cattaneo ne è al corrente per la semplice e buona ragione che fa parte di quello che viene chiamato, nell’ambito del progetto, il gruppo di Consiglio, direttamente legato alla direzione delle FFS.
In questo gruppo di “consiglieri” (ci vengono in mente i consiglieri fraudolenti dell’Inferno dantesco”)siede il fiore fiore dell’ imprenditoria ticinese. Abbiamo Franco Ambrosetti, industriale decaduto e presidente della Camera di Commercio (che dovrebbe dirigere questo gruppo di consiglieri); Silvio Tarchini, che non ha certo bisogno di presentazioni e che di immobili se ne intende; Rocco Cattaneo, presidente del PLRT e vice-presidente della Camera di Commercio; Rico Maggi, stravagante economista dell’USI, e, per chiudere in bellezza, Patrizia Pesenti, in forza al più potente editore del paese (Ringier) e candidata alla poltrona di sindaco per il PS a Lugano alle prossime elezioni di aprile.
Questo gruppo, la cui composizione dovrebbe rappresentare, nella mente delle FFS, un po’ tutte le “greppie” politiche del cantone, ha un solo obiettivo: consigliare le FFS in un progetto immobiliare la cui realizzazione è strettamente connessa alla morte dell’Officina, alla soppressione di cinquecento posti di lavoro, all’abbandono di fatto di qualsiasi progetto di centro di competenze sul quale da ormai un anno e mezzo di sta lavorando alacremente e con serietà.
Tutto questo bel mondo, ogni santo giorno, ci ripete quanto dobbiamo essere innovativi per il bene del Ticino. Ci ripetono che bisogna guardare avanti, che bisogna cercare ogni occasione possibile per modificare positivamente e in modo originale lo sviluppo economico del cantone, assicurandone la stabilità a lungo periodo. Ed è proprio quello che, nell’ambito del trasporto, si prefigge di fare il progetto teso alla costituzione di un centro di competenze. Un progetto , tuttavia, che potrà decollare solo se il suo nucleo centrale e propulsore, l’Officina di Bellinzona, non verrà distrutto dalla politica delle FFS. Il progetto “Area” va proprio in questa direzione, mettendo in discussione l’esistenza stessa dell’Officina.
Ad un serio progetto economico e industriale, fondato su una effettiva ricerca di innovazione, attento al territorio ed all’ambiente, carico di possibili sviluppi positivi dal punto di vista occupazionale e sociale, si preferisce contrapporre una generica “innovazione” attorno a quello che altro non è che un puro progetto immobiliare teso a conseguire la redditività massima per le FFS. Per le FFS, e per tutti questi personaggi che gli tengono bordone, innovazione fa solo e sempre rima con speculazione.