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Nell’attuale mobilitazione in seno al mondo della scuola, un ruolo importante viene svolto dal Movimento della Scuola (MdS). Attraverso un paziente lavoro di analisi e intervento nel mondo della scuola, l’MdS ha saputo, in questi ultimi dieci anni, diventare un punto di riferimento per i docenti del cantone. L’MdS ha ora indetto una giornata di azione nella scuola per il 29 novembre. Per analizzare il momento e discutere delle prospettive di azione nella scuola, Solidarietà ha incontrato Claudia De Gasparo, una delle vice-presidenti e animatrici dell’MdS.

 

Qualcuno ha detto, nel corso di  un’assemblea dell’MdS, che ci sono ampie ragioni perché i docenti si mobilitino e protestino anche se non ci fosse stato il taglio del 2% sui salari. È così? e quali sono queste ragioni?

 

Il Preventivo 2013 è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Una goccia che non prevede solo l’ennesima decurtazione del nostro stipendio, ma che rinvia nel tempo  due misure – che l’On. Bertoli ha fatto suoi “cavalli di battaglia” – di per sé già minime, ossia l’aumento di una classe salariale per i docenti delle scuole comunali (stiamo parlando di circa 200 franchi al mese) e la riduzione da 25 a 22 del numero massimo di allievi per classe (che restano comunque tanti, considerando che la scuola ticinese ha il più alto tasso di integrazione in Svizzera ed è quella con il maggior numero di allievi per classe). Come se non bastasse, l’abolizione di una discriminazione unanimemente considerata ingiusta prevista da questo Preventivo – ossia l’abolizione della penalità di due classi salariali per i neoassunti docenti e del 3% dello stipendio per gli altri statali – è subordinata all’accettazione del taglio del 2%. Sullo sfondo, ricordiamo, vi è anche un ennesimo peggioramento delle condizioni pensionistiche.

Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare un vaso che si è riempito di una moltitudine di misure che hanno progressivamente degradato le nostre condizioni di lavoro, sia in termini salariali sia di sovraccarico di lavoro. Nel corso dell’ultimo ventennio abbiamo perso circa il 15% del potere d’acquisto. Secondo lo studio Scuola a tutto campo (2010), i docenti non hanno stipendi di privilegio rispetto al settore privato (a parità di qualifiche). Anzi, nelle scuole comunali sono addirittura considerate “disincentivanti”. Nelle scuole medie e medie superiori, in alcune materie, si è già vissuta la situazione in cui il numero di candidati idonei è stato inferiore a quello di posti da attribuire. Gli studi relativi al burnout mostrano come la nostra sia una delle professioni maggiormente a rischio ed il Ticino è l’unico cantone che non prevede nessun tipo di sgravio per i docenti che raggiungono una certa età.

Il risultato è una situazione in cui la professione di insegnante perde attrattiva, come sottolinea lo studio citato sopra, “questi dati rendono lecito avanzare qualche dubbio in merito alla reale possibilità di scelta del migliore candidato da parte del sistema scolastico.”  Inoltre, i docenti devono investire molto tempo di lavoro supplementare per far fronte alle molteplici nuove mansioni ed alla conseguente erosione del tempo a disposizione per svolgere il proprio programma di materia. Così non si può continuare!

 

È vero che l’MdS ha sempre fatto un discorso sulla qualità della scuola. Ma tutti sappiamo che vi è un rapporto preciso tra qualità e quantità. Molto spesso il peggioramento della qualità della scuola è il risultato di una diminuzione dei mezzi (quantità). Come si è manifestata, magari facendo alcuni esempi, questa degradazione della qualità della scuola negli ultimi anni?

 

Io penso che la qualità della nostra scuola sia ancora alta, grazie agli sforzi volontari di chi vi lavora, a scapito del proprio tempo di autoaggiornamento e del necessario tempo di recupero delle energie. Le scelte politiche di disimpegno rispetto alla formazione delle generazioni future sono evidenti. Nel 2006 il Ticino era al 23° posto nella spesa pubblica per l’educazione (franchi per abitante). Nella spesa per l’educazione rispetto alla spesa totale siamo passati dal 21° posto nel 2006 al 24° nel 2009. Una situazione aggravata dal fatto che i docenti sono chiamati a supplire le carenze che emergono da una realtà sociale sempre più complessa. Delegare alla scuola – a costo zero ovviamente – il carico e la responsabilità di far fronte a quella che i colleghi di Agno hanno chiamato “emergenza sociale” è ormai diventata una prassi. Dobbiamo quindi organizzare momenti di formazione e prevenzione sui più svariati temi: nuove tecnologie, alcol e droghe, violenze e abusi, affettività e sessualità, razzismo, ecologia, orientamento professionale, ecc. A questo bisogna aggiungere il fatto che anche le “tradizionali” mansioni del docente sono diventate più onerose: preparazione e correzione, gestione delle situazioni familiari difficili, burocrazia in aumento, moltiplicazione degli incontri per organizzare le attività extra-scolastiche.

Ognuno dei vecchi e dei nuovi compiti  del docente richiede un crescente investimento di tempo, di energie e anche di formazione. Si pretende dai noi competenza nei più svariati ambiti, come in nessun’altra professione, senza però darci gli strumenti (tempo, sgravi, aiuti, risorse in senso ampio) per farvi fronte. Ma non è solo questo a mettere a repentaglio la qualità del nostro sistema scolastico. La scuola deve innanzitutto trasmettere conoscenze, dare un solido bagaglio culturale ai giovani, garantendo pari opportunità. Oggi, riuscire a conciliare lo svolgimento del programma con la moltitudine di nuove mansioni è diventato molto difficile! La scuola non è la borsa di Mary Poppins, non si può farci stare tutto. Per questo chiediamo che si apra un dibattito sul profilo professionale del docente.

 

Il 29 novembre l’MdS ha convocato una giornata d’azione. Come la immaginate? E come vi ponete rispetto allo sciopero del 5 dicembre?

 

Alla luce di quanto esposto, è chiaro che la condizione imprescindibile per salvare la qualità della nostra scuola pubblica e rendere la professione di docente più attrattiva è investire maggiori risorse. Si tratta di una scelta di società. Questo è il motivo per cui il MdS ha lanciato la proposta di costituire un Coordinamento ampio – coinvolgendo le varie componenti della scuola, genitori e studenti inclusi – ed organizzare una giornata di protesta e porte aperte nelle scuole. La protesta riguarda la mancanza di considerazione da parte dei nostri politici rispetto alle risorse necessarie alla scuola – le grandi promesse delle campagne elettorali cadono poi nel vuoto – e le porte aperte sono finalizzate a spiegare quali sono i nostri bisogni.

La giornata del 29 novembre si articolerà attorno ad una Piattaforma, quale prima tappa di un lavoro che dovrà continuare. Ogni sede sarà libera di organizzarsi attraverso modalità proprie volte a presentare lo stato attuale della scuola attraverso testimonianze, dati statistici, dibattiti, discussioni di film, ecc. Vogliamo che si prenda coscienza dello stato attuale della scuola e dei suoi bisogni uscendo dai luoghi comuni che caratterizzano il dibattito pubblico sulla nostra professione.

Per riprendere l’immagine iniziale, si può dire che la giornata del 29 novembre pone il problema del vaso pieno mentre quella del 5 dicembre si concentra sulla goccia che lo ha fatto traboccare. Il MdS considera quindi pertinente la necessità di manifestare il dissenso verso quanto previsto dal Preventivo 2013, in solidarietà con le altre categorie professionali che – come noi –per l’ennesima volta devono pagare di tasca propria il risanamento delle finanze pubbliche. La scelta del Governo di ridurre ulteriormente il potere d’acquisto dei dipendenti statali è scandalosa. Innanzitutto perché lo stato delle nostre finanze non è drammatico come si vuole farci credere. Inoltre, tenuto conto dei sacrifici già imposti negli ultimi anni e del sovraccarico che caratterizza il lavoro in vari ambiti dei servizi pubblici e para-statali (sanità, polizia, istituti,…), sono tante le professioni che perdono attrattiva. Infine, non va sottovalutato il rischio che datori di lavoro del settore privato seguano l’esempio dello Stato con i propri dipendenti.

 

Quali sono i rapporti tra l’MdS e le organizzazioni sindacali attive nella scuola? L’impressione è che l’affermazione della vostra presenza (basta vedere la differenza di qualità e di quantità tra le vostre assemblee e quelle sindacali, sempre più anemiche e deserte) dia un po’ fastidio alle organizzazioni sindacali.

 

Per quanto ci riguarda, i rapporti sono di apertura, noi sollecitiamo la collaborazione con tutti coloro che condividono le nostre preoccupazioni. Per esempio, chiederemo a tutte le organizzazioni sindacali e associazioni magistrali di sottoscrivere la Piattaforma del 29 novembre. Certo, la nostra attività è di natura in parte differente rispetto a quella di un sindacato, di più ampio respiro. Ma va tuttavia ricordato che la nascita del MdS ha coinciso con la campagna contro la 25° ora ed è stata sentita come un’esigenza data dalla scarsa presenza sindacale su questo tema. È indubbio che anche  le modalità di intervento sono differenti ed il modo in cui la VPOD ha lanciato la giornata di sciopero del 5 dicembre è sintomatico. Loro funzionano in modo verticistico, le decisioni vanno dall’alto verso il basso, per esempio nella decisione di decretare una giornata di sciopero. Noi agiamo nel modo contrario, partiamo dai bisogni che emergono dalle sedi e dalle assemblee e cerchiamo di contribuire a dare maggior eco alla voce dei docenti, elaboriamo delle riflessioni ed invitiamo i Plenum a discuterne, proponiamo delle serate di dibattito. Credo sia grazie a questo che il MdS ha progressivamente conquistato legittimità tra i docenti. E va ricordato che – a differenza dei  sindacati – non disponiamo di un apparato e nessuno di noi beneficia di sgravi orari. Una bella soddisfazione che incita a proseguire sulla stessa strada.