Pubblichiamo qui di seguito la una versione quasi integrale della lettera che Mario Biscossa, già presidente della VPOD e membro della commissione della cassa pensione, ha inviato alla commissione della gestione qualche settimana fa.
Biscossa, unitamente ai suoi altri colleghi della VPOD, si è opposto alle proposte della commissione della cassa, adottate dal governo e poi, sulla base del messaggio governativo, approvate a grande maggioranza dal Parlamento. In questa sede le uniche opposizioni sono state, seppur evidentemente da punti di vista di diversi, quelle della Lega e quelle dell’MPS con Matteo Pronzini. Sull’ultimo numero di Solidarietà avevamo pubblicato un articolo di Matteo Pronzini che avanzava le ragioni di fondo che militavano contro la riforma della Cassa pensione proposta da governo e Parlamento. Argomenti che corrispondono a quelli che, con ancora più rigore e logica, Biscossa sviluppa nella sua lettera. (Red)
(…)il “disavanzo tecnico della Cassa” non è un disavanzo parificabile a quello contabile di una qualunque struttura produttiva, sia di beni che di servizi.
È corretto definirlo “virtuale”, in quanto esso viene calcolato su ipotesi legate a molte possibili variabili, come la speranza di vita (presa da tabelle la cui fonte varia negli anni, prima stilate dalla Confederazione ed oggi dalle casse pubbliche del Canton Zurigo), sia legate alla struttura stessa del pubblico impiego (come questo potrà variare quantitativamente nel tempo, con tutti gli influssi che su di esso potranno avere sia i bisogni della società che le scelte politiche che verranno compiute per soddisfare quei bisogni), sia legate alle scelte di carattere economico finanziario che i dipendenti effettueranno nel tempo (infatti, una permanenza preponderante nel pubblico impiego o, viceversa, un maggior interesse verso il settore privato, modificherebbero notevolmente i flussi in entrata/uscita dei versamenti di libero passaggio), sia legate al variare del costo della vita.
A tutto ciò, vanno aggiunti i limiti che derivano dalla strategia d’investimento della Cassa, limiti così tanto legati al settore finanziario (azioni e obbligazioni) che si evidenziano bene nel disavanzo record di 482 milioni, a seguito della crisi finanziaria mondiale di fine 2008.
La stessa Hewitt, nel suo studio per la Cassa dell’ 8 aprile 2009, scriveva: “Proiezioni su una durata molto lunga (30 e 40 anni): in pratica non è possibile prevedere lo sviluppo generale dell’economia, della legislatura e della CPDS nei prossimi 30 o 40 anni”.
Con tutta questa aleatorietà – leggi: totale incertezza – su quelli che saranno i risultati da una parte e gli impegni della Cassa dall’altra, ogni forma di risanamento della stessa va finalizzata ai suoi effettivi, concreti bisogni e non a bisogni “virtuali”.
Purtroppo, la recente modifica a livello federale della LPP ha preteso che il grado di copertura di tutte le casse pubbliche venisse portato all’80%.
Fin qui, la garanzia che lo Stato assicura alla sua Cassa pensioni non è costata nulla. Semplicemente, lo Stato ha versato i propri contributi come qualunque datore di lavoro. Contributi però che, per favorire le finanze pubbliche, esso ha ridotto dal 14,7% all’11,6% tra il 1997 e il 1999 (vedi Messaggio p.7), riduzione che si è poi mantenuta fino alla fine del 2004. In quel periodo erano gli affiliati alla cassa a supplire a quella diminuzione con un aumento dei propri contributi dall’8,40 all’11,50% nel 2005, anno in cui finalmente il datore di lavoro aumentava di 4 punti percentuali i propri contributi, dopo essersi accorto degli effetti nefasti arrecati alla Cassa dalle diminuzioni apportate dal 1997.
Che la garanzia dello Stato non sia fin qui costata nulla lo si verifica a p.23 dei conti consuntivi 2011 dello Stato, alla voce “Fideiussioni e garanzie al 31.12.2011”, dove, per la garanzia concessa alla Cassa pensioni, si trova iscritto “ pro memoria”. E vi si legge pure: ”Lo Stato garantisce il pagamento delle prestazioni previste dalla LPP e dalla legge sulla cassa pensioni dei dipendenti dello Stato”.
In queste frase è sottinteso che, di fronte a futuri bisogni concreti della Cassa, lo Stato sarà tenuto ad intervenire con denaro vero. Ben altra cosa è l’intervento che lo Stato va a fare con denaro vero per risanare un “disavanzo tecnico” che è corretto chiamare “virtuale”. Lo Stato è costretto, per la recente modifica della legge federale LPP, ad effettuare il risanamento della Cassa nei limiti fissati dell’80% del disavanzo tecnico. Ma andare oltre significa prendere denaro buono dal contribuente ticinese per destinarlo, di fatto, alla strategia d’investimento della Cassa. Strategia che, al momento attuale, comporta il 26,34% del suo patrimonio investito in azioni che, unite alla parte investita in obbligazioni (48,99%), fanno un 75,33% di patrimonio della Cassa pensioni che viene affidato alla finanza.
Da tempo mi chiedo e chiedo a chi deve prendere decisioni politiche, come verrebbe accolto dai suoi colleghi un granconsigliere che proponesse di prendere denaro dei contribuenti ticinesi per giocarlo in borsa (3/4 del complessivo, nel caso della CP oggi) al fine di raggiungere obbiettivi di risanamento delle pubbliche finanze…!
Per tutto quanto sopra, si dovrà nel prossimo futuro implementare una strategia congiunta, tra il nuovo organo dirigente della Cassa e lo Stato, che faccia in modo che i flussi di risanamento Stato-Cassa pensioni ritornino indirettamente al contribuente sotto forma di prestiti dalla Cassa allo Stato per investimenti da un ampio effetto moltiplicatore. Se ciò non avverrà, i milioni di franchi “buoni” che lo Stato dovrà versare per legge federale potranno svanire nelle voragini che la finanza mondiale ci ha saputo mostrare negli anni passati.
Un esempio per tutti di come la società ticinese potrà beneficiare di questo risanamento: il progetto Alptransit è monco della linea ferroviaria tra Lugano e Chiasso. La Confederazione ha valutato l’investimento necessario attorno ai 6 miliardi di franchi ma temporeggia, con gravi rischi che tutto il progetto sia messo in crisi da questo tratto mancante che costituisce un imbuto.
La Cassa pensioni dei dipendenti dello Stato, con un patrimonio di oltre tre miliardi, potrebbe prestare al Cantone un ampia fetta dell’investimento necessario ad Alptransit da Lugano a Chiasso, prestito che a sua volta il Cantone farebbe alla Confederazione, garante ultimo. E’ solo un esempio. Ma è la strada per evitare che denaro buono sparisca in un settore finanziario che ha inghiottito tante risorse anche della CPDS, come si può ben vedere dal rendimento del suo patrimonio negli ultimi 7 anni riportati a p.8 del Messaggio 6666.
Se si avrà cura di evitare che i milioni passanti dal pubblico erario alla Cassa pensioni finiscano nella voragine del settore finanziario (va ricordato che la borsa svizzera nell’ultimo decennio ha ottenuto una performance pari a zero!) allora l’operazione di risanamento potrà divenire un’opportunità per il Paese.
Il piano di risanamento e gli oneri per i lavoratori affiliati alla Cassa.
Chi si troverà a sopportare gli effetti negativi della riforma saranno innanzitutto gli affiliati alla Cassa e poi l’economia ticinese per i contraccolpi causati da una diminuita domanda di beni e servizi da parte di una sempre crescente popolazione di pensionati.
In tal senso, ci servono a capire gli “Scenari demografici, secondo la classe d’età, in Ticino, dal 2010 al 2040” proposti dall’Ustat: nel 2020 un quarto della popolazione ticinese avrà più di 65 anni e nel 2040 la stessa parte della popolazione varrà un terzo del tutto. Con le ipotesi di rincaro dell’1,5% annuo fatte negli studi per la Cassa, in otto anni (al 2020) un quarto della popolazione pensionata dallo Stato perderebbe il 12% del potere d’acquisto e prima del 2040 sarebbe un terzo della stessa fetta di popolazione a perdere un altro 15% del potere d’acquisto prima che scatti un “adeguamento delle rendite al rincaro nel limite del finanziamento disponibile…” (Messaggio p.18). E va inoltre contestata l’affermazione che “al termine del periodo di sospensione, rispetto alla situazione attuale, il mancato adeguamento delle pensioni al rincaro sarà dunque del 7,5%” (ibidem, p18), poiché l’anno prima di quel termine il rincaro non corrisposto sarà del 13,5%. Solo raggiunta la soglia prevista dal messaggio, del 15%, si scenderà al 7,5%.
Ma a questo indebolimento non sottovalutabile della domanda interna ne va aggiunto un altro.
E’ detto a chiare lettere a p.8 del Messaggio: “…il passaggio a un piano in primato dei contributi …permetterà di diminuire il ritmo di crescita degli impegni della Cassa verso gli assicurati…”. Più chiaro di così! Il cambiamento di piano è per sua intrinseca essenza un peggioramento delle condizioni di pensionamento per le possibilità che ha in sé di scaricare sugli affiliati le difficoltà della Cassa.
Signori Consiglieri, nelle ipotesi che vi sono state sottoposte potete leggere (p.102 del Messaggio) che lo studio è stato “allestito ipotizzando un incremento annuo dello stipendio assicurato del 2,1% dai 20 ai 50 anni (0,6% incremento reale e 1,5% adeguamento al rincaro).”
E’ evidente che la veridicità di queste ipotesi ha un certo tipo d’impatto sui contributi che il singolo affiliato alla cassa si trova ad avere capitalizzato. Altrimenti detto, se con il primato delle prestazioni il lavoratore si trovava un’ aspettativa di pensione certa, disgiunta da queste ipotesi, con il primato dei contributi l’aleatorietà dei versamenti al singolo sarà fortissima.
E’ importante riprendere quanto si legge a p.101 del messaggio: “Sul conto avere di vecchiaia sarà inoltre bonificato almeno l’interesse minimo previsto dalla LPP (attualmente 1,5%)”.
Va innanzitutto detto che l’1,5% attuale non viene dalla LPP, ma la LPP da al Consiglio federale l’onere di stabilire il tasso d’interesse minimo. Fin qui era dell’1,5%. L’associazione delle assicurazioni, comunque, chiedeva l’abbassamento all’1% e se il Consiglio federale dovesse seguirla, quello diventerebbe il tasso d’interesse bonificato sull’avere di vecchiaia di ogni assicurato.
Ma molto più importante, per la vostra Commissione, sarebbe stato, ricevere lo studio del Perito della Cassa, “Confronto globale prestazioni, del 20 aprile 2012” della AON Hewitt, studio citato a p.102 del Messaggio 6666, quello che “ha preso in considerazione un totale di 5560 assicurati a tempo pieno (situazione al 31.12.2011)…”. (…)
Innanzitutto, nel Messaggio a p.101 si ricorda molto opportunamente che “contrariamente al piano in primato delle prestazioni nel piano dei contributi non è possibile conoscere la percentuale della pensione di vecchiaia in rapporto allo stipendio assicurato prima del momento del pensionamento. E’ solo possibile formulare delle previsioni introducendo delle ipotesi” (Detto tra parentesi, perché esula da quanto intendo mostrarvi, i due periodi che seguono a p.101, sulla “regola d’oro” sono vergognosi in quanto il tasso d’interesse minimo, come ho già ricordato, verrà fissato sempre, per legge LPP dal Consiglio federale ed è oggi dell’1,5%, e sarà comunque identico per tutti gli affiliati, indipendentemente dalle variazioni del salario assicurato).
Ora, le ipotesi dello studio summenzionato dell’AON Hewitt, da cui viene la tabella di p.104 del Messaggio che vi ha fatto credere che le perdite nel cambiamento di primato siano quelle che da essa si leggono, sono in realtà molto, troppo ottimisticamente calcolate con gli interessi che trovate in fondo alla p.1 che vi allego e cioè: interessi accreditati agli averi di vecchia: “2% fino al 31.12.2016, 3% dal 01.01.2017 al 31.12.2019, 4% a partire dal 01.01.2020”. Ma se il 20 aprile la AON Hewitt dava queste percentuali, l’8 agosto 2012, lo stesso perito consigliava di utilizzare il tasso dell’1.5% anziché quelli summenzionati “che non possono essere utilizzati nella realtà, al momento di informare gli assicurati mediante il certificato di assicurazione annuale o in caso di richieste puntuali”.
(…)
Lo scorso 9 ottobre, avete ritenuto di alleviare le sofferenze dei futuri pensionati modificando la quota di coordinamento. Di fatto, avete aumentato di 5800 franchi il salario assicurabile. Con un accredito di vecchiaia del 13%, tra i 24 e i 34 anni, fanno 750 franchi all’anno in più. Con il 16% fra i 35 e i 44 anni, fanno 928 franchi all’anno in più. Eccetera. Fate le somme e vi trovate che su una carriera dai 20 ai 60 anni, un lavoratore aumenta di 40560 franchi il suo avere di vecchiaia. Fate tutti gli interessi composti che volete, la concessione del 9 ottobre è una bazzecola.
Signori Consiglieri, il mio scritto vuole esortarvi a:
1. Tenere presente che denaro buono dei contribuenti ticinesi non va sprecato mai. Per questo, se dobbiamo ottemperare ad una legge federale, la LPP, risaniamo la Cassa Pensioni Dipendenti dello Stato ma, secondo legge federale, all’80% e non all’85%.
2. Come ho già detto, siamo a discutere una riforma su deficit virtuali e non sostanziali.
La garanzia dello Stato per la CPDS devo coprire gli oneri, non il patrimonio. E’ la legge federale che oggi, per la prima volta, chiede di coprire il patrimonio mentre prima la garanzia statale copriva gli impegni della cassa.
3. E’ importante che il patrimonio della Cassa non sia lasciato alla finanza ma bensì ch’esso sia una risorsa messa a disposizione del popolo ticinese che, per decisione federale, si trova costretto a mettere a disposizione della Cassa tanti milioni.
4. Il cambiamento di piano – da primato delle prestazioni a primato dei contributi – scarica di fatto tutte le difficoltà della Cassa sui lavoratori. Ciò non è giusto, in particolare rispetto a tutte le promesse fatte in passato a quei lavoratori che ricevevano salari ai livelli più bassi nei confronti nazionali ma con una speranza che pareva acquisita sul pensionamento. Vi esorto dunque a rifiutare il cambiamento di piano e mantenere il primato delle prestazioni: la garanzia dello stato coprirà comunque le prestazioni e non il patrimonio oltre – da poco tempo – l’80%.
Vi ringrazio dell’attenzione che avrete voluto dare a questo mio scritto, fermo restando che la parola fine ad un possibile referendum non è stata ancora scritta.»