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Economiesuisse sa celebrare la propria politica e quella delle autorità federali che ha ispirato. Nel suo dossier dell’11 settembre (numero 18), afferma in prima pagina: “Nel 2013, il freno all’indebitamento festeggerà dieci anni. Principale strumento federale della politica finanziaria, questo dispositivo, popolare al di là delle nostre frontiere, ha permesso di consolidare il budget della Confederazione”.

 

Quando nei discorsi ufficiali – di Economiesuisse e del      Consiglio federale –  si fa riferimento al termine indebitamento, vengono taciuti due punti importanti.

 

Cantoni svizzeri: fiscalmente attrattivi

 

Il primo: a fronte a ogni debito esiste un credito. In altre parole, chi sono i detentori del credito (obbligazioni e altri strumenti derivati) che ne traggono benefici? E chi finanzia, in ultima istanza, questi creditori? Detto altrimenti: chi paga il debito?

Il secondo: un debito esiste nella misura in cui le entrate – prima di tutto le imposte dirette e indirette – non sono equivalenti alle spese. Ora, in questo campo, i cantoni svizzeri sono in testa al plotone delle entità che offrono alle aziende un’importante defiscalizzazione dei loro capitali e profitti. A questo proposito, la Neue Zürcher Zeitung del 13 ottobre 2012 pubblica un grafico che colpisce. La lista dei 30 siti più attrattivi per le aziende, sul piano fiscale, contiene 19 cantoni svizzeri e 11 “metropoli straniere”. Tra i primi 10, al di fuori di  Hong Kong che è in testa,  troviamo 9 cantoni svizzeri: tasso d’imposizione del 9,7%.  Dopo questa sorta di “supercantone” cinese, seguono Nidvaldo (10,6%), Lucerna (10,6%), Appenzello esterno (10,8%), Obvaldo (11,1%), Svitto (11,6%), Zugo (12,8%), Glarona (13,7%), Turgovia (13,8%) e Sciaffusa (13,9%).

Questo vantaggio fiscale comparativo per il capitale è stato ben compreso da Coca Cola Hellenic, la ditta d’imbottigliamento greca che copre 28 paesi, la quale ha delocalizzato la sua sede a Zugo. Altre aziende greche la imitano. Secondo la stampa domenicale svizzera tedesca, il presidente della Camera di commercio greco-svizzera, Nikolas Aggelidakis, indica che vari capi di aziende greche gli avrebbero telefonato per informarsi sui vantaggi di un trasloco in Svizzera della loro sede. Ora, il “pagamento del debito” (in altre parole l’assicurazione di un certo rimborso ai creditori) è fatto – in Grecia, come in Portogallo e in Spagna – attraverso una riduzione mortale (nel senso letterale del termine) delle spese sociali e dei servizi pubblici.

 

“Freno all’indebitamento” e investimenti

 

Un altro elemento del “ragionamento” ufficiale è il seguente: l’indebitamento costituirebbe un freno all’investimento. Una considerazione che suscita altre questioni. La prima sta nella definizione stessa di investimenti. Per le istituzioni, sono considerati investimenti: “le spese nel campo della formazione”, lo “sviluppo delle infrastrutture viarie e ferroviarie” e le “spese per l’esercito”, perché queste ultime “costituiscono un investimento per la sicurezza” (economiesuisse, 11 settembre 2012).

Non vogliamo qui discutere delle relazioni tra i volumi finanziari di questi investimenti e le scelte socioeconomiche alle quali obbediscono (si veda a proposito l’articolo pubblicato su Solidarietà nro 17 del 18 ottobre 2012 sulla la politica dell’alloggio).

Allo stesso modo, lasceremo da parte l’assurdità contabile che fissa periodi molto brevi d’ammortamento, imposti dalle norme contabili ufficiali, per investimenti pubblici di lunga durata; cosa che fa scaturire “squilibri” fiscali artificiali.

Per contro, economiesuisse oppone gli investimenti sopraccitati “ai costi delle assicurazioni sociali” la cui riduzione permetterebbe “di aprire nuovi spazi per le spese d’investimento”.

Approfondiamo qui la seconda questione: la parte degli investimenti pubblici nel PIL (Prodotto interno lordo), secondo le definizioni della contabilità nazionale è diminuita dal 3% al 2% dal 1995 al 2009. Per contro, la parte degli investimenti privati, nel totale degli investimenti, è aumentata. Questa tendenza – risultato di scelte sociali, economiche e politiche –  è usata come ulteriore argomento per giustificare una diminuzione del carico fiscale nei confronti delle aziende private. Una diminuzione che dovrebbe facilitare le loro capacità d’investimento (aumentando i loro profitti) e, soprattutto, la loro entrata – che aumenterebbe – negli attuali settori pubblici.

Questo si afferma, una volta di più, nei progetti in corso concernenti la diminuzione delle imposte sugli utili e una nuova diminuzione delle imposte di bollo. Le perdite di entrate dovrebbero essere compensate da un trasferimento dell’onere sulle spalle dei salariati/e: aumento dell’IVA, dei premi delle assicurazioni malattia, ecc.

 

“Freno all’indebitamento” delle “spese sociali”

 

È a questo punto che interviene un’estensione alle assicurazioni sociali del campo di applicazione del “freno all’indebitamento”. Prima di esaminarne qualche aspetto, bisogna affermare un’idea di base: una parte fondamentale delle cosiddette spese sociali contribuisce a un “investimento” nel senso della produzione e della riproduzione della forza lavoro che sarà “utilizzata” dal capitale.

L’estensione del campo d’applicazione del “freno all’investimento” emerge dalle conclusioni del dossier consacrato al decimo anniversario della sua introduzione. Vi si afferma: “se il freno all’indebitamento è oggi generale e vincolante, possiede comunque un tallone d’Achille: le assicurazioni sociali statali, che quali l’AI e l’AVS”. Non sorprende perciò che il dossier successivo, il numero 19, anch’esso datato 11 settembre, abbia come titolo: “Garantire la continuità delle assicurazioni sociali grazie a meccanismi d’intervento”. Nel suo riassunto introduttivo, economiesuisse precisa: “Una fonte d’indebitamento sussiste malgrado tutto a livello della Confederazione: le assicurazioni sociali. Completare il freno all’indebitamento attraverso un meccanismo analogo è quindi indispensabile”.

A tal proposito, l’esempio dell’assicurazione invalidità (AI) è il più avanzato. Nel messaggio del Consiglio federale dell’11 maggio 2011 concernente la 6a revisione, seconda parte, è previsto un meccanismo di freno all’indebitamento.

Quest’ultimo consiste nel blocco dell’adattamento delle rendite all’indice misto, ovvero alla media aritmetica dell’aumento dei prezzi al consumo e dell’indice dei salari. In ogni caso, è introdotto un “limite”: l’ammontare massimo e minimo dell’AI non può essere inferiore al 95% del limite  delle rendite AVS, ossia 2’320 e 1’160 franchi mensili nel 2012! Inoltre, il contributo  sarà aumentato dello 0,1% – lo 0,5 per mille rispettivamente per i salariati/e e per il padronato – nel caso in cui il saldo del fondo di compensazione AI sia inferiore al 40% delle spese annue dell’AI. In questo scenario, il Consiglio federale che prevede che, nei prossimi tre anni, la soglia del 40% sarà superata per due anni consecutivi, dovrà  sottomettere all’Assemblea federale le modifiche legali indispensabili per ristabilire “l’equilibrio finanziario”.

Se il legislativo non prendesse le cosiddette misure necessarie, nei tempi assegnati, interverrebbero automaticamente un peggioramento delle rendite e un aumento dei contributi. Un vero e proprio freno alla democrazia parlamentare tradizionale e a quella semidiretta! Bisogna aggiungere che la mancata indicizzazione delle rendite AI è contraria alla Costituzione (articolo 112, capoverso 2, lettera d) che afferma: “”Le rendite [AVS-AI] sono adattate almeno all’evoluzione dei prezzi”.

 

Il “freno” a qualsiasi reazione critica

 

Di fronte alla messa in opera di una tale macchinazione, non si può non sottolineare la mancanza di reazioni critiche – anche elementari – da parte degli eletti del Partito socialista. Così, durante il dibattito al Consiglio degli Stati, la “socialista” Anita Fetz (Basilea-Città) – ex membro delle POCH [Organizzazioni progressiste, ndt.], riciclata come specialista in gestione aziendale – ha dichiarato: “Personalmente, per principio non ho niente contro un freno all’indebitamento. Lo conosciamo già nell’Assicurazione contro la disoccupazione” (19 dicembre 2011). Lo stesso giorno, la “socialista” ginevrina Liliane Maury-Pasquier ha espresso così il suo stato d’animo: “Come sapete, sono convinta dell’importanza della prevenzione. Questo meccanismo d’intervento in caso di rischio d’indebitamento mi sembra dunque una buona idea, anche se sembra logico che il Consiglio federale e questo parlamento si prendano le loro responsabilità in tempo per evitare che la situazione dell’AI peggiori troppo”.

Ora, questa estensione del freno all’indebitamento all’AI era già stato richiesto in un comunicato stampa del 15 ottobre 2012 dal trio di punta: l’USAM (Unione svizzera delle arti e mestieri), l’Unione padronale svizzera ed economiesuisse.

Queste tre organizzazioni hanno elaborato un progetto comune in occasione della procedura di consultazione sulla stesura della revisione 6b dell’AI. Infatti, secondo una tattica abituale, questa trinità elvetica ha accresciuto la pressione pubblica sul Consiglio federale che aveva già interiorizzato una gran parte delle sue suggestioni.

Ancora una volta, in questa revisione, si constata un capovolgimento dei principi. In effetti, una vera assicurazione sociale dovrebbe fondarsi sui bisogni espressi e, a partire da ciò, mettere in campo le risorse necessarie anche per coprire le necessità di ordine finanziario che queste, molteplici, implicano, derivanti da un’esigenza di socializzazione. Ora, tutto l’orientamento scelto e applicato poggia su una restrizione organizzata delle risorse per far sì che i “bisogni” siano compressi in una vera e propria camicia di forza finanziaria.

Venerdì 12 ottobre 2012, la cosiddetta commissione sociale del Consiglio nazionale ha ulteriormente indurito le misure di risparmio riguardanti l’AI proposte dal Consiglio degli Stati e dal Consiglio federale. Le divergenze tra “destra e sinistra” si basano tutte sull’ampiezza e i ritmi dei cosiddetti risparmi. La commissione lascia tuttavia aperta la questione del meccanismo di “freno all’indebitamento”. Ci ritorneremo.

 

* articolo apparso sul sito www.alencontre.org. La traduzione è stata curata dalla redazione di Solidarietà.

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