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“Il Consiglio di Stato ritiene che la legge su Banca Stato debba essere chiarita nel senso di meglio specificare i poteri di controllo di Parlamento e Governo sulla Banca dello Stato, ciò che potrebbe avvenire nell’ambito di una riforma generale della public corporate governance, del resto già prevista nella Scheda N. 70 della Linee direttive della legislatura in corso. (sottolineatura nostra)”; “Circa i compiti di una banca pubblica…lo scrivente Consiglio ritiene che la legislazione in vigore sia chiara e non meriti una nuova discussione…”. (sottolineatura nostra)

 

Queste due citazioni del Consiglio di Stato sono state rese pubbliche lo stesso giorno (14 novembre). Nella prima si rispondeva a Saverio Lurati che  (due giorni prima)  chiedeva lumi sull’accordo Rossi-BancaStato; nella seconda si rispondeva alla mozione presentata da Matteo Pronzini (14 mesi prima! come empre, grande rispetto per le minoranze da parte del governo!) che chiedeva “quali debbano essere i criteri di gestione e controllo pubblico su questa banca”.

Due risposte eminentemente contraddittorie che confermano, qualora ve ne fosse ancora bisogno, il grado di confusione mentale che regna in questo governo.

Ma la confusione (chiamiamola così) viene da lontano e ha investito tutti i partiti politici che questa situazione l’hanno voluta (con la nuova legge su BancaStato approvata nel 2003) e poi l’hanno sopportata in grande silenzio.

Era evidente, ed era una delle ragioni che avevano spinto l’MPS, solo contro tutti, a lanciare il referendum contro la nuova legge nel 2003, che la nuova commissione di vigilanza sul mandato pubblico non avrebbe vigilato proprio su nulla. E così è stato.

Cosa è successo dopo quella “vittoria” lo abbiamo visto negli scorsi anni. La vicenda di cui si discute in questi giorni è solo una delle numerose vicende che hanno costellato la vita di BancaStato: dal caso Garzoni al caso Tobler, dal caso Virgilio/SUVA al licenziamento del direttore Barbuscia.

Ma la mancanza di trasparenza e di controllo non ha investito BancaStato solo attorno a queste vicende: è la politica stessa della Banca, le sue scelte strategiche che sono sfuggite a qualsiasi discussione pubblica, a qualsiasi controllo del suo mandato pubblico. .

Abbiamo tentato, in questi anni, di riportate l’attenzione su questo tema centrale. Invano. Tutto andava bene: basta rileggere i rapporti della commissione della gestione del Gran Consiglio sui conti annuali di BancaStato per rendersene conto…

La commissione di vigilanza sul mandato pubblico, in questi anni, si è limitata a prendere atto di quello che la banca decideva di comunicare. Ancora una volta: basta leggere  i rapporti di questa commissione per rendersene conto. Ci viene detto tutto sulle preoccupazioni ecologiche della banca (usa carta riciclata…), ma poco o nulla sulle sue scelte strategiche, tranne qualche  indicazione assolutamente generica, valida per qualsiasi altra banca. In particolare nulla sappiamo, nulla è stato discusso sulla “specificità” del suo mandato pubblico.  Forse, ci pare evidente, perché non esiste.

A tal punto che poco tempo fa il Consiglio di Amministrazione della banca si è permesso di “dribblare” Parlamento e governo (che facevano melina) per comprarsi una banca (l’ex UniCredit Suisse, oggi Axionbank), sottolineando come quell’acquisizione fosse decisiva nella strategia di sviluppo e diversificazione di  BancaStato. La commissione di vigilanza sul mandato pubblico, naturalmente, non ne sapeva nulla. E nel rapporto successivo a quello “strappo” si è limitata a constatare che questo acquisto non rientrava nella realizzazione del mandato pubblico della Banca. Una constatazione che non ha avuto alcuna  conseguenza, naturalmente. Né conseguenze hanno avuto le dichiarazioni del nuovo direttore generale della Banca che ha candidamente affermanto, pochi mesi fa, che quell’acquisto (50 e rotti milioni di franchi) è stato sostanzialmente un errore. Vedremo come se ne uscirà.

Eppure, in occasione della votazione del 2003, era proprio la questione della definizione del mandato pubblico e la vigilanza su questo mandato ad avere tenuto banco. Da un lato coloro che rassicuravano che grazie alla commissione di vigilanza nulla sarebbe sfuggito al controllo pubblico, dall’altro l’MPS  che insisteva sulla sostanziale mancanza di controllo pubblico sulla banca.

Oggi fa un po’ sorridere rileggere i commenti della stampa che, naturalmente, si era schierata compatta a difesa della riforma della banca, accusando i referendisti di “speculazioni elettorali”. In un editoriale de La Regione dell’11 marzo del 2003, commentando l’adozione della legge da parte del Gran Consiglio e stigmatizzando, allo stesso tempo, l’annuncio dato dall’MPS di voler lanciare un referendum contro la nuova legge, così scriveva l’allora vice-direttore del giornale: “”BancaStato, diventa quindi banca universale, ma con la ferrea assicurazione di restare banca pubblica per eccellenza. Anzi con un nuovo organismo da “guardiani della rivoluzione”: la commissione di controllo del mandato pubblico che annualmente riferirà al parlamento”: che dire? Lasciamo perdere!

I “guardiani” della Banca sono così concentrati in questo compito che…si dimenticano di farlo. I cronisti parlamentari, in questi giorni di polemica attorno al ruolo della commissione, con presidenti che si inalberano e minacciano dimissioni, bene avrebbero fatto a ricordare cosa è successo un paio di mesi fa a questo proposito. Nella seduta del Gran Consiglio del 24 settembre all’ordine del giorno vi era la discussione sui conti 2011 di BancaStato. Ma la discussione è stata rinviata (e non è ancora stata riproposta, malgrado nel frattempo il parlamento cantonale abbia seduto altre due volte) perché mancava il rapporto della commissione di vigilanza sul mandato pubblico che avrebbe dovuto essere annesso al rapporto della commissione della gestione (come indicato esplicitamente). Il presidente Lurati, semplicemente, si era dimenticato di redigere il rapporto. E non ci si venga a dire che non lo aveva fatto perché non lo avevano informato dell’accordo con Tuto Rossi…d’altronde allora ben lontano dall’essere concluso.

È un episodio significativo, che getta una luce ben diversa sulla discussione di questi giorni. Ben venga dunque una riformulazione del mandato pubblico e dei compiti di vigilanza (appena il governo avrà fatto un po’ di chiarezza al suo interno). Ma questa volta la discussione dovrà concentrarsi sulla definizione della natura “pubblica” di BancaStato e sul modo in cui i cittadini e le cittadine (e non solo il Parlamento che ha dato ampi segnali di uno stato di narcosi avanzata) possano in qualche modo partecipare alla discussione ed al controllo sugli aspetti strategici della sua politica.