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La mobilitazione nel settore della scuola ha posto una serie di temi che riguardano sia la qualità dell’insegnamento che quella dell’apprendimento. I docenti, da tempo ormai, rivendicano modificazioni importanti all’interno della scuola che permettano di avviare processi di trasformazione reale delle condizioni di apprendimento e d’insegnamento

 

Una di queste rivendicazioni, storiche, è la diminuzione del numero degli allievi per classe; una rivendicazione che si è concretizzata nella richiesta di abbassare in modo cospicuo e significativo il numero massimo di allievi per classe, avviando in questo modo un processo reale di mutamento qualitativo all’interno della scuola.

In Ticino questa rivendicazione, in relazione all’attuale organizzazione della struttura scolastica, si è concretizzata nella richiesta di un numero massimo di 20 allievi per classe in tutti gli ordini di scuola. Una rivendicazione che oggi viene avanzata da più parti, dalle organizzazioni degli insegnanti a quelle dei genitori.

 

«Riforma» invisibile

 

Proprio nelle scorse settimane il governo ha presentato un messaggio con il quale chiede di diminuire il numero massimo di allievi per classe nelle scuole elementari  e medie portandolo dagli attuali 25 a 22. Benissimo, si potrebbe dire di primo         acchito! Ma, un’analisi più approfondita, basata sulle informazioni che lo stesso messaggio governativo fornisce, dimostra come la proposta non sia, sostanzialmente, che un atto di pura cosmesi, più che l’inizio o un passo decisivo verso una politica di trasformazione reale delle condizioni di insegnamento e apprendimento.

Prima di tutto vale la pena richiamare quale sia la situazione di partenza. Il messaggio governativo ci informa  che oggi (presumiamo si tratti dell’anno scolastico 2011/2012 e quindi la situazione attuale potrebbe essere ancor diversa) “il 91% delle sezioni ha meno di 23 allievi per classe”. Il che equivale a dire che tale riforma toccherà al massimo il 9% delle attuali sezioni che si trovano al di sopra del nuovo massimo di 22 allievi.

Una seconda considerazioni riguarda poi il rapporto tra il numero di allievi per classe e la qualità dell’insegnamento. Giustamente il messaggio ricorda che “il numero di allievi per classe è uno dei fattori che può incidere, anche se non in modo determinante, sulla qualità dell’insegnamento”. Aggiungendo poi che “ovviamente a dipendenza dell’entità della riduzione questi benefici possono essere più o meno incisivi”. Osservazione condivisibile e che ci porta al seguente ragionamento: per poter veramente incidere sulla qualità dell’insegnamento la riduzione del numero degli allievi per classe, oltre a dover essere accompagnata da altri elementi, deve essere veramente cospicua.

Combinando le due osservazioni, che il messaggio governativo ci consegna, non possiamo che arrivare ad una semplice conclusione: la modifica proposta non avrà alcuna incidenza qualitativa sulle condizioni di insegnamento e di apprendimento proprio nella misura in cui l'”entità” della diminuzione del numero di allievi per classe sarà estremamente ridotta.

 

«Riforma» a costo zero

 

Alle considerazioni sopra esposte ne va aggiunta un’altra che spiega di fatto le ragioni di fondo alla base di questa proposta. Si tratta delle tendenze demografiche in atto nella scuola ticinese che, da sole, avrebbero portato quasi “naturalmente” ad una diminuzione del numero di allievi per classe anche senza la modificazione del numero massimo oggetto della proposta.

Il messaggio fa riferimento a questa situazione, anche se in modo un po’ criptico, a più riprese. Ad esempio quando si afferma (per la scuola elementare) che sulla base dei dati 2011/2012 (cioè dello scorso anno scolastico) “sarebbero state 53 le sezioni in più da istituire…Ovviamente questo numero potrebbe subire una variazione a dipendenza dell’evoluzione demografica del singolo Comune” . O, ancora, quando, parlando della diminuzione nella scuola media, si fa osservare come “Dal profilo logistico non dovrebbero esserci grosse difficoltà, salvo qualche eccezione, anche perché il periodo d’introduzione di questa modifica di legge avviene in corrispondenza alla prevista e avviata riduzione degli effettivi di scuola media. Le previsioni indicano infatti che a livello cantonale dai 12’295 allievi del 2011/2012 si passerà a 11’685 allievi del 2017/2018. Il numero delle sezioni dovrebbe conseguentemente diminuire di ca 35 unità”. Questa situazione (sostanzialmente identica per i due bienni di scuola media) porta il governo ad affermare che la “riforma” proposta sarà di fatto a costo zero: “L’incidenza finanziaria della modifica proposta dal Consiglio di Stato è in pratica assorbita dalla contemporanea diminuzione della popolazione scolastica e delle sezioni della scuola media”.

Malgrado l’organizzazione delle sezioni nel secondo biennio della scuola media sia retto da regole diverse che potrebbero favorire la formazione di qualche sezione in più, le conclusioni del messaggio sono “rassicuranti”: “Valgono anche in questo caso le considerazioni evidenziate in precedenza  che delineano una riduzione degli effettivi nel periodo 2011/12-2017/18. Anche il maggior onere finanziario che deriverebbe da questa modifica di legge sarà in pratica compensato dal concomitante calo demografico e dal minor numero di sezioni istituite”.

 

Per concludere…

 

La riforma che non c’è: è così che può essere definita la proposta di diminuzione del numero di allievi per classe che, in questi giorni di mobilitazione nel mondo della scuola, ci viene presentata come il segno concreto di una “nuova disponibilità” ad affrontare i problemi della scuola, di una volontà di “realizzare” cambiamenti  “concreti” di fronte ai discorsi “astratti” e “sui massimi sistemi” proposti dagli insegnanti  attraverso la loro mobilitazione.

Manuele Bertoli si sta specializzando in questo ruolo, arrivando alla provocazione vera e propria: come quella di presentare un’altra “riforma” (quella relativa all’abilitazione dei docenti)  proprio nel giorno dello sciopero. Come dire: mentre voi docenti scioperate, io lavoro, concretamente, per il bene della scuola, portando proposte concrete.

In realtà molte di queste proposte, come abbiamo visto con l’esempio  concreto che abbiamo analizzato, rischiano di essere poco più che delle semplici operazioni cosmetiche, tese a far “funzionare” un po’ meglio alcune situazioni particolari. Ben vengano, per carità! Ma si sappia che nulla hanno a che vedere con processi reali, condivisi, importanti e qualitativamente significativi di cambiamento nella scuola. Quelli che, con altre parole, si chiamano riforme.