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Con l’approvazione da parte del Consiglio degli Stati della mozione Abate sugli orari di apertura dei negozi nei centri commerciali si apre un nuovo capitolo di un attacco ormai concentrico. Negli stessi giorni il Parlamento accoglieva definitivamente la proposta di apertura dei negozi sette giorni su sette per i negozi ubicati sulle strade di grande comunicazione e quanto prima affronterà la proposta Lombardi che vuole prolungare gli orari di apertura giornalieri durante la settimana, uniformandoli a livello nazionale.

 

 La proposta di Fabio Abate, diciamolo subito, ha un aspetto assurdo. Un’assurdità legata ad un “nuova” concezione del turismo che ci porta al di là di ogni ragionevole considerazione. Nella concezione che la mozione del liberale ticinese ha presentato al Parlamento nazionale  il concetto di “turismo” viene assimilato a quello di “consumatore”. In effetti essa parte dal presupposto che “turismo” significhi solo  “spostamento”,  “viaggio”, in particolare a fini commerciali. Poco importa che qualsiasi dizionario ci spieghi che turismo è il viaggiare teso allo svago o all’istruzione…

Un ragionamento simile a quello di Abate è stato illustrato a più riprese, in questi ultimi tempi, da Silvio Tarchini che vede nel suo centro commerciale (il FoxTown) un potente attrattore di “turisti”. Non manca occasione di sottolineare, Tarchini, che  i clienti del suo centro vengono in Ticino perché attratti dalle offerte create dai negozi che vi sono insediati. A questo punto il passaggio logico è completo: siccome sono stranieri e vengono in Ticino, diventano immediatamente “turisti” : poco importa che la loro frequentazione del nostro cantone si risolva negli acquisti al centro commerciale, senza fare un solo passo nelle altre zone del Cantone.

Sono molti i segnali che confermano tutto questo. Restando sul piano più strettamente commerciale la chiara conferma di questa tendenza è il fatto che alcune marche importanti si spostano dai centri cittadini (dove ancora avevano dei negozi) verso i centri commerciali come il FoxTown, proprio alla ricerca dei clienti che, siccome non hanno altra meta se non il centro commerciale, non arriverebbero mai  nei negozi  in centro città. Tarchini ha a più riprese dimostrato, lettura delle carte di credito alla mano, la provenienza dei clienti del suo centro da paesi esterni al Ticino, utilizzando questo aspetto per qualificarli come “turisti”. Se avessimo accesso agli stessi dati potremmo facilmente dimostrato come questi “turisti” non spendono quasi nulla al di fuori dei centri commerciali: prova evidente della natura tutt’altro che “turistica” del loro soggiorno in Ticino.

 

In realtà modificare l’ordinanza partendo da questi presupposti rappresenta  un vero e proprio imbroglio economico, statistico e politico.

È un po’ come se gli uffici statistici e turistici delle province italiane che confinano con il Ticino considerassero “turisti” tutti coloro che il sabato vanno a fare la spesa nei diversi supermercati della zona di confine, attirati non certo dalle bellezze “turistiche” dei supermercati di vario genere, ma, semplicemente, dai vantaggi di prezzo e merceologici che queste strutture offrono.

O, ancora, è un po’ come se il nostro ufficio cantonale di statistica contasse come “turisti” tutti i frontalieri che ogni giorno entrano in Ticino. In fondo essi svolgono un’attività (come produttori in questo caso) che è assimilabile  dal punto di vista economico a quella che svolgono i “turisti” di Abate e Tarchini nella loro funzione di consumatori.

Sorprende, in questo contesto, il silenzio assordante degli operatori turistici e dei responsabili del turismo. I quali, dopo aver sproloquiato per anni sul “turismo di qualità”, permettono adesso che la  proposta di una cambiamento verso una concezione turistica tutt’altro che qualitativa senza batter ciglio.

Per questo la modifica dell’Ordinanza così come chiesto da Abate nulla ha a che vedere con il turismo, ma molto con le attività strettamente commerciali. Appare quindi chiaro che una modifica della semplice Ordinanza sarebbe in netto contrasto con le indicazioni della Legge federale sul lavoro (LL).

Una modifica di questo tipo, puramente di carattere economico e commerciale, dovrebbe quindi investire la LL ed avvenire attraverso il coinvolgimento del Parlamento, permettendo così  il possibile ricorso al referendum. Il fatto che ad essere modificato è un concetto fondamentale come quello di turismo (ed in più per un paese turistico per eccellenza come la Svizzera)  non può risolversi con una semplice e forza modifica dell’Ordinanza che, di fatto, permetterebbe di aggirare la volontà popolare.

Per evitare che  questo tentativo di aggiramento abbia successo appare più che mai necessario che la campagna contro la deregolamentazione nel settore non segni alcun momento di pausa, sia a livello nazionale che a livello cantonale.

Ed è quanto intende fare, perlomeno a livello cantonale, l’MPS che, nelle prossime settimane, rilancerà la questione con nuove iniziative.

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